Google ci riprova con i video nelle campagne Performance Max

Anita Innocenti

Le regole del digitale stanno cambiando.

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Sarà davvero un’opportunità per noi inserzionisti o l’ennesima mossa di Google per spingerci ad aumentare i budget, rendendo le campagne ancora più complesse da gestire?

Google introduce nuovi annunci video integrati nelle campagne Performance Max, visibili su Ricerca, Immagini e Shopping. L'obiettivo è intercettare gli utenti in fase di esplorazione. Questa mossa si lega alla transizione da Video Action Campaigns a Demand Gen, sollevando dubbi su controllo e impatto per gli inserzionisti.

Google, quel colosso che non dorme mai e che, diciamocelo, ci tiene sempre sulle spine, ha tirato fuori dal cilindro un’altra novità. Stanno spingendo, ancora una volta, sui video. Ma la vera chicca è che stavolta te li vogliono piazzare un po’ ovunque: mentre fai le tue ricerche su Google, mentre ti perdi a guardare le immagini e persino mentre sbirci i prodotti su Shopping.

L’idea, almeno quella ufficiale sbandierata ai quattro venti, è di acchiapparti proprio quando sei in quella fase di “esplorazione”, prima ancora che tu abbia le idee completamente chiare su cosa diavolo vuoi comprare.

Una mossa furba, senza dubbio.

Ma sarà davvero pensata per il nostro bene o è l’ennesimo, astuto tentativo di Big G di farci aprire il portafoglio un po’ di più?

E soprattutto, come funzionano nel dettaglio questi nuovi formati video che promettono mari e monti?

Perché, vedi, la promessa è quella di video che si integrano “naturalmente” nella tua navigazione, quasi fossero lì per caso. Ma chi lavora in questo settore sa bene che dietro ogni presunta “naturalezza” c’è sempre una strategia calcolata al millimetro. E quella di Google, questa volta, sembra puntare dritto a un tipo specifico di utente e, guarda un po’, a un tipo specifico di campagna pubblicitaria che tanto piace a loro.

Video ovunque: la nuova frontiera (o invasione?) pubblicitaria di Google

Questi nuovi annunci video, che dovrebbero magicamente comparire nei momenti di tua massima indecisione, faranno parte delle campagne Performance Max – sì, proprio quelle che, nelle intenzioni di Google, dovrebbero fare tutto da sole.

Per ora, questa “rivoluzione” è disponibile solo per chi opera negli Stati Uniti e in Canada, come riportato da Search Engine Roundtable.

L’obiettivo dichiarato sono quelle che Google, con un certo gergo da marketing, chiama “browsy search placements”.

In pratica, quando sei online senza un’idea precisa, magari digitando “idee regalo originali per uno che ha già tutto” o “migliori scarpe da trekking che non costino un occhio della testa”.

E lì, zac, ti compare il video del prodotto perfetto (o almeno così spera Google).

Sulla carta, l’idea di intercettare l’utente in questa fase di “curiosità” potrebbe anche funzionare.

Ma la vera domanda che ci frulla in testa è: quanti di questi video finiranno per essere solo un fastidio in più, un ulteriore rumore di fondo nella già caotica giungla di contenuti che è il web oggi?

E, cosa ancora più importante per chi investe budget: queste campagne Performance Max, già famigerate per essere delle vere e proprie scatole nere, diventeranno ancora più indecifrabili e meno controllabili con l’aggiunta di questi video?

Il punto è che, come al solito quando si parla di Google, è difficile vedere una novità come un fungo spuntato per caso dopo una notte di pioggia.

Ogni mossa, anche la più piccola, fa parte di una partita a scacchi molto più ampia, dove le pedine si muovono secondo logiche che spesso ci sfuggono, almeno all’inizio.

E questa storia dei video “esplorativi” ha tutta l’aria di essere strettamente legata a cambiamenti ben più strutturali che Google sta, più o meno delicatamente, imponendo al suo vasto ecosistema pubblicitario.

Dietro le quinte: strategie nascoste e vecchi trucchi di Big G

Infatti, non è che a Mountain View si siano svegliati una mattina con l’illuminazione sui video. Questa mossa si inserisce in un quadro ben più ampio e, se vogliamo, un po’ meno trasparente.

Ti ricordi, ad esempio, le tanto celebrate Video Action Campaigns (VAC)?

