Le regole del digitale stanno cambiando.
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Contattaci ora →Performance Max: più leve per noi o un invito a fidarci (ancora) di più di Google?
Google rivoluziona Performance Max nel 2025: maggiori controlli, incluse esclusioni estese, e il Channel Performance Reporting offrono una trasparenza inedita sulla spesa. Queste novità rispondono alle frustrazioni degli inserzionisti, aprendo la "scatola nera". Tuttavia, le funzionalità IA avanzate richiedono dati preziosi, sollevando interrogativi sulla reale autonomia e dipendenza da Google.
Più controllo, o solo un’illusione?
Partiamo dalle novità che sembrano dare più potere a chi fa pubblicità. Una delle richieste più urlate dalla community era la possibilità di usare parole chiave a corrispondenza inversa a livello di campagna, per evitare di sprecare soldi su ricerche inutili.
Bene, ora non solo è possibile, ma Google ha portato il limite da un misero 100 a ben 10.000 esclusioni, come annunciato negli aggiornamenti di aprile 2025.
A questo si aggiungono maggiori controlli sui brand da escludere e la possibilità di definire regole basate sugli URL, offrendo un po’ più di respiro a chi gestisce cataloghi di prodotti complessi.
Tutto fantastico, sulla carta.
Ma il dubbio sorge spontaneo: queste leve sono sufficienti per guidare davvero la campagna, o sono solo un modo per farci credere di essere al volante, mentre il pilota automatico di Google continua a decidere la rotta principale?
Avere più pulsanti da schiacciare serve a poco se continui a guidare bendato.
E qui, forse, arriva il cambiamento più significativo.
Finalmente un po’ di luce nella scatola nera
La vera rivoluzione, quella che potrebbe cambiare le regole del gioco, sta nei report. La critica più feroce a Performance Max è sempre stata la sua totale opacità:
dove finisce il mio budget?
Quanto spendo su YouTube e quanto su Display?
Domande a cui, fino a ieri, non c’era risposta.
Ora, però, qualcosa si muove.
Google ha introdotto il Channel Performance Reporting, un cruscotto che finalmente mostra una ripartizione di impression, clic e conversioni per ogni canale: Search, Shopping, YouTube, Display e tutto il resto. Per la prima volta, possiamo sbirciare dietro le quinte e capire dove l’algoritmo sta puntando i nostri soldi.
Questa non è una miglioria da poco, è un cambiamento di paradigma. Significa poter valutare se la strategia della macchina è allineata ai nostri obiettivi di business o se, come spesso si sospetta, sta solo cercando il modo più rapido per spendere tutto il budget giornaliero.
Vedere i dati, però, è solo il primo passo.
La vera domanda è: Google ci sta dando questi strumenti per aiutarci a ottimizzare meglio o per spingerci, con dati alla mano, a investire ancora di più negli obiettivi che decide lui?
L’IA si fa più “intelligente” (e più affamata di dati)
Come se non bastasse, Google ha potenziato anche il “cervello” di Performance Max, introducendo modalità di ottimizzazione più sofisticate. Una di queste è la “High Value Mode”, una funzione che usa i nostri dati di Customer Match per andare a caccia di nuovi clienti che assomigliano a quelli che già ci portano più valore.
In parallelo, sono stati attivati gli obiettivi di “retention”, per far sì che la macchina si concentri anche sui clienti già acquisiti, spingendoli a tornare.
Bello, no?
Peccato che, per far funzionare questa magia, siamo noi a dover fornire a Google i nostri dati più preziosi: le liste dei nostri clienti migliori, le informazioni del nostro CRM. In pratica, gli diamo la mappa del tesoro e gli chiediamo di trovarlo per noi.
Questo crea una dipendenza sempre più stretta: più dati di qualità forniamo, migliori saranno i risultati, e più difficile sarà, un domani, fare a meno di questo sistema.
In sintesi, le novità del 2025 sembrano una risposta diretta alle frustrazioni di chi investe. Google ci concede più controllo e una trasparenza che fino a ieri era un miraggio.
Ma ogni concessione sembra portare con sé una richiesta: più fiducia, più dati, più integrazione.
La scatola è sicuramente meno nera di prima, ma l’impressione è che le regole del gioco, alla fine, le detti sempre e solo chi possiede la scatola.
Illusioni di controllo. Quelle 10.000 esclusioni sono solo un palliativo per farci sentire padroni della nave mentre Google continua a guidare verso i propri profitti, raccogliendo dati.
Controllo? O solo un’altra trappola di dati. Le solite promesse di Google.
10.000 esclusioni. Bello. Poi ti ritrovi a pregare che Google usi bene i tuoi dati. La solita commedia.
Ma dai, 10k esclusioni sono un passo avanti figo. Speriamo che ‘sto controllo non sia solo fuffa per farci star zitti.
Le 10.000 esclusioni sono un passo avanti, ma resta da vedere se Google ci lascerà veramente il volante o ci farà solo credere di averlo. La paranoia è sempre giustificata con loro! 😅📈
Diciamo che queste “nuove leve” sono un po’ come dare una lucina a un pirata cieco. Diecimila esclusioni? Un piccolo gesto mentre continuano a banchettare con i nostri dati, trasformando ogni click in un’ulteriore catena al loro dominio digitale. Illusione, pura e semplice.