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Contattaci ora →Tra promesse di interazioni intuitive e timori per la SEO, l’ultima novità di Google mira a trasformare la ricerca in una conversazione continua, sollevando interrogativi sul futuro del traffico web e della visibilità dei contenuti.
Google presenta Search Live, nuova funzionalità AI nella ricerca che permette l'interazione vocale e visiva. Basata su Gemini 2.5, promette una ricerca più collaborativa. Tuttavia, sorgono dubbi sul reale impatto per i siti web e gli editori, temendo una riduzione del traffico diretto e ponendo interrogativi sulla privacy e il futuro della SEO.
Google Search Live: la ricerca diventa una chiacchierata (ma a che prezzo?)
Google ha tirato fuori dal cilindro un’altra novità, “Search Live”, all’interno della sua tanto decantata AI Mode.
Di che si tratta?
In pratica, potrai parlare con Google, condividere lo schermo o la fotocamera per fargli vedere cosa ti serve, un po’ come avere un assistente iper-tecnologico sempre pronto.
Tutto questo, grazie al modello Gemini 2.5, che dovrebbe garantire risposte in tempo reale e ragionamenti avanzati, stando a quanto dichiarato sul blog ufficiale di Google.
Certo, per ora è roba solo per gli Stati Uniti e solo se attivi questa AI Mode.
Ma la domanda sorge spontanea:
È davvero l’alba di una nuova era per la ricerca o solo l’ennesimo tentativo di legarci ancora di più ai loro servizi?
E mentre Google ci racconta meraviglie, cosa ne pensano quelli che con la SEO ci campano tutti i giorni e, soprattutto, come si riflette tutto questo sui nostri siti?
I primi conti in tasca: Search Live e le metriche che (forse) contano
Sembra che i primi dati stiano iniziando a muoversi. Addirittura, Glenn Gabe, un nome piuttosto noto nell’ambiente SEO, ha già notato come le interazioni con l’AI Mode – e quindi anche con Search Live – vengano tracciate in Google Search Console. Come riportato su Search Engine Journal , i click verso i siti esterni provenienti da queste risposte AI dovrebbero, in teoria, contribuire al traffico. Questo ci dice che Google, almeno a parole, considera queste interazioni come parte integrante della ricerca.
Ma diciamocelo, sarà davvero così semplice?
Quanti di questi click saranno veramente “di qualità” e quanti invece si fermeranno alla risposta preconfezionata dell’AI, lasciando i nostri siti a bocca asciutta?
Il punto è che questa AI Mode non è nata ieri, e Google ha un piano ben preciso per queste tecnologie “sperimentali”.
Ma dove ci porterà esattamente questa continua evoluzione?
Dagli esperimenti al mainstream: la marcia (forzata?) dell’AI nella ricerca
Search Live non è un fungo spuntato per caso. Deriva direttamente da Gemini Live, con la sua capacità di interagire tramite schermo e fotocamera, ma Google l’ha voluto integrare nel flusso della ricerca. È la loro visione di “intelligenza assistita”, dove l’AI non si limita a rispondere, ma “collabora”.
E conosciamo Google: spesso le funzionalità testate in AI Mode, come la tecnica del “query fan-out” che amplia le ricerche, finiscono poi per diventare standard per tutti. Quindi, è lecito aspettarsi che Search Live, oggi una chicca per pochi, diventi presto la norma. Loro ci dicono che gli utenti con AI Mode attiva fanno il 17% di ricerche in più a settimana, spesso con conversazioni lunghe e articolate.
Bello, per Google.
Ma per noi?
Siamo sicuri che questa “collaborazione” sia sempre a vantaggio dell’utente e della pluralità dell’informazione, o è un modo per rendere Google ancora più centrale, quasi imprescindibile?
E mentre l’utente si abitua a “chiacchierare” con la ricerca, cosa succede a chi i contenuti li crea?
Google ha la risposta pronta, ma ci convince davvero?
Editori alla finestra: tra promesse di visibilità e dubbi sulla sostanza
Di fronte a queste innovazioni, le preoccupazioni di chi produce contenuti non mancano. Google, dal canto suo, cerca di rassicurare: come descritto nella loro guida per sviluppatori, la chiave per apparire nelle risposte AI è creare “contenuti unici e non di massa”. Dicono anche che l’AI Mode tende a mostrare una gamma più ampia di fonti, con link sparsi qua e là.
Sarà.
Ma il sospetto che l’AI finisca per “cannibalizzare” il traffico diretto ai siti, fornendo risposte già pronte, è forte. E poi c’è la questione della privacy: questa analisi visiva in tempo reale, per quanto Google sottolinei il controllo dell’utente su fotocamera e microfono, non apre la porta a un monitoraggio ancora più capillare delle nostre abitudini?
Ci dicono che l’E-E-A-T (Esperienza, Competenza, Autorevolezza, Affidabilità) resta fondamentale, e che “bisogna soddisfare prima i visitatori umani”. Sembra quasi un modo per dire: “Fate i bravi, che all’algoritmo piacete”.
Questa corsa all’integrazione dell’AI nella ricerca sta indubbiamente cambiando le carte in tavola. Da un lato la promessa di un’interazione più fluida e intuitiva, dall’altro il rischio di un accentramento del potere informativo e di una dipendenza tecnologica sempre maggiore. Resta da vedere se questa “rivoluzione” porterà davvero a una ricerca migliore per tutti o se, alla fine, a guadagnarci sarà soprattutto chi tiene le redini del gioco.
Una cosa è certa: staremo a vedere, con il solito occhio critico.
Google cambia ancora le carte in tavola. Vedremo se sarà utile o solo un’altra complicazione.
Questa volta la vedo dura per chi vive di SEO. Traffico a picco?
Interessante, ma mi chiedo come cambierà l’esperienza utente. Forse diventerà tutto più rapido o, al contrario, dispersivo. Staremo a vedere.
Questa “chiacchierata” con Google mi sa tanto di assistente personale a pagamento. Resta da capire come monetizzeranno la cosa, e a che costo per noi utenti.