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Contattaci ora →L’obiettivo di Google è aiutare i brand a fidelizzare i clienti o mettere le mani su una montagna di dati sui comportamenti d’acquisto?
Google ha lanciato nuove funzionalità per integrare i programmi fedeltà direttamente in Google Ads e Merchant Center. Se da un lato l'obiettivo è aiutare gli inserzionisti a ottimizzare le campagne e mostrare i benefici ai clienti, dall'altro sorgono preoccupazioni sulla crescente acquisizione di dati di prima parte da parte di Mountain View, strategica nell'era post-cookie. La mossa potrebbe centralizzare il controllo sui dati più preziosi.
La carota di Google: nuovi strumenti per la fedeltà
Google ha messo sul piatto due novità principali. La prima è un nuovo “obiettivo di fedeltà” in Google Ads, uno strumento che, secondo le dichiarazioni ufficiali, dovrebbe permettere agli inserzionisti di ottimizzare le campagne per puntare ai clienti con il più alto valore nel tempo.
In parole povere, ti danno un modo per dire al loro algoritmo: “non portarmi un cliente qualsiasi, portami qualcuno che probabilmente tornerà a comprare”.
In parallelo, stanno potenziando il Merchant Center con funzioni che servono a “mostrare i programmi fedeltà su Google”.
Questo significa che i vantaggi che offri ai tuoi clienti iscritti, come spedizioni gratuite o sconti speciali, potrebbero diventare visibili direttamente nei risultati di ricerca.
Sembra un’ottima opportunità per dare più valore ai tuoi sforzi, ma la domanda sorge spontanea:
Google lo fa per aiutare te a fidelizzare, o per mettere le mani su un’altra fetta gigantesca di dati sui consumatori, proprio quelli legati ai comportamenti di acquisto più profondi?
I tuoi dati di fedeltà in bella mostra (per chi?)
Il disegno diventa più chiaro se guardiamo a quello che sta succedendo “dall’altra parte”, lato utente. Da un po’ di tempo, infatti, Google sta testando una nuova sezione nei pannelli informativi dei negozi che mette in evidenza i benefici dei programmi fedeltà.
In pratica, quando un utente cerca il tuo brand, potrebbe vedere ben in vista un box che dice “Iscriviti e ottieni la spedizione gratuita”.
Una bella spinta, non c’è che dire.
L’obiettivo evidente è spingere l’utente a iscriversi, ma così facendo si crea un collegamento diretto tra il profilo Google dell’utente e il tuo programma fedeltà.
E questo collegamento è il vero cuore della faccenda.
Stiamo forse dando a Google le chiavi per capire non solo cosa la gente compra, ma perché resta fedele a un brand?
E quali sono le leve (sconti, servizi, accesso anticipato) che funzionano meglio?
Informazioni che valgono oro, soprattutto per chi le possiede.
Il vero gioco: i dati di prima parte nell’era post-cookie
Tutta questa operazione non arriva per caso. Siamo in un momento storico in cui i cookie di terze parti stanno per diventare un ricordo, e la caccia ai dati di prima parte – quelli che i clienti ti forniscono direttamente – è diventata la priorità assoluta per chiunque faccia marketing. Come ha sottolineato più volte l’esperta di settore Brooke Osmundson, i programmi fedeltà sono una delle fonti più ricche di questi dati.
Google, che con la fine dei cookie rischia di perdere una grossa fetta del suo potere di tracciamento, sta forse cercando un modo per aggirare il problema?
Offrendoti strumenti per gestire e promuovere la fedeltà, di fatto ti sta chiedendo di condividere con lei le informazioni più preziose sui tuoi clienti migliori. In cambio di un po’ di visibilità e qualche strumento di ottimizzazione, il rischio è quello di cedere il controllo su dati che dovrebbero rimanere un tuo patrimonio esclusivo.
La mossa di Google sembra più un tentativo di diventare l’intermediario indispensabile non solo per l’acquisizione di nuovi clienti, ma anche per la gestione di quelli che hai già.
E quando un solo attore controlla entrambe le porte, la dipendenza diventa totale.