Black Hat SEO: significato e definizione.
Black Hat SEO: ecco di che cosa si tratta.
Sebbene black hat significhi letteralmente “cappello nero”, quando ne parlo in relazione alla SEO non voglio indicare un dress code che noi consulenti dobbiamo rispettare!
Un black hat SEO è colui che utilizza dei comportamenti malvisti da Google (e dagli altri motori di ricerca) per posizionare le pagine sulle SERP. L’obiettivo di questa figura è quello di raggirare gli algoritmi dei motore di ricerca per raggiungere in maniera rapida un buon posizionamento.
Non si tratta dunque di un classico consulente SEO, bensì di una persona che si avvale di tecniche scorrette per cercare di ottenere, più velocemente, gli stessi risultati di un’onesta strategia di posizionamento (basata dunque sulle best practices di Google).
Il termine black hat SEO viene anche utilizzato per designare la stessa strategia di posizionamento.
Quali sono le tecniche black hat SEO?
Nei casi più rosei, una strategia di black hat SEO prevede l’utilizzo delle seguenti tecniche:
- Link farm, letteralmente “fattoria di link”: questo termine indica pagine o interi siti web che ospitano un numero elevatissimo di link. Non ti stupirà sapere che nel 99% dei casi contengono informazioni di scarsa o nulla qualità, in quanto sono stati creati appositamente per ‘sparare’ (consentimi l’utilizzo di questo termine) link.
- Doorway page, ovvero le pagine di ingresso ad un sito, utilizzate illecitamente. I black hat SEO spesso utilizzano le doorway in modo scorretto – per esempio per ospitare un elenco spropositato di link -. Queste pagine reindirizzano gli utenti (inconsapevoli) alla vera home page del sito.
Nei casi meno piacevoli, i black hat SEO possono bucare un sito per poi inserirvi script che generano link automatici. Insomma, non si tratta di certo una strategia di link building apprezzata da Google!
Perché un black hat SEO si chiama così.
Il termine black hat non viene utilizzato solo in ambito SEO, ma anche per designare i black hat hacker. Si tratta di quegli esperti informatici che utilizzano le proprie conoscenze per compiere operazioni criminali.
Ma l’espressione “cappello nero”, come chiameremmo black hat se il modo di dire fosse nato in Italia (ma per fortuna no!), è ben più antico del mondo del web.
Deriva precisamente dai film western (non l’avresti mai detto, vero?), nei quali i personaggi cattivi indossano un cappello nero mentre i buoni ne utilizzano uno bianco.
Conclusioni.
Fidati di me: indossare un cappello bianco è sempre la soluzione giusta quando si parla di SEO!
Google inoltre è sempre più intelligente e difficile da ingannare, tant’è che i siti rei di aver utilizzato tecniche di black hat vengono notevolmente penalizzati.