Query Fan-Out di AI Mode: nuovi dettagli di Google

Anita Innocenti

Le regole del digitale stanno cambiando.

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Google scompone le domande degli utenti in sotto-domande, lanciando molteplici ricerche contemporaneamente per fornire risposte complete e personalizzate, ma questo solleva interrogativi sulla visibilità diretta delle aziende online.

Google sta rivoluzionando la ricerca con il “Query Fan-Out” in AI Mode. Ora, per ogni domanda utente, il sistema genera più sotto-domande interne, assemblando risposte composite. Questa dinamica, che serve 1.5 miliardi di utenti mensili, complica la SEO tradizionale. Le aziende devono creare contenuti estremamente autorevoli affinché l'AI di Google li scelga come fonte primaria, ridefinendo il concetto di visibilità diretta online.

Google non si limita a rispondere: ora fa le domande al posto tuo

Quando un utente digita una richiesta complessa nella nuova “AI Mode”, la macchina di Google non esegue una sola ricerca. Dietro le quinte, come spiegato da Robby Stein, VP di Google, il sistema scompone la domanda in tante sotto-domande e lancia più ricerche contemporaneamente, come ti ho spiegato bene qui.

Se chiedi “cosa fare a Nashville con un gruppo”, Google si chiederà da solo quali sono i migliori ristoranti, i bar più frequentati o le attività adatte ai bambini, per poi assemblare un’unica risposta cucita su misura. In pratica, Google usa sé stesso come strumento per darti una risposta finale, prendendo pezzetti di informazioni da diverse fonti.

Una mossa che, sulla carta, sembra un grande vantaggio per l’utente, che ottiene un riassunto completo senza fatica.

Ma la domanda sorge spontanea:

se Google fa da intermediario e “filtra” il web, quale sarà il prezzo da pagare per chi, come te, ha bisogno di visibilità diretta per il proprio business?

Una potenza di fuoco che ridefinisce il concetto di monopolio

E non pensare che si tratti di un esperimento di nicchia. Google dichiara con orgoglio che questa tecnologia serve già circa 1.5 miliardi di utenti ogni mese.

Per alimentare questa macchina, si affida a sistemi che aggiornano dati in tempo reale, come lo Shopping graph, che riceve 2 miliardi di modifiche all’ora.

Quando Stein definisce la Ricerca Google “il più grande prodotto AI al mondo”, non sta solo celebrando un successo tecnologico.

Sta, di fatto, tracciando una linea netta tra il suo mondo, sempre più chiuso e autosufficiente, e il web aperto che abbiamo conosciuto finora.

Questo ci porta dritti al cuore del problema.

Se Google inizia a cercare e a sintetizzare le informazioni per conto suo, per chi dovresti ottimizzare i tuoi contenuti?

Per l’utente finale, che forse non vedrà mai la tua pagina, o per l’algoritmo di Google che funge da intermediario e decide cosa vale la pena mostrare?

L’ottimizzazione SEO diventa un tiro al bersaglio bendati

Questa nuova dinamica getta un’ombra di incertezza su chi lavora con la SEO, come ti ho scritto nel mio editoriale del 30 luglio 2025.

Fino a ieri, il tuo obiettivo era chiaro: intercettare un intento di ricerca e fornire la migliore risposta possibile.

Ma ora, come puoi ottimizzare i tuoi contenuti per dieci ricerche “fantasma” che avvengono dietro le quinte, senza che tu possa vederle o prevederle?

Non è un caso che persino i grandi editori internazionali stiano ancora cercando di decifrare questo nuovo codice, ammettendo di non avere una strategia chiara e limitandosi a test per capire come non sparire dai radar.

La vecchia SEO, basata su una corrispondenza quasi diretta tra la query dell’utente e il contenuto della tua pagina, sembra destinata a diventare un ricordo. Google non vuole più essere solo l’indice del sapere, ma l’autore della sintesi finale.

La vera domanda, quindi, non è più solo “come arrivo primo su Google?”.

Oggi la domanda è: “come posso rendere il mio contenuto così unico, autorevole e indispensabile che l’intelligenza di Google non possa fare a meno di usarlo come fonte primaria?”.

La sfida è appena iniziata.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

8 commenti su “Query Fan-Out di AI Mode: nuovi dettagli di Google”

  1. Patrizia Bellucci

    Google sta riscrivendo le regole. Preparatevi a contenuti così solidi da diventare la fonte d’elezione dell’IA.

  2. Federica Testa

    Google fa il detective. 🕵️‍♀️ Noi? Dobbiamo essere le risposte migliori. Direttamente. Semplice. Ma non facile. Chiaro no? 🤷‍♀️

  3. Giorgio Martinelli

    Pare che stiano complicando un po’ le cose per chi fa contenuti, ‘sto fatto di scomporre le query. Bisogna stare sul pezzo, sennò l’AI tira dritto.

    1. Alberto Parisi

      Ah, il grande Archimede dei motori di ricerca che scompone la realtà in atomi di query. E noi, poveri mortali, dovremmo solo sperare che l’IA ci noti tra le briciole digitali. Un vero trionfo della trasparenza, non trovate?

    1. Antonio Romano

      La ricerca diventa arte, il contenuto la tela: la visibilità si fa elusiva. Proprio così, quando il motore fa il detective, noi dobbiamo essere la prova schiacciante che l’AI non può ignorare. La competizione diventa una caccia al tesoro tra montagne di dati.

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