Perplexity AI lancia un programma di revenue-sharing per gli editori con un fondo iniziale di 42,5 milioni di dollari

Anita Innocenti

Le regole del digitale stanno cambiando.

O sei visibile o sei fuori. Noi ti aiutiamo a raggiungere i clienti giusti — quando ti stanno cercando.

Contattaci ora →

Un sistema di revenue-sharing per l’editoria che promette di compensare gli editori quando i loro contenuti vengono utilizzati dall’IA, ma il meccanismo di spartizione desta qualche perplessità.

Perplexity AI ha lanciato un programma di revenue-sharing per gli editori, con un fondo iniziale di 42,5 milioni di dollari. L'iniziativa, tramite l'abbonamento Comet Plus, mira a compensare i creatori di contenuti per l'uso dei loro articoli in riassunti AI, visite dirette o azioni degli agenti. La mossa strategica tenta di pacificare il rapporto tra intelligenza artificiale ed editoria.

Un modello di business che promette faville (sulla carta)

L’iniziativa ruota attorno a Comet Plus, un nuovo abbonamento da 5 dollari al mese che, secondo l’azienda, garantirà agli editori l’80% delle entrate generate. Il restante 20% servirà a coprire i costi di calcolo. Per partire con il piede giusto, Perplexity ha stanziato un fondo iniziale di ben 42,5 milioni di dollari, come riportato dall’Ansa, destinato ad aumentare con la crescita degli abbonati.

Sembra un primo passo concreto per riconoscere il valore del lavoro giornalistico, ma la vera domanda è un’altra.

Come arrivano esattamente questi soldi nelle tasche di chi crea i contenuti?

Il meccanismo, a guardarlo bene, non è così scontato.

Come funziona (davvero) la spartizione della torta

Il sistema di compensazione si basa su tre canali distinti. Il primo è quasi banale: gli editori vengono pagati quando un utente, usando il browser Comet di Perplexity, visita direttamente il loro sito.

Niente di nuovo sotto il sole.

Il secondo livello, invece, è più interessante: si viene pagati quando i contenuti vengono citati nei riassunti generati dall’intelligenza artificiale.

Ma è il terzo punto quello che segna un vero cambio di passo: la compensazione per le “azioni degli agenti IA”, cioè quando l’assistente di Perplexity naviga autonomamente sui siti per raccogliere informazioni e completare un’attività per l’utente.

Jessica Chan, responsabile delle partnership editoriali di Perplexity, ha dichiarato a Digiday che gli editori potrebbero arrivare a guadagnare “milioni” con questo sistema.

Una promessa allettante, che suona quasi come una risposta diretta alle polemiche che stanno travolgendo altri colossi dell’IA, spesso accusati di saccheggiare contenuti senza dare nulla in cambio.

Una mossa strategica o una toppa al problema dell’attribuzione?

Diciamocelo, il tempismo non è casuale.

Mentre altre piattaforme, come ChatGPT, sono sotto accusa per la scarsa o errata attribuzione delle fonti (uno studio della Columbia University ha rivelato errori in 153 citazioni su 200), Perplexity cerca di posizionarsi come il “bravo ragazzo” della classe.

Ma c’è un dettaglio che non va trascurato.

I siti che si posizionano ai primi posti su Google hanno il 25% di probabilità in più di essere citati dalle IA. Questo significa che il nuovo modello di Perplexity potrebbe finire per premiare ancora una volta gli stessi grandi nomi—non a caso partner come TIME, Fortune e Gannett sono già a bordo—lasciando le briciole a tutti gli altri.

Resta da vedere se questa iniziativa sarà un vero punto di svolta per un giornalismo sostenibile nell’era dell’IA o semplicemente un’operazione di marketing ben congegnata per evitare grane legali e guadagnare la fiducia degli utenti.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

Ricevi i migliori aggiornamenti di settore