OpenAI si lancia nel governativo e militare: un’invasione strategica tra affari e difesa

Anita Innocenti

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Tra iniziative filantropiche e accordi milionari con la difesa USA, si apre un nuovo scenario in cui l’etica dell’AI vacilla di fronte a interessi economici e geopolitici

OpenAI si spinge oltre il mercato aziendale con due mosse chiave: l'iniziativa "OpenAI for Countries" per infrastrutture nazionali e un contratto da 200 milioni con il Dipartimento della Difesa USA. Questo segna un cambio di rotta etico, sollevando dubbi sulla strategia e l'influenza dell'azienda nei settori governativi e militari, supportata da Microsoft.

OpenAI si lancia nel governativo: più che un semplice affare, una vera e propria invasione strategica

Te lo dico subito, senza troppi giri di parole: OpenAI, quella di ChatGPT per intenderci, ha deciso che il mondo delle aziende non le basta più.

No, adesso punta dritta al cuore pulsante del potere: i governi e, non giriamoci intorno, le forze armate.

Hanno messo sul piatto due iniziative che, credimi, stanno già facendo discutere parecchio, e non solo per i soldi in ballo. Da una parte sventolano la bandiera della “AI per le nazioni”, con un programma che sembra uscito da un manuale di cooperazione internazionale, dall’altra firmano assegni con il Dipartimento della Difesa americano che definire “importanti” è dire poco.

Preparati, perché qui la faccenda si fa seria e, come sempre quando ci sono di mezzo colossi tecnologici e politica, le zone d’ombra non mancano.

L’offensiva diplomatica: OpenAI “salva” le nazioni (o sé stessa?)

Allora, mettiamola così:

OpenAI ha lanciato questa iniziativa chiamata “OpenAI for countries”, che fa parte di un progetto ancora più grande dal nome quasi fantascientifico, “Stargate“. L’idea, sulla carta, è di quelle che piacciono: aiutare una decina di paesi (per ora non si sa quali, ma le scommesse sono aperte) a sviluppare la propria infrastruttura AI.

Parliamo di data center costruiti direttamente sul posto – e qui già qualche domanda sulla reale “sovranità dei dati” sorge spontanea – e versioni di ChatGPT personalizzate per i servizi pubblici, tipo sanità ed educazione. Come riportato direttamente da OpenAI sul loro sito, ci sarebbe pure un fondo per finanziare startup locali, mescolando capitali di OpenAI e del paese partner.

Bello, vero?

Una specie di piano Marshall per l’intelligenza artificiale, con l’obiettivo dichiarato di promuovere un’AI “democratica” per contrastare, dicono loro, le derive autoritarie. Sarà, ma viene da chiedersi se questa generosità non nasconda anche la volontà di accaparrarsi mercati e influenza, legando a sé governi e futuri talenti.

E mentre ci raccontano questa favola moderna di tecnologia al servizio del popolo, c’è un altro capitolo, molto meno poetico, che OpenAI sta scrivendo parallelamente…

Non solo vangelo digitale: OpenAI veste la mimetica da 200 milioni di dollari

Eh sì, perché mentre si parla di AI per migliorare la vita dei cittadini del mondo, salta fuori un contrattino da 200 milioni di dollari con il Dipartimento della Difesa statunitense. Questi fondi serviranno a sviluppare prototipi di intelligenza artificiale per “domini di combattimento e aziendali”.

Proprio così, hai capito bene.

Tradotto: si parla di sistemi di cybersecurity (e qui il confine tra difesa e offesa è sempre labile, diciamocelo), tecnologie per contrastare i droni – sviluppate magari con partner già noti come Anduril Industries, specializzata proprio in difesa – e persino ottimizzazione dell’assistenza sanitaria militare. Gli analisti di William Blair, citati sempre nell’articolo, ipotizzano pure una collaborazione con Palantir Technologies, un nome che quando si parla di intelligence e analisi dati fa sempre un certo effetto.

Ora, la domanda sorge spontanea: ma OpenAI non era quella che, fino a poco tempo fa (2024, per la precisione), aveva una policy che vietava l’uso militare delle sue tecnologie?

Un cambio di rotta piuttosto repentino, non trovi?

E mentre questi strumenti prendono forma, c’è chi, nell’ombra, fornisce la potentissima infrastruttura necessaria per far girare tutto questo…

L’ombra lunga di Microsoft: quando il braccio armato dell’IA ha bisogno di una base solida

E qui entra in gioco il gigante dei giganti, Microsoft, che con il suo Azure Government cloud platform sta praticamente spianando la strada a OpenAI. Non parliamo di un cloud qualsiasi, ma di una piattaforma che, come si legge sul blog di sviluppo Azure di Microsoft, ha ottenuto certificazioni di sicurezza che fanno tremare i polsi: FedRAMP High, DoD Impact Level 6 e persino l’ICD 503 per gestire carichi di lavoro classificati Top Secret.

Questo significa che OpenAI, grazie a questa infrastruttura blindatissima, può far girare i suoi modelli AI a tutti i livelli del governo USA, da quelli più innocui (si fa per dire) a quelli che scottano parecchio. Dunque, questa grande espansione nel settore governativo e militare, presentata con belle parole e promesse di democrazia digitale, solleva più di un dubbio, come già scriveva Wired, prevedendo le attuali novità.

Siamo sicuri che si tratti solo di mettere l’AI al servizio del bene comune?

O forse stiamo assistendo a una corsa all’oro digitale dove i principi etici diventano, diciamo, un po’ troppo flessibili a seconda della convenienza?

La sensazione è che il confine tra innovazione responsabile e una corsa sfrenata al profitto e all’influenza si stia facendo pericolosamente sottile.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

8 commenti su “OpenAI si lancia nel governativo e militare: un’invasione strategica tra affari e difesa”

    1. Mah, diciamo che mi fa un po’ paura dove stiamo andando a finire. Spero solo che qualcuno tenga d’occhio la situazione.

  1. Leonardo Valentini

    Beh, era questione di tempo. Con tutti quei soldi investiti, era logico che cercassero nuovi sbocchi. Resta da vedere se questa mossa porterà benefici reali o solo nuovi problemi. Staremo a vedere.

    1. Manuela Mancini

      Leonardo Valentini, hai ragione. Era prevedibile. Ora la sfida è capire come bilanciare progresso e controllo, sperando che non ci sfugga di mano.

    1. Leonardo Esposito

      A Matteo Esposito: Concordo. La storia ci insegna che quando tecnologia e apparati militari si uniscono, spesso non finisce bene. Speriamo che almeno ci siano dei limiti chiari.

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