Le regole del digitale stanno cambiando.
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Contattaci ora →Dietro l’apparente comodità di provare abiti virtualmente si nasconde la potenziale acquisizione, da parte di Google, di dati personali dettagliati sulle nostre misure e preferenze di stile.
Google ha lanciato Doppl, un'app per provare vestiti online usando un avatar AI creato dalla tua foto. Puoi caricare foto di capi e l'AI mostra come ti starebbero, generando persino brevi video in movimento. Lanciata tramite Google Labs, l'app è sperimentale e la resa potrebbe non essere perfetta, mirando a raccogliere feedback per migliorare il prodotto.
Il camerino virtuale di Google: come funziona davvero?
Google ha appena lanciato Doppl, una nuova applicazione che promette di risolvere uno dei problemi più vecchi dello shopping online: capire se un vestito, visto su un manichino o in una foto, ti starà bene addosso.
L’idea è semplice, quasi disarmante.
Ti scatti una foto a figura intera e l’intelligenza artificiale dell’app crea un tuo avatar digitale. A quel punto, puoi “provare” qualsiasi abito semplicemente caricando una sua foto, che sia uno screenshot da Instagram, l’immagine di un capo su un sito di e-commerce o la foto che hai fatto a quel vestito pazzesco visto nella vetrina di un negozio dell’usato.
Ma la vera mossa da prestigiatore arriva dopo: l’app non si limita a incollare l’immagine del vestito sul tuo avatar. Come descritto sul blog ufficiale di Google, l’IA genera un breve video in cui il tuo avatar si muove, mostrando come il tessuto dovrebbe cadere e comportarsi in movimento.
In teoria, un passo avanti notevole per decidere un acquisto.
Tutto molto bello, forse troppo.
Perché quando un colosso come Google ti offre una soluzione così elegante a un problema così comune, la prima domanda da farsi è: dov’è l’inghippo?
Tra promesse e realtà: i limiti che Google non nasconde (per ora)
E l’inghippo, a dirla tutta, non è nemmeno tanto nascosto. Google stessa, con una trasparenza che quasi sorprende, mette le mani avanti.
L’app è rilasciata tramite Google Labs, il che è un modo elegante per dire: “questo è un esperimento, non prendertela con noi se non funziona alla perfezione”.
Ammettono candidamente che la resa della vestibilità, l’aspetto e i dettagli dei tessuti potrebbero non essere sempre accurati.
In pratica, ti stanno dando uno strumento potente, ma con le istruzioni per l’uso scritte in piccolo, come osservato da TechCrunch.
Sakshi Rambhia, la product manager del progetto, ha sottolineato che il feedback degli utenti sarà fondamentale per migliorare il prodotto.
Una mossa intelligente, che trasforma gli utenti in una folla di beta tester a costo zero.
Dopotutto, perfezionare un’intelligenza artificiale di questo tipo richiede una quantità enorme di dati su corpi, vestiti e stili diversi.
Stiamo forse assistendo al lancio di un prodotto volutamente imperfetto, il cui vero scopo è raccogliere dati per affinare l’algoritmo e renderlo, un giorno, davvero infallibile e, soprattutto, monetizzabile?
Perché ora? la vera partita dietro Doppl
Il lancio di Doppl non è una mossa isolata, ma un pezzo di un puzzle molto più grande. Google è nel pieno di una corsa all’intelligenza artificiale e ogni nuovo servizio, come questo, serve a rafforzare la sua posizione e a integrare sempre di più l’IA nella nostra vita quotidiana, specialmente negli acquisti.
L’obiettivo finale non è tanto farti risparmiare un reso, quanto piuttosto diventare il mediatore indispensabile tra te e qualsiasi prodotto tu desideri comprare online.
A differenza di altre soluzioni di realtà aumentata che si legano a specifici brand, Doppl punta su un approccio più “democratico”, permettendo di provare vestiti da qualsiasi fonte. Una strategia furba, che mira a rendere l’app uno standard de facto per la prova virtuale.
La domanda, quindi, non è se Doppl funzionerà, ma a quale prezzo per la nostra privacy e per le dinamiche del mercato.
Mentre ci divertiamo a provare virtualmente l’ultimo outfit di tendenza, stiamo forse consegnando a Google l’ultima frontiera di dati personali: le nostre esatte misure e preferenze di stile, chiudendo il cerchio del suo dominio sul commercio digitale.
Ah, il sacro Graal dello shopping online! Google che ci riempie di avatar personalizzati, perché, diciamocelo, chi non vuole che i propri dati biometrici finiscano nel cloud di Mountain View per un po’ di sano “testing”? Fantastico.
La privacy? Un vestito che calza a pennello per Google.
Ah, il camerino virtuale! Certo, tanto a Google non dispiace evere un’idea delle nostre misure. Un affare per tutti, insomma.
Ma che bellezza! 🤩 Doppl sembra un sogno. Immaginare i vestiti addosso senza provarli. Un passo avanti per tutti, no? ✨
Sogno? Altro che. Più che un passo avanti, è un balzo nel buio. I dati, quelli veri. Il resto è fuffa.
Un’altra jabbering di dati, mascherata da comodità! Chi crederebbe a un avatar generato da un’IA che promette un “fitting” perfetto, se non un ingenui? La privacy, ah, che commedia!
La comodità è un abito che nasconde bene i fili della raccolta dati, non trovate?
Il camerino virtuale? Preparatevi a vendere le vostre misure, con un sorriso!