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Robot che pensano da soli anche senza internet: DeepMind lancia Gemini Robotics On-Device, un sistema di intelligenza artificiale che promette di rivoluzionare l’automazione locale.
Google DeepMind ha presentato Gemini Robotics On-Device, un modello AI che permette ai robot di elaborare informazioni e agire localmente, senza connessione costante al cloud. Questa tecnologia promette maggiore reattività e autonomia, abilitando i robot a svolgere compiti complessi in ambienti imprevedibili. Le implicazioni su efficienza e gestione sono significative, ma sorgono interrogativi sul controllo e l'impatto sul lavoro.
Ma cosa significa “on-device” e perché dovrebbe interessarti?
Te la faccio semplice: “on-device” vuol dire che tutta l’intelligenza del robot, o buona parte di essa, sta dentro il robot stesso, nel suo hardware locale. Non c’è bisogno di mandare dati su e giù per il cloud, con tutti i ritardi e i problemi di connessione che ti puoi immaginare, specialmente se hai un magazzino in aperta campagna o una linea di produzione dove il Wi-Fi è un miraggio.
Come descritto sul blog di DeepMind, questo dovrebbe tradursi in robot più reattivi, capaci di prendere decisioni in millisecondi, e soprattutto, autonomi anche se la rete va a farsi un giro. Pensa a un braccio robotico che deve afferrare un pezzo al volo o a un assistente domestico che non si blocca se salta la connessione.
Interessante, non c’è che dire.
Però, una cosa è la promessa, un’altra è vedere se questi cervelloni artificiali locali sono davvero così svegli come ce li dipingono.
Bello sulla carta, ma questi robot, cosa sanno fare davvero con questa nuova intelligenza locale?
Sono solo giochini da laboratorio o possono davvero cambiare le carte in tavola nel mondo reale?
Dalle parole ai fatti: cosa possono combinare questi robot “autonomi”?
Allora, stando a quello che ci mostrano, questi robot con il “cervello a bordo” sarebbero capaci di compiti che richiedono una certa destrezza. Si parla di sfilare borse, aprire cerniere, piegare vestiti – attività che per noi sono banali, ma per un robot sono state a lungo una specie di Everest.
L’idea è che, non dovendo aspettare risposte dal cloud, possano reagire in tempo reale agli imprevisti. DeepMind dice anche che questo modello impara in fretta, con poche dimostrazioni, il che suona bene per chi non ha mesi da perdere in addestramenti complessi. Hanno già coinvolto nel programma di test nomi grossi come Boston Dynamics e Agility Robotics, il solito giro di aziende che bazzicano questi ambienti.
Certo, vedere un robot che piega un maglione in un video promozionale fa sempre la sua figura.
Ma la vera domanda è: quanto di tutto questo è scalabile e applicabile ai problemi concreti che magari hai tu, nella tua azienda, ogni santo giorno?
Passare da una demo controllata a un ambiente di produzione caotico è tutta un’altra storia, non trovi?
Ammettiamo pure che funzionino e che siano più svegli.
Ma questa spinta verso l’autonomia locale, quali porte apre e, soprattutto, quali potrebbe chiudere alle nostre spalle senza che ce ne accorgiamo?
Bello, bellissimo… ma è tutto oro quel che luccica?
Qui entriamo nel campo minato. Da un lato, l’idea di robot meno dipendenti da una connessione internet costante è allettante. Potrebbe significare più efficienza, meno colli di bottiglia. Ma dall’altro, c’è sempre il solito gigante tecnologico, Google in questo caso, che tiene le redini di queste tecnologie.
Questa “intelligenza locale” da chi è realmente controllata?
Il software che gira su questi robot, quanto è trasparente?
Siamo sicuri che “locale” significhi davvero “sotto il nostro controllo totale”?
Poi c’è la questione dell’impatto sul lavoro, che torna sempre come un boomerang ogni volta che si parla di automazione spinta.
E se questa autonomia portasse a sistemi ancora più complessi da gestire e da riparare, creando nuove dipendenze invece di risolverle?
Insomma, mentre ci sventolano davanti la bandiera della rivoluzione robotica, forse faremmo bene a chiederci non solo cosa questa tecnologia può fare per noi, ma anche cosa potrebbe fare a noi, e se siamo pronti a pagarne il prezzo.
Interessante! Se funziona come dicono, addio problemi di latenza nei magazzini. Però mi chiedo: quanto saranno sicuri questi robot “pensanti”? E il lavoro, ne risentirà parecchio, temo.