Ecco, quelle stanno facendo le valigie, o meglio, vengono “gentilmente accompagnate” verso la pensione per far posto alle nuove campagne Demand Gen. Questo passaggio, che Google descrive come un “upgrade”, è ben documentato nelle sue stesse guide di supporto (puoi dare un’occhiata, ad esempio, qui).

Ufficialmente, l’obiettivo è quello di “semplificare” la vita agli inserzionisti e offrire “più valore grazie all’intelligenza artificiale”.

Diciamocelo chiaramente, tra noi: ogni volta che Google parla di “semplificare”, c’è da drizzare le antenne.

Spesso, questa semplificazione si traduce in un maggior controllo da parte loro sui nostri budget, spingendoci verso soluzioni sempre più automatizzate dove, guarda caso, il suo algoritmo decide quasi tutto e noi un po’ meno.

Certo, per indorare la pillola ci sventolano sotto il naso dati mirabolanti su presunti aumenti di conversioni – a volte si parla di un +20% con le nuove Demand Gen – ma quanto c’è di verità universale in queste cifre e quanto, invece, è puro marketing ben orchestrato per farci digerire l’ennesimo cambiamento imposto dall’alto?

Perché, vedi, è fin troppo facile per un colosso come Google presentare le sue innovazioni come la panacea di tutti i mali del marketing digitale.

Ma chi sta dall’altra parte della barricata, chi ogni giorno deve far quadrare i conti e ottenere risultati concreti con budget che, ahimè, non sono infiniti, inizia a sentire tutto il peso di questa continua e spesso faticosa rincorsa tecnologica.

E le voci critiche, se solo si ha la pazienza di cercarle e ascoltarle, non mancano di certo.

Voci dal coro (e qualche fischio): cosa dicono davvero gli addetti ai lavori?

Le sirene di Google cantano melodie sempre accattivanti, promettendo performance stratosferiche e una facilità d’uso quasi disarmante.

Peccato che chi lavora ogni santo giorno con queste piattaforme inizi ad avere qualche capello bianco in più, e non solo per l’età.

Professionisti come Aaron Young, uno che di Google Ads se ne intende parecchio, in un suo recente video non usava mezzi termini nel sottolineare come gli spazi pubblicitari su Google Search stiano diventando merce rara e i costi, di conseguenza, stiano lievitando a dismisura.

Non esattamente una passeggiata di salute per chi deve ottimizzare ogni singolo euro.

E non è certo una voce isolata: se fai un giro sui forum dedicati, come quello degli sviluppatori che usano l’AdWords API, trovi fior di esperti che si grattano la testa cercando di capire come far funzionare i propri sistemi e script con questi continui cambiamenti che piovono dal cielo.

È la solita, vecchia storia: Google cambia le regole del gioco, spesso senza troppo preavviso, e noi dobbiamo correre come matti per stare al passo, il più delle volte con più dubbi che certezze.

Ma alla fine, tutta questa frenesia innovativa, tutta questa spinta verso l’automazione spinta e i video a ogni piè sospinto, porterà davvero a un miglioramento tangibile per le aziende o è solo un modo per rendere il sistema ancora più dipendente da Google e dai suoi imperscrutabili algoritmi?

Quindi, la domanda da un milione di dollari è: questi nuovi annunci video multi-formato sono l’ennesima genialata di Google pensata per aiutarci a raggiungere clienti affamati dei nostri prodotti, o semplicemente un altro, piccolo ma significativo, tassello nel suo complesso puzzle per rendere la pubblicità online un affare sempre più intricato e costoso, soprattutto per chi non naviga nell’oro e non ha budget milionari da investire?

Te lo chiedo direttamente, perché la tua opinione conta:

tu cosa ne pensi?

Perché, diciamocelo senza peli sulla lingua, alla fine della fiera, saremo noi a dover capire se questa giostra vale davvero il prezzo del biglietto.

E come sempre, l’unica risposta valida, quella che non mente mai, arriverà dai numeri reali, quelli che vedremo (o, speriamo di no, non vedremo) riflessi sui nostri conti e sulle nostre performance.

Staremo a vedere, con il solito, immancabile mix di curiosità e, perché no, un pizzico di sana, italianissima diffidenza.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

2 commenti su “Google ci riprova con i video nelle campagne Performance Max”

  1. Manuela Fabbri

    Interessante! Vedremo se questi video porteranno più risultati concreti o solo più confusione nelle campagne. Speriamo bene!

    1. Sofia Valentini

      Manuela Fabbri, “speriamo bene” non basta. Bisogna testare, monitorare e prepararsi a possibili sorprese (non sempre piacevoli) sui costi.

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