Google ammette: le pagine di login sono un vicolo cieco per la SEO

Anita Innocenti

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La confessione di John Mueller getta nuova luce sulle sfide di visibilità online per le aree riservate, aprendo interrogativi sulle strategie di indicizzazione di Google e sul loro impatto sulle aziende.

Google, tramite John Mueller, ha ammesso che le pagine di login faticano a posizionarsi nei risultati di ricerca. Questo problema, "noto" anche per i servizi interni di Google, deriva dalla loro natura povera di contenuti, che le rende invisibili al crawler. La dichiarazione solleva interrogativi sull'indicizzazione delle aree riservate e se sia una limitazione tecnica o una precisa scelta strategica, favorendo i contenuti pubblici.

Google ammette il problema: perché le tue pagine di login non compaiono nei risultati

A volte basta una frase, buttata lì quasi per caso in una discussione online, per avere la conferma di quello che sospettavamo da tempo. John Mueller, una delle voci più autorevoli di Google, ha candidamente ammesso che le pagine di login, quelle che fanno da portale ai servizi di un’azienda, faticano enormemente a posizionarsi nei risultati di ricerca.

La dichiarazione, come riportato su Search Engine Roundtable, è arrivata in risposta a una segnalazione di Preeti Gupta, che aveva notato come cercando “Bing Webmasters tools” su Google, il risultato non fosse la pagina di accesso al servizio, ma una pagina relativa a violazioni di copyright.

Una risposta quasi surreale.

La reazione di Mueller non si è fatta attendere: “Avere servizi dietro un login rende le cose difficili”.

Una frase semplice, che però apre un mondo di domande.

Ma la vera domanda è: perché succede questo e, soprattutto, cosa significa per chiunque gestisca un’attività con un’area riservata?

La trappola delle pagine di login: povere di contenuti e invisibili a Google

Il punto è semplice: per Google, una pagina di login è quasi un muro. Un muro con pochissime scritte sopra, giusto ‘email’ e ‘password’.

Cosa dovrebbe indicizzare?

Che valore dovrebbe dare a una pagina che, di fatto, non offre alcuna informazione utile all’utente che sta cercando qualcosa?

Il motore di ricerca è progettato per rispondere a domande, per fornire contenuti, per risolvere problemi. Una pagina che dice solo “entra” è l’esatto opposto: è una porta chiusa, non una risposta.

Googlebot, il crawler che scandaglia il web, si ferma sulla soglia, non può vedere cosa c’è dietro l’area riservata e, di conseguenza, non può valutarne la qualità o la pertinenza. È un vicolo cieco tecnico, un punto in cui l’algoritmo alza le mani.

E qui la faccenda si fa ancora più interessante, perché a quanto pare Google di questo “muro” era a conoscenza da un bel po’.

La comoda ammissione di Google: un problema ‘noto’ che favorisce chi?

La cosa che lascia più perplessi non è tanto il problema in sé, quanto la normalità con cui viene trattato da Google. Mueller ha aggiunto che persino le pagine di login di Google Search Console, il loro stesso strumento, hanno sofferto di problemi simili in passato.

Viene da chiedersi: se il problema è così noto e riguarda persino i servizi interni di Google, perché non è mai stato affrontato in modo strutturale?

È una limitazione tecnica insormontabile o una precisa scelta strategica?

La questione solleva un dubbio legittimo: un sistema di ricerca che penalizza le “porte chiuse” favorisce inevitabilmente i contenuti aperti e pubblici. Un meccanismo che, guarda caso, si sposa alla perfezione con il modello di business di Google, basato sull’indicizzazione di quante più informazioni possibili. Ammettere che si tratta di una “difficoltà” sembra quasi un modo elegante per dire che, in fondo, le cose vanno bene così.

E questo ci porta dritti al punto che interessa a te e a tutte le aziende che offrono servizi dietro un’autenticazione.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

6 commenti su “Google ammette: le pagine di login sono un vicolo cieco per la SEO”

  1. Riccardo Cattaneo

    Ma guarda un po’! 🤩 Proprio quello che pensavamo noi mortali! Quelle aree riservate sono un vero e proprio deserto per i crawler, eh? Speriamo solo che Google abbia un asso nella manica per risolvere questo mistero. 😉 #SEOTips #GoogleUpdate

  2. Un sipario che cade sulle aree riservate. Il crawler, cieco. Un palco vuoto per certe conversazioni. La vetrina resta per il pubblico. Peccato.

  3. Roberta De Rosa

    Ah, il grande Google che confessa le proprie magagne! Un teatro dell’assurdo digitale, dove persino i login sono fantasmi per i crawler. Che spettacolo!

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