Le promesse AI di Google a giugno 2025 (deepfake permettendo…)

Anita Innocenti

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Tra avatar fotorealistici e ricerca predittiva, Google punta a riscrivere il futuro dell’AI, ma restano dubbi su deepfake, controllo dei dati e reale impatto sul bene comune.

A maggio 2025, Google ha presentato le sue ultime innovazioni AI, tra cui Gemini 2.5 potenziato, Imagen4, Google Vids per avatar digitali e AI Mode nella Ricerca. Nonostante le promesse di svolta, permangono dubbi su deepfake, controllo tecnologico, bias e reali benefici per utenti e sviluppatori indipendenti.

Le grandi novità AI di Google: promesse di svolta o la solita minestra riscaldata?

Al centro della scena, ovviamente, c’è Gemini 2.5, il modello di punta che, stando a quanto dicono da Mountain View, dovrebbe fare faville.

Si parla di miglioramenti notevoli nella generazione di immagini con Imagen4 e nella comprensione video, specialmente per l’analisi del movimento in ambito salute e fitness.

Yossi Matias, il VP di Google Research, ha sottolineato come riportato sul blog ufficiale di Google Research il loro approccio definito “ciclo magico dalla ricerca alla realtà”. E qui casca l’asino, o meglio, l’avatar: con Google Vids, ora si possono creare “doppioni digitali” fotorealistici in pochi secondi.

Bello, vero?

Peccato che la cosa sollevi più di un interrogativo sulla facilità di creazione di deepfake e sulla reale capacità di distinguere il vero dal falso, nonostante le rassicurazioni del loro Factuality Team.

Siamo sicuri che la tecnologia per smascherare i falsi corra alla stessa velocità di quella per crearli?

Ho i miei dubbi.

E se pensi che la cosa riguardi solo chi crea contenuti video, ti sbagli di grosso, perché anche il modo in cui cerchi informazioni online è destinato a cambiare radicalmente.

Gemini al comando: ricerca potenziata e nuovi giocattoli per sviluppatori (con qualche riserva)

Infatti, Google sta introducendo su larga scala negli Stati Uniti la cosiddetta “AI Mode” nella ricerca, senza più passare per la fase sperimentale dei Labs. Questa modalità, basata su Gemini 2.5, promette di processare le tue richieste in modo molto più complesso e veloce, grazie a una tecnica che moltiplica il numero di sotto-quesiti analizzati simultaneamente, come descritto sul blog di Google Search.

Sundar Pichai parla addirittura di una “terza fase dell’adozione dell’AI”, dove i sistemi anticipano i bisogni. Parole grosse, che suonano bene, ma che mi fanno chiedere:

Anticipano i miei bisogni o quelli di Google?

E per gli sviluppatori?

Certo, le API di Gemini si arricchiscono, con la promessa di costi dimezzati per l’elaborazione batch e un text-to-speech multilingue potenziato secondo il Google Developers Blog. Anche su Android, con ML Kit GenAI e Firebase AI Logic, si aprono nuove possibilità per integrare l’AI nelle app.

Tutto molto bello, sulla carta.

Ma quanto di questo potere finirà davvero nelle mani degli sviluppatori indipendenti e quanto servirà a blindare ulteriormente la posizione dominante di Google, rendendo ancora più difficile la vita a chi non fa parte del loro giro?

Ma l’ambizione di Google non si ferma qui, perché l’AI si sta facendo strada anche in ambiti decisamente più… istituzionali, e non sempre con la trasparenza che ci si aspetterebbe.

L’AI per il “bene comune”? Il settore pubblico e le spine etiche nascoste

Google sta spingendo forte anche nel settore pubblico, proponendo Gemma 3n, un modello AI che a loro dire funziona anche su dispositivi con soli 2GB di RAM, e Gemini 2.5 Flash per applicazioni governative, come evidenziato sul blog di Google Cloud. Si parla di analisi in tempo reale per disastri e traduzioni offline per i servizi di emergenza. E c’è anche Project Relate, che punta ad aiutare persone con difficoltà di parola, citato sul portale AI di Google.

Iniziative lodevoli, non c’è che dire.

Ma, ancora una volta, sorge spontanea una domanda:

Chi controlla questi strumenti?

Siamo sicuri che queste tecnologie, messe nelle mani di enti governativi, saranno usate sempre e solo per il bene comune? E le questioni di bias culturale e rappresentazione, sollevate da esperti come Timnit Gebru proprio riguardo ai modelli di generazione di immagini, sono state davvero risolte o solo messe sotto il tappeto?

Insomma, Google ci presenta un futuro radioso spinto dall’AI.

Peccato che, come spesso accade, il diavolo si nasconda nei dettagli e nelle reali implicazioni per l’utente comune e per la società. Staremo a vedere se queste innovazioni manterranno le promesse o se si tratta dell’ennesima operazione di facciata per consolidare un potere già immenso.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

3 commenti su “Le promesse AI di Google a giugno 2025 (deepfake permettendo…)”

  1. Riccardo Bruno

    Bene, vedremo se queste novità si tradurranno in qualcosa di concreto per le nostre aziende. Per ora, tanta fuffa e pochi risultati tangibili.

    1. Davide Pellegrini

      Riccardo Bruno, dipende se “concreto” per te significa più profitto. A me spaventa un po’ ‘sta roba.

  2. Luca Benedetti

    Aspettiamo e vediamo. Di solito, queste cose funzionano a metà, costano tanto e ci mettono anni ad arrivare qui.

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