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Contattaci ora →Un black-out improvviso che ha lasciato utenti e aziende con il fiato sospeso, sollevando interrogativi sulla dipendenza dall’IA e sulla comunicazione di OpenAI durante le crisi.
Martedì 10 giugno 2025 ha segnato un black-out significativo per ChatGPT, Sora e le API di OpenAI. Milioni di utenti hanno riscontrato messaggi d'errore e inaccessibilità, paralizzando attività lavorative e di studio. La risposta di OpenAI è stata criticata per la sua brevità. L'incidente ha sollevato interrogativi sulla crescente dipendenza da strumenti IA e sulla loro affidabilità.
Quel martedì nero per ChatGPT: quando l’IA abbassa la serranda
Te ne sarai accorto anche tu, vero?
Quel martedì mattina, il 10 giugno 2025, per molti è suonato un campanello d’allarme un po’ anomalo. Non quello della sveglia, ma quello di un ChatGPT che, all’improvviso, sembrava aver deciso di prendersi una pausa non programmata. E non era solo il chatbot a fare i capricci: anche l’avveniristico generatore di immagini Sora e le API, quegli strumenti che tanti sviluppatori usano per integrare l’intelligenza di OpenAI nei loro prodotti, erano praticamente inaccessibili.
Il tutto è iniziato nelle prime ore del mattino italiano, verso le 2:45 AM ET come successivamente dettagliato su Wired, con un picco di segnalazioni che, stando a Downdetector, ha sfiorato i 2000 utenti inferociti entro le 5:30 AM ET. Messaggi d’errore come “Too many concurrent requests” (troppe richieste contemporanee, come se la colpa fosse nostra!) spuntavano ovunque, lasciando professionisti e semplici curiosi con un palmo di naso.
Una bella gatta da pelare, non c’è che dire, soprattutto per chi sull’IA ci basa ormai una fetta importante del proprio lavoro.
Ma di fronte a questo black-out quasi globale, come se l’è cavata OpenAI?
La toppa di OpenAI: comunicazione minima e utenti infuriati
Di fronte al caos, la risposta ufficiale di OpenAI, affidata come di consueto alla sua pagina di stato e a un post su X, non è che abbia brillato per chiarezza o empatia. Hanno parlato di “elevati tassi di errore”, confermando di aver identificato la causa (senza però degnarci di spiegare quale fosse, sia mai!) e di essere al lavoro per una soluzione.
Insomma, le solite frasi di circostanza che lasciano un po’ l’amaro in bocca, non trovi?
Soprattutto quando dall’altra parte ci sono utenti, magari paganti per il servizio Plus, che si sentono presi in giro. E infatti, come descritto sul forum della community di OpenAI, la frustrazione era palpabile: c’era chi si lamentava del servizio a singhiozzo nonostante l’abbonamento e chi, con una certa ironia, si rallegrava di dover “finalmente tornare a scrivere le email da solo”.
Una situazione che John-Anthony Disotto, senior AI writer per TechRadar, non ha esitato a definire “una delle interruzioni più significative di ChatGPT nel 2025”.
E viene da chiedersi: se questi colossi trattano così i loro clienti durante le crisi, possiamo davvero fidarci ciecamente di loro per il futuro?
Siamo ostaggi digitali senza saperlo?
Certo, i problemi tecnici possono capitare a chiunque, ci mancherebbe.
Ma questo ennesimo inciampo di un gigante tecnologico – perché non dimentichiamoci che anche Zoom e X hanno avuto i loro bei grattacapi nel corso del 2025 – dovrebbe farci riflettere un po’ più a fondo. Stiamo delegando porzioni sempre più grandi del nostro lavoro e, diciamocelo, della nostra capacità di pensare, a strumenti che si rivelano poi così fragili.
E non parliamo di un giochino: secondo dati recenti, l’uso di ChatGPT in ambito lavorativo è praticamente raddoppiato nell’ultimo anno e quasi un adolescente su tre negli Stati Uniti lo usa regolarmente per i compiti scolastici.
Davvero vogliamo costruire il nostro futuro su fondamenta così instabili, gestite da aziende che, quando le cose vanno male, si trincerano dietro comunicati stampa laconici e messaggi d’errore incomprensibili?
Il servizio, alla fine, è tornato alla normalità nel tardo pomeriggio, ma la domanda resta, e pesa come un macigno:
Quanto siamo disposti a pagare, in termini di autonomia e sicurezza, per questa comodità digitale?
Panico! Io dovevo finire una presentazione. Speriamo non succeda di nuovo, la dipendenza si fa sentire!
Già, che casino! Io per fortuna stavo solo cercando una ricetta, ma immagino il disagio per chi ci lavora. Forse è un bene che succedano queste cose, ci fanno capire che non possiamo delegare tutto alle macchine.
Mamma mia, che disastro! Io ci stavo scrivendo una mail urgente. Speriamo risolvano presto ‘sti problemi.
Mah, speriamo imparino a comunicare meglio la prossima volta. Un po’ di trasparenza non guasterebbe.
Concordo con Carlo. Un aggiornamento tempestivo avrebbe evitato un sacco di supposizioni e allarmismi.