Le regole del digitale stanno cambiando.
O sei visibile o sei fuori. Noi ti aiutiamo a raggiungere i clienti giusti — quando ti stanno cercando.
Contattaci ora →Un’interfaccia rinnovata per i Crawl Stats che si rivela un’illusione ottica, ma che riaccende il dibattito sull’evoluzione degli strumenti SEO.
Fermento tra i SEO per una presunta nuova interfaccia Google Search Console Crawl Stats, ricca di grafici. Condivisa da un consulente, si è rivelata un'estensione Chrome. Questo falso allarme ha palesato il bisogno della comunità SEO per strumenti di visualizzazione dati sul crawling più avanzati da Google. L'episodio solleva interrogativi.
Un miraggio in search console? La “nuova” interfaccia dei crawl stats che ha fatto sognare (per poco)
Immagina la scena: sei lì, tranquillo, a spulciare i dati della tua Google Search Console, quando all’improvviso ti imbatti in una veste grafica dei Crawl Stats completamente rinnovata. Niente più elenchi un po’ spartani, ma grafici colorati, barre che illustrano le richieste di scansione, torte che mostrano i tipi di file e i codici di risposta.
Un sogno per chi, come noi, passa ore a decifrare quei dati per capire come Google “vede” e digerisce un sito.
È successo davvero, o quasi, questa settimana, quando il consulente Steven Wilson-Beales ha condiviso la sua scoperta, scatenando un bel po’ di fermento tra i professionisti SEO, come riportato da Search Engine Roundtable.
Molti, incluso il sempre attento Barry Schwartz, hanno provato a replicare la visualizzazione, ma senza successo. E qui casca l’asino, perché la “novità” non era un test segreto di Google, bensì il frutto di un’estensione per Chrome chiamata “Advanced GSC Visualizer” che il buon Wilson-Beales stava utilizzando.
Insomma, un fuoco di paglia, ma che ha acceso discussioni interessanti.
Ma perché tanto scalpore per un’interfaccia, ti chiederai?
L’ossessione (giustificata) per i dati di crawling e la fame di strumenti migliori
Beh, se ti occupi di SEO sai bene che i dati di crawling sono oro colato. Capire come Googlebot esplora il tuo sito, quali risorse scansiona, quali errori incontra, è fondamentale per ottimizzare le performance organiche. Non è un caso che, come sottolinea Ralf van Veen nel suo The Google Search Console Guide to 2025, i pattern di crawling siano indicatori preziosi della salute di un sito e che i professionisti chiedano a gran voce visualizzazioni più immediate e analitiche.
Google stessa, d’altronde, aveva già fatto un passo importante in questa direzione nel 2020, quando, come descritto sul suo blog per sviluppatori, aveva rinnovato il report sulle statistiche di scansione, introducendo dati raggruppati per codici di risposta e tipi di file – un aggiornamento che all’epoca aveva fatto tirare un sospiro di sollievo a molti.
La reazione a questo “falso allarme”, quindi, non è sorprendente: la comunità SEO è affamata di strumenti diagnostici sempre più evoluti, specialmente considerando l’impatto che un uso accorto di Search Console può avere, con casi documentati di siti che hanno visto incrementi di traffico superiori al 30% grazie alle indicazioni della piattaforma, come evidenziato da MyCodelessWebsite.
Ma questo episodio, al di là della delusione per la mancata novità, non solleva forse qualche domanda scomoda su come Google gestisce le aspettative e le necessità della sua utenza più tecnica?
Google, ci senti? il “non-test” che svela un bisogno reale (e qualche dubbio sulla trasparenza)
Diciamocelo chiaramente: se un’estensione di terze parti riesce a generare tanto entusiasmo per una visualizzazione dati che Google, con tutte le sue risorse, non offre nativamente in modo così intuitivo, forse c’è qualcosa che a Mountain View dovrebbero appuntarsi.
L’incidente, seppur banale nella sua risoluzione, ha il merito di aver messo a nudo un desiderio palpabile: quello di interfacce più moderne e funzionali per Search Console.
Viene da chiedersi se questa “fame” della community, come l’ha definita Danny Goodwin di Search Engine Land, non sia anche un sintomo di una certa lentezza da parte di Google nell’ascoltare e implementare i feedback degli utenti più smaliziati.
E poi, la trasparenza: quanto sarebbe difficile per un colosso come Google comunicare più apertamente sui test in corso, anche quelli minori, per evitare questi qui pro quo che, seppur innocui, alimentano un ciclo di aspettative e disillusioni? Forse, invece di affidarsi alla casualità delle estensioni scoperte dagli utenti, un dialogo più strutturato sulle evoluzioni degli strumenti sarebbe apprezzato.
Chissà se questo piccolo “incidente di percorso” servirà da spunto.