Il dispositivo OpenAI e Jony Ive non è (ancora) un wearable: spunta un aggeggio portatile tra le carte di una causa legale

Anita Innocenti

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Il nuovo dispositivo, che non vedremo prima del 2026, non sarà un gadget indossabile, ma un compagno AI portatile senza schermo, capace di interagire con il mondo tramite voce e immagini.

I piani per il primo dispositivo AI di OpenAI e Jony Ive emergono non da un annuncio, ma da documenti legali relativi a una causa intentata dalla startup audio IYO. Contrariamente alle aspettative, non sarà un wearable ma un "terzo dispositivo" portatile senza schermo. La controversia ruota attorno a presunte somiglianze concettuali e all'uso del marchio "io".

Dunque, cosa stanno combinando OpenAI e Ive con questo nuovo aggeggio?

Diciamocelo chiaramente: quando due nomi di questo calibro uniscono le forze, le aspettative schizzano alle stelle. Eppure, stando a quanto trapelato, il primo frutto di questa collaborazione, che non vedremo prima del 2026, non sarà né un gadget da mettere all’orecchio né qualcosa da indossare, come riportato dal Wall Street Journal.

L’idea, o almeno quello che si capisce dai documenti depositati in tribunale, è quella di un “terzo dispositivo”: qualcosa di portatile, che puoi tenere in tasca o appoggiare sulla scrivania. Un compagno AI senza schermo, per intenderci, capace di capire il mondo intorno a te usando voce e immagini.

Interessante, vero?

Ma ti starai chiedendo: come mai tutti questi dettagli vengono fuori da una battaglia legale e non da un evento di lancio in pompa magna?

Il campo minato dei marchi: quando le idee (forse) si scontrano

Esatto, perché tutta questa storia salta fuori da una causa per violazione di marchio intentata da una startup audio chiamata IYO. Questi ultimi sostengono, carte alla mano, che OpenAI avrebbe un po’ troppo preso spunto dai loro concept di auricolari intelligenti dopo alcuni incontri confidenziali. Addirittura un giudice ha temporaneamente bloccato OpenAI dall’usare il marchio “io” per il suo progetto con Jony Ive.

Ora, OpenAI si difende dicendo che le accuse sono, parole loro, “assolutamente infondate”, come ti ho scritto qui, e che l’acquisizione da 6,5 miliardi di dollari della startup di Ive, chiamata appunto Io, è solida. Però, capisci bene che la situazione getta un’ombra un po’ scomoda su come queste grandi aziende si muovono quando entrano in contatto con realtà più piccole e innovative.

Non ti fa sorgere qualche domanda?

Tra visioni futuristiche e la dura realtà del mercato

Al di là delle beghe legali, che comunque ci dicono molto, le ambizioni di OpenAI sono quelle a cui ormai ci ha abituati: Sam Altman, il gran capo, parla di creare “prodotti che vadano oltre le interfacce tradizionali” e punta a vendere, tieniti forte, 100 milioni di unità di questo futuro dispositivo.

Persino ex pezzi da novanta di Apple come Tang Tan, ora a capo dell’hardware per Io, hanno confermato in tribunale che la direzione non è quella dei wearable, come si legge su Bloomberg e nelle carte processuali.

Certo, esplorare nuovi formati è lodevole, e chissà che non tirino fuori davvero qualcosa di utile.

Però, vien da chiedersi se questa corsa al “prossimo grande oggetto” non finisca per calpestare, magari involontariamente (o forse no?), chi ha meno risorse ma idee altrettanto valide.

Una riflessione che, credo, meriti di essere fatta, non trovi?

Insomma, la partita per il prossimo dispositivo AI che tutti vorremo (o che ci convinceranno a volere) è appena iniziata, e si gioca su più tavoli: quello dell’innovazione, quello legale e, non ultimo, quello dell’etica.

Vedremo se OpenAI e Ive riusciranno davvero a ridefinire il nostro rapporto con la tecnologia o se questa sarà solo un’altra storia di grandi ambizioni e qualche scivolone lungo il percorso.

Staremo a vedere chi avrà davvero qualcosa di nuovo da dire, e soprattutto, come lo dirà.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

1 commento su “Il dispositivo OpenAI e Jony Ive non è (ancora) un wearable: spunta un aggeggio portatile tra le carte di una causa legale”

  1. Elisa Marchetti

    Interessante. Un “terzo dispositivo” senza schermo? Sono curiosa di vedere cosa si inventeranno, anche se il 2026 è lontano. Speriamo non sia l’ennesima cosa che poi finisce nel dimenticatoio.

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