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Contattaci ora →L’UE accusa Google di abuso di posizione dominante nella pubblicità online, aprendo un nuovo fronte nella battaglia per la concorrenza e scatenando reazioni politiche internazionali
L'Unione Europea ha inflitto una multa di 2,95 miliardi di euro a Google per abuso di posizione dominante nella pubblicità online. Google è accusata di aver favorito i propri servizi, danneggiando la concorrenza. L'azienda ha annunciato ricorso, mentre l'ex presidente Donald Trump è intervenuto, sollevando dubbi sull'efficacia di tali sanzioni contro i giganti tecnologici.
Ma cosa ha combinato Google, di preciso?
In parole povere, l’accusa della Commissione Europea è che Google abbia usato la sua posizione di potere per favorire sé stessa, a discapito di tutti gli altri. L’indagine ha messo in luce come Google abbia sistematicamente dato un trattamento di favore al suo servizio di ad exchange, ADX, sia attraverso il suo ad server per gli editori, sia tramite i suoi strumenti di acquisto pubblicitario.
Come descritto da TechCrunch, è come se l’arbitro di una partita fosse anche il capitano di una delle due squadre. Una situazione che, secondo Teresa Ribera, la vicepresidente della Commissione, ha danneggiato editori, inserzionisti e, alla fine, anche i consumatori. Google ha ora 60 giorni di tempo per mettere fine a queste pratiche.
Una mazzata non da poco.
Ma di fronte a un’accusa del genere, ti aspetteresti un mea culpa da parte di Google, giusto?
Beh, non proprio.
La difesa di Google e l’intervento a gamba tesa di Trump
La risposta di Google, prevedibilmente, è stata un misto di indignazione e autodifesa. L’azienda ha definito la multa “ingiustificata” e ha già annunciato che farà ricorso, sostenendo che le modifiche richieste finirebbero per danneggiare migliaia di imprese europee.
Una linea difensiva che conosciamo bene: quella del gigante tecnologico che si dipinge come un benefattore del piccolo business.
E come se non bastasse, la questione è finita dritta sul tavolo della politica internazionale, con l’ex presidente Donald Trump che ha minacciato di avviare un’indagine commerciale per “annullare” quelle che ha definito sanzioni discriminatorie contro le aziende americane.
Insomma, una faccenda che da legale è diventata politica.
Ma la vera domanda è: siamo di fronte a un caso isolato o è solo l’ultimo capitolo di una lunga saga?
Un deja-vu che solleva dubbi sull’efficacia delle multe
Chi segue queste vicende da un po’ sa che non è la prima volta che l’UE e Google si scontrano. Questa multa è solo l’ultima di una serie di azioni antitrust che vanno avanti da anni.
E qui sorge la domanda che forse dovremmo farci tutti:
Queste multe miliardarie, per quanto impressionanti sulla carta, servono davvero a cambiare le cose?
O per un’azienda come Google sono solo una voce di spesa da mettere a bilancio, un “costo operativo” per continuare a dominare il mercato?
La risposta non è scontata, soprattutto se pensiamo che una recente sentenza negli Stati Uniti contro Google per pratiche monopolistiche si è conclusa con rimedi molto più blandi di quelli richiesti dal Dipartimento di Giustizia.
Resta da vedere se questa volta il pugno duro dell’Europa lascerà un segno più profondo o se, ancora una volta, tutto si risolverà con un assegno e una stretta di mano.
Ancora con queste multe? Spero cambino qualcosa, ma dubito.
Beh, se le regole valgono per tutti, bene così. Però, mi chiedo se questo basti a cambiare le abitudini dei colossi.
Certo, l’UE cerca di mettere un freno, ma mi chiedo se queste multe bastino a scardinare certe abitudini o se siano solo un piccolo intoppo. La vera sfida è capire se si arriverà a un mercato più equo.
Giusto! Fanno sempre così, poi Google farà ricorso e tutto tornerà come prima. Chi ci rimette siamo sempre noi.
Un atto di bilanciamento, o forse un monito per chi naviga da solo? La competizione, un elemento vitale quanto elusivo.
Finalmente una multa che conta. Chissà se servirà a qualcosa questa volta, o se è solo fumo negli occhi. Al solito, questi giganti se la cavano sempre.
Ah, Google che si fa beccare a fare il furbo con la pubblicità online? Sorpresa! Speriamo solo che ‘sto ricorso non sia un altro modo per allungare i tempi. Mi chiedo se un giorno i colossi digitali capiranno che la correttezza conviene a tutti.
Bene, un’altra multa. Quanto tempo ci vorrà prima che cambino le cose davvero?
Questo caso evidenzia la delicatezza del bilanciamento tra crescita aziendale e corretta competizione. Mi chiedo se queste azioni correttive possano realmente stimolare un mercato più equo o se semplicemente creino un precedente che le grandi aziende cercheranno di aggirare. Rifletto sul fatto che il progresso tecnologico spesso anticipa la regolamentazione.
Non capisco bene come abbiano fatto a dimostrare questo “abuso”. Cioè, se Google ha un buon servizio, è normale che la gente lo usi. Poi, se questo danneggia gli altri, chi decide cosa è giusto? Ci sono aspetti che mi sfuggono.
La sanzione è proporzionale al danno concorrenziale. Resta da valutare l’effettività a lungo termine di tali misure.
Ancora con queste multe? Google domina perché offre un servizio utile, non perché “abusa”. Se l’UE pensa di risolvere il problema della concorrenza con cartellini rossi, si sbaglia di grosso. Le regole del mercato cambiano, non si possono bloccare con burocrazia.
La logica sottostante all’indagine suggerisce un disequilibrio nel mercato. L’applicazione di regole di concorrenza mira a ristabilire un terreno di gioco equo. Rifletto sulla difficoltà di misurare l’impatto reale di tali sanzioni.