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Contattaci ora →Una competizione sempre più sporca dove gli attacchi DDoS diventano armi per sabotare i rivali, con picchi record di potenza e bersagli inaspettati come il settore agricolo
Il report di Cloudflare evidenzia una preoccupante escalation negli attacchi DDoS, usati come arma di concorrenza sleale. Il 63% delle vittime identifica un rivale come mandante. Attacchi "mordi e fuggi" da 7,3 Terabit al secondo colpiscono settori come criptovalute, gaming e, sorprendentemente, anche l'agricoltura, mostrando l'ampliarsi dei rischi digitali.
La concorrenza sleale? ora si fa a colpi di DDoS
Se pensavi che la battaglia tra aziende concorrenti si combattesse solo a colpi di sconti e campagne marketing aggressive, forse è il caso di aggiornare la prospettiva.
Sembra che nel mondo digitale la competizione stia prendendo una piega decisamente più “rumorosa” e, diciamolo, molto più sporca.
A gettare luce su questa tendenza è l’ultimo report di Cloudflare, una delle più grandi aziende di sicurezza informatica, che dipinge un quadro dove gli attacchi per mettere offline i rivali non sono più un’eccezione, ma una strategia consolidata.
Ma la vera sorpresa non è solo scoprire chi potrebbe esserci dietro questi sabotaggi, ma la potenza di fuoco che viene scatenata.
I concorrenti come mandanti: una narrazione un po’ troppo comoda?
Stando a quanto riportato nel suo ultimo report sugli attacchi DDoS, Cloudflare rivela un dato che fa riflettere: tra le aziende che sono riuscite a identificare l’origine di un attacco, ben il 63% punta il dito contro un diretto concorrente.
Un sabotaggio bello e buono, insomma.
I settori più caldi?
Quelli dove la competizione è all’ultimo sangue: criptovalute, gioco d’azzardo e gaming.
Certo, viene da chiedersi quanto questa sia una percezione reale e quanto, invece, una comoda scorciatoia per dare un volto a un nemico spesso invisibile.
Dopotutto, è più facile incolpare il rivale che si conosce piuttosto che ammettere di essere finiti nel mirino di un gruppo anonimo.
Cloudflare stessa ammette che il 71% delle vittime non ha idea di chi li abbia attaccati, il che rende quel 63% un dato significativo, ma da leggere con la giusta dose di scetticismo.
E mentre ci si interroga sui mandanti, gli esecutori materiali non stanno certo a guardare, anzi, hanno affilato le armi come mai prima d’ora.
Attacchi “mordi e fuggi” da 7,3 terabit al secondo
Parliamoci chiaro: la scala di questi attacchi sta raggiungendo livelli assurdi. Il report menziona un picco record: un’ondata di traffico da 7,3 terabit al secondo. Per darti un’idea, è una mole di dati spaventosa, capace di mettere in ginocchio quasi qualsiasi infrastruttura non preparata.
La cosa ancora più subdola è la durata: l’attacco è durato appena 45 secondi. Una tattica “mordi e fuggi” studiata apposta per colpire con una violenza inaudita e sparire prima che i sistemi di difesa tradizionali possano anche solo reagire.
Non si tratta più di attacchi prolungati, ma di vere e proprie raffiche chirurgiche.
E non è un caso isolato: l’azienda afferma di aver bloccato in media 71 di questi attacchi potentissimi ogni singolo giorno.
Viene da pensare che i bersagli siano solo i soliti colossi della tecnologia, e invece la rete si sta allargando a settori che non ti aspetteresti mai.
Sotto attacco non solo Big Tech, ma anche l’agricoltura
Se le telecomunicazioni e le società internet restano i bersagli preferiti, la vera anomalia che emerge dal report è il balzo in avanti di un settore insospettabile: l’agricoltura, che è salita di ben 30 posizioni nella classifica degli ambiti più colpiti.
Sì, hai letto bene.
Un dato che fa sorgere più di una domanda sulle reali motivazioni e su come la digitalizzazione stia esponendo a rischi impensabili anche le filiere più tradizionali. A livello geografico, la Cina si conferma il Paese più bersagliato, mentre la maggior parte del “fuoco” parte dall’Indonesia.
Alla fine della fiera, ci troviamo di fronte a un report che, guarda caso, viene da un’azienda che vende proprio le soluzioni per difendersi da queste minacce.
La fotografia di un mondo digitale sempre più ostile è senza dubbio realistica, ma viene spontaneo chiedersi quanto questa narrazione del “tutti contro tutti” non sia anche una leva potentissima per convincere le aziende che, senza una protezione a pagamento, il loro business è a un passo dal baratro.
Ma certo, la solita melina digitale. Pensavo si facesse ancora la guerra a colpi di email spam, invece ora si naviga a vista con questi attacchi fantasma. Un vero progresso, direi.
‘Sto report di Cloudflare fa capire che certi competitor si attivano con un bel po’ di grinta, mica solo con la pubblicità. Il settore agricolo, poi, che storia.
Ma guarda un po’, la guerra si combatte a colpi di terabit! Chi l’avrebbe mai detto che il campo di battaglia digitale si sarebbe spostato così, dalla guerra di parole a quella di impulsi? Un vero spettacolo, se non fosse così patetico. L’agricoltura? Certo, i trattori digitali non vanno da soli, immagino.
Questi attacchi DDoS sono solo il patetico preludio di una guerra digitale ormai persa in partenza. Pensare che i nostri “rivali” si abbassino a queste meschinità è la dimostrazione della loro innata mediocrità, un vero e proprio specchio del degrado digitale in cui navighiamo.