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Contattaci ora →Dietro i numeri da capogiro si nascondono le nuove Gemini 2.5 Pro e Deep Search, strumenti che promettono di rivoluzionare la ricerca online, ma che sollevano interrogativi sul futuro dell’informazione e sulla nostra dipendenza da Google
Google annuncia 100 milioni di utenti mensili per la sua AI Mode, in concomitanza con il rilascio di Gemini 2.5 Pro e la funzione Deep Search. Questa strategia mira a integrare il ragionamento AI complesso nella ricerca quotidiana, distinguendo l'AI Mode dall'app Gemini. La rapida adozione solleva domande sulla fiducia degli utenti, il vero campo di battaglia per Mountain View, al di là dei numeri.
Google sbandiera 100 milioni di utenti per la sua AI: ma cosa c’è davvero dietro il nuovo Gemini 2.5 Pro?
Google ha annunciato con una certa fanfara di aver superato i 100 milioni di utenti attivi mensili per la sua AI Mode negli Stati Uniti e in India. Un numero che fa effetto, non c’è che dire, lanciato durante la presentazione degli utili del secondo trimestre 2025.
Ma, come spesso accade quando si parla di colossi tecnologici, la vera notizia non è solo nel numero, ma in quello che si muove sotto la superficie. Insieme a questa cifra, infatti, è arrivato il rilascio di Gemini 2.5 Pro e della funzione Deep Search per gli abbonati ai piani a pagamento, un potenziamento che sposta l’asticella delle capacità della ricerca AI di Google.
La mossa è chiara: non si tratta più solo di dare risposte veloci, ma di integrare strumenti di ragionamento complessi direttamente nel motore di ricerca che usi ogni giorno.
Ma questa accelerazione è davvero un vantaggio per chi cerca informazione o è l’ennesimo modo per legarci più stretti ai servizi di Mountain View?
Gemini 2.5 Pro e Deep Search: la nuova artiglieria pesante di Google
Vediamo di capire di cosa stiamo parlando, senza troppi tecnicismi. Se sei un utente con abbonamento Google AI Pro o Ultra, ora puoi “attivare” Gemini 2.5 Pro all’interno della ricerca. In parole povere, puoi chiedere a Google di usare il suo modello di intelligenza artificiale più potente, quello che stando ai loro stessi annunci eccelle in compiti complessi come matematica, programmazione e ragionamento avanzato.
Non è più la solita ricerca, ma un assistente che dovrebbe essere in grado di “pensare” a un livello superiore.
Accanto a questo, arriva Deep Search. Google la descrive come una funzione per ricerche approfondite, capace di scandagliare centinaia di fonti per creare un report completo e, cosa non da poco, citando le fonti. L’idea è quella di darti un documento quasi pronto all’uso per decisioni importanti, ricerche accademiche o analisi finanziarie.
Tutto molto potente, sulla carta.
Ma la vera domanda è un’altra: perché Google sta spingendo così tanto su due fronti, l’AI Mode nella ricerca e l’app Gemini separata, che a molti sembrano fare quasi la stessa cosa?
La difesa di Pichai: due prodotti per non confondere nessuno (o forse sì?)
La domanda se la sono posta anche gli analisti, e la risposta di Sundar Pichai, CEO di Google, è stata netta, quasi studiata a tavolino.
Come riportato su 9to5Google, l’app Gemini (con i suoi 450 milioni di utenti) è pensata per “eseguire compiti”, come scrivere codice o creare contenuti. L’AI Mode dentro la Ricerca, invece, serve per “trovare informazioni”.
Secondo Pichai, i due strumenti sono complementari e coprono “l’ampiezza e la profondità di ciò che l’umanità può fare”.
Una spiegazione che, a dirla tutta, suona un po’ come un modo per tenere il piede in due scarpe, occupando ogni possibile spazio d’azione dell’utente. Da un lato, ti do uno strumento per creare. Dall’altro, ne potenzio uno per cercare.
Il risultato?
Comunque ti muova, rimani all’interno della galassia di servizi Google.
Una strategia legittima, per carità , ma che solleva qualche dubbio sulla reale volontà di offrire chiarezza, piuttosto che di assicurarsi il monopolio dell’interazione AI.
Oltre i 100 milioni: la vera partita si gioca sulla fiducia
Torniamo al punto di partenza: i 100 milioni di utenti. Un traguardo raggiunto in una manciata di mesi, da marzo a luglio.
Impressionante, certo.
Ma quanti di questi sono utenti realmente attivi e soddisfatti e quanti sono solo persone che hanno provato la novità per poi tornare alle vecchie abitudini? La velocità di adozione non sempre coincide con la qualità dell’esperienza. E mentre Google aggiunge funzionalità come la chiamata automatica ai negozi per chiedere prezzi e disponibilità , come descritto da TechCrunch, la questione centrale si sposta.
Il problema delle intelligenze artificiali non è mai stato solo la loro capacità di calcolo, ma la loro affidabilità . La promessa di Deep Search con fonti citate sembra un passo nella direzione giusta per combattere le famose “allucinazioni” dei modelli AI.
Ma basterà a convincere gli utenti che le risposte fornite non sono solo una sintesi più elaborata, ma un’informazione genuina e imparziale?
La partita, alla fine, non si vincerà sui numeri degli utenti o sulla potenza dei modelli, ma sulla fiducia.
E quella, a differenza degli utenti, non si conquista con un comunicato stampa.
Cento milioni di utenti. Un numero impressionante, certo. Ma quanti di questi utenti si rendono conto di quale sia il vero prezzo della “rivoluzione” promessa da questi strumenti? La fiducia, quella sì, è il vero campo di battaglia.
Cento milioni di utenti? Un numero che fa rumore, ma la vera domanda resta: quanto siamo disposti a cedere per un po’ di comodità ? La fiducia è un bene volatile.
Cento milioni. Un numero. Ma la vera storia è la fiducia. Dietro le quinte, cosa accade? La rete è un palcoscenico. Gli attori cambiano. La trama resta.
Cento milioni. Quantità ? Qualità ? Scrutiamo bene i dati.
Cento milioni. Un numero che danza. Ma la vera musica risuona nella nostra cautela. La fiducia è un castello. La sua fortezza, un dato.
Cento milioni? Ok. Ma quanto sono affidabili? Google è sempre Google.
Cento milioni. Numeri. Ma la vera valuta è la fiducia. E quella, Google, la deve ancora guadagnare.
Fiducia digitale: il vero traguardo. 🌟
100 milioni! 🚀 L’AI che affascina, ma con occhio attento al futuro. ✨
Cento milioni di utenti mensili, un numero che fa rumore. Ma quanti di questi sono attivi in modo critico, piuttosto che semplicemente trascinati dalla corrente? La vera sfida, per Big G, resta quella di dimostrare un’affidabilità concreta, non solo un’adozione di massa.
Cento milioni, certo. Poi si scopre che il “ragionamento AI” non sempre centra il bersaglio. La vera rivoluzione è far funzionare le cose, non solo annunciarlo.
Cento milioni. Numeri che ingannano. La vera storia è la dipendenza che creano, non la loro “intelligenza”. Un miraggio digitale.