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Contattaci ora →ChatGPT Search sfida Google con l’IA che comprende le immagini e gestisce conversazioni complesse, ma i publisher temono per i loro contenuti.
Il 13 giugno 2025 OpenAI ha rilasciato un aggiornamento per ChatGPT Search che sfida direttamente Google. Le novità includono la capacità di gestire conversazioni complesse e la ricerca da immagini. L'obiettivo è aumentare il traffico verso i siti, ma sorgono dubbi sull'impatto economico per i publisher, con un tasso di errore residuo.
ChatGPT Search alza il tiro: Cosa c’è sotto il cofano dell’ultimo aggiornamento?
Allora, tieniti forte perché OpenAI ha deciso di rimescolare ancora una volta le carte in tavola.
Il 13 giugno 2025 hanno sganciato un aggiornamento per il loro ChatGPT Search che, te lo dico fuori dai denti, ha tutta l’aria di voler dare una bella spallata al dominio di Google.
Dicono che ora l’IA è capace di seguirti in conversazioni lunghissime, quelle che prima la mandavano in tilt costringendoti a ripetere tutto daccapo, e di sbrogliare richieste belle complicate facendo più ricerche in contemporanea.
Ma la vera chicca, stando a quanto riportato da Search Engine Journal, è la possibilità di cercare partendo da un’immagine che gli dai in pasto.
Immagina un po’: carichi una foto e lui ti trova informazioni correlate sul web.
Certo, suona quasi magico, ma la domanda sorge spontanea:
Tutta questa intelligenza da dove arriva e, soprattutto, è davvero al servizio dell’utente o c’è dell’altro che si muove dietro le quinte?
La risposta del mercato e la vecchia guardia: Google trema davvero?
Devi sapere che questa nuova versione di ChatGPT Search non si limita a capire meglio le tue chiacchiere o a “vedere” le immagini. L’obiettivo, nemmeno troppo velato, è quello di rosicchiare una bella fetta della torta che finora è stata quasi tutta di Google. E pare ci stia riuscendo, almeno a sentire i primi numeri: Search Engine Land parla di un incremento del 18% nel traffico che riesce a mandare ai siti rispetto a prima.
Non male, eh?
Però, c’è sempre un “però” quando si parla di questi colossi. Ben Thompson, una penna piuttosto critica di Wired, ha già messo in guardia sul fatto che questa fame di risposte immediate e complete di ChatGPT rischia di mettere con le spalle al muro chi quei contenuti li crea, cioè i publisher. Gli accordi con i grandi nomi dell’editoria, come AP e Reuters, coprirebbero solo una piccola parte di ciò che l’IA usa.
E Google?
Beh, il suo Gemini Search, aggiornato a marzo 2025, che aveva puntato molto sull’impatto visivo, sembra arrancare un po’ quando si tratta di tenere il passo in conversazioni lunghe.
La sfida è lanciata, ma chi ne uscirà vincitore e, soprattutto, a quale prezzo per l’informazione libera e indipendente?
La nuova ricerca AI: bella la promessa, ma reggerà alla prova dei fatti?
Certo, le promesse di OpenAI sono allettanti: una ricerca più intuitiva, risposte più complete. Peccato che, come ammettono candidamente loro stessi ci sia ancora un tasso di errore tra il 5 e l’8%. Un bel guaio, come scrive il New York Times.
Insomma, ti danno lo strumento potente, ma poi ti dicono “occhio, verifica sempre!”.
Un po’ comodo, non trovi?
E la questione si fa ancora più spinosa se guardiamo al rapporto con i creatori di contenuti. I publisher si trovano stretti in una morsa: o si auto-escludono con il file robots.txt, dicendo addio alla visibilità che ChatGPT potrebbe portare, oppure lasciano che i loro contenuti vengano “presi in prestito” senza vedere un ritorno economico diretto.
È un bel dilemma, perché se da un lato l’IA promette di semplificarci la vita, dall’altro sembra voler riscrivere le regole del gioco a suo vantaggio, lasciando per strada chi quel gioco lo alimenta con fatica e professionalità. Insomma, la partita è tutta da giocare, e la sensazione è che, mentre questi giganti si fanno la guerra a colpi di algoritmi, a rischiare di rimanere schiacciati, come al solito, siano proprio quelli che sul web ci lavorano e ci vivono ogni giorno.
Staremo a vedere se questa è l’alba di una nuova era o solo l’ennesimo capitolo di una storia già scritta.
Vedremo se ‘sto ChatGPT Search mantiene le promesse e non “ruba” troppo ai siti.
Mah, interessante l’aggiornamento. Resta da capire se ‘sta nuova funzione di ricerca immagini sarà davvero utile o solo fumo negli occhi. Speriamo che i siti web non ci rimettano troppo. La partita è ancora aperta, secondo me.
Che dire… Google trema, ma i contenuti originali rischiano di sparire.
L’idea delle conversazioni lunghe mi stuzzica, però ho paura per i siti che vivono di pubblicità. Se ChatGPT Search risponde a tutto lui, chi clicca più sui link? La vedo dura per i piccoli editori.
Irene, hai centrato il punto. Se la risposta è già in ChatGPT, addio click. I piccoli editori rischiano grosso. Speriamo trovino un modo per compensare, altrimenti la qualità dell’informazione online ne risentirà.