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Contattaci ora →Ask Photos torna sui suoi passi con un sistema ibrido: ricerca classica subito e IA in un secondo momento, nel tentativo di offrire un’esperienza più rapida e meno frustrante
Google ha rilanciato Ask Photos, la funzione basata su Gemini, dopo un debutto deludente a causa della lentezza. La nuova versione adotta un approccio ibrido, mostrando prima risultati classici e poi quelli dell'IA, un modo per mascherare le performance. Una 'pezza' che solleva dubbi sulla maturità dell'AI e sulla fretta dei lanci Google.
Google ci riprova con Ask Photos: una pezza per coprire un buco?
Ti ricordi di Ask Photos?
Quella funzione basata su Gemini che Google ha svelato durante l’I/O 2024, promettendo di rivoluzionare il modo in cui cerchiamo tra i nostri ricordi digitali. L’idea era semplice: fare domande complesse e ricevere risposte intelligenti basate sulle immagini.
Peccato che, al suo primo lancio, la realtà sia stata un po’ diversa: una lentezza esasperante e risultati non sempre all’altezza delle aspettative. Talmente deludente che Google, in silenzio, ha dovuto premere il tasto “pausa” sul rilascio. Ora, a qualche settimana di distanza, ci riprova, rimettendo in circolo una versione che definisce “migliorata“.
Ma questa mossa, più che un’innovazione, non sa un po’ di toppa messa in fretta e furia per salvare la faccia?
La soluzione? un passo indietro che sa di compromesso
La grande “novità” con cui Google tenta di risolvere il problema è, in pratica, un passo indietro.
Invece di affidarsi completamente alla sua decantata intelligenza artificiale, ora il sistema adotta un approccio ibrido. Quando fai una ricerca, Ask Photos ti mostra prima i risultati veloci e familiari della ricerca classica, quelli a cui sei abituato da anni.
Nel frattempo, in sottofondo, l’intelligenza artificiale di Gemini si prende il suo tempo per elaborare la tua richiesta e, solo in un secondo momento, ti propone i suoi risultati “intelligenti” in una sezione separata. È un po’ come ordinare una pizza e ricevere subito un grissino per placare la fame, mentre il pizzaiolo si prende tutto il comodo che gli serve.
Questo stratagemma, come descritto da 9to5Google, permette a Google di mascherare la latenza del suo modello AI, dando all’utente un’impressione di velocità che, in realtà, appartiene alla vecchia tecnologia.
Viene da chiedersi: se l’intelligenza artificiale di punta di un colosso come Google non riesce a reggere il ritmo per una semplice ricerca tra le nostre foto, di cosa stiamo parlando esattamente?
Tra promesse mancate e una fiducia da ricostruire
Il punto non è solo la lentezza. Il primo lancio è stato un mezzo disastro, con lamentele che piovevano da ogni parte.
Lo ha ammesso, quasi a denti stretti, persino Jamie Aspinall, product manager di Google Photos, quando ha dichiarato che la funzione non era semplicemente all’altezza in termini di “latenza, qualità ed esperienza utente”.
Questo inciampo non è un caso isolato, ma si inserisce in una scia di lanci frettolosi da parte di Google, come quello delle controverse “AI Overviews” nella Ricerca, che hanno dimostrato quanto l’azienda sia disposta a usare i propri utenti come beta tester involontari.
La fretta di integrare l’IA ovunque sembra aver preso il sopravvento sulla qualità e l’affidabilità. E mentre ci viene data la possibilità di disattivare queste funzioni sperimentali, la vera domanda è un’altra: quanto è lecito che un’azienda di questa portata rilasci prodotti palesemente incompleti, contando sul fatto che saremo noi, con la nostra pazienza e i nostri dati, a contribuire a perfezionarli?
La fiducia, una volta persa, è difficile da riconquistare.
E una “pezza” tecnica, per quanto ingegnosa, potrebbe non bastare.
Questa mossa mi sembra più una strategia di ripiego che una vera soluzione, speriamo non sia un altro flop.
La fretta è un cattivo consigliere. L’IA ha ancora molta strada.
Un passo indietro, un sipario calato sull’illusione.
Google ci prova ancora. Meglio il classico. L’IA deve ancora macinare chilometri, ragazzi. Non si vende fumo.
AI ancora grezza, pezza su pezza. Google, un po’ più cautela, please.
La strategia ibrida sembra più un modo per nascondere l’inefficienza che un vero progresso. Speriamo che l’IA non diventi una costante pezza su buchi sempre più evidenti.
Ancora una commedia. Google svela un nuovo atto, ma il copione è lo stesso. L’IA è un attore non pronto. Il pubblico non si fa più ingannare. Bisogna alzare il sipario sulla realtà.
Ah, Google. L’abilità di trasformare un’idea potenzialmente valida in un esperimento tecnologico incerto è un talento che non smette di stupire. Questa “soluzione” ibrida, poi… più che una mossa audace, mi sembra un timido tentativo di nascondere l’evidente. E noi dovremmo esserne entusiasti? Certo.
Un nuovo atto. La commedia della fretta. Mascherare l’inaffidabilità con una patina di normalità. L’IA è un attore che non ha ancora imparato il copione. Una performance da rivedere.