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Contattaci ora →Ecco i nuovi limiti di Gemini, l’IA di Google, che svelano una strategia precisa: distinguere tra uso amatoriale e professionale, preparando il terreno per un futuro della ricerca a pagamento
Google ha finalmente svelato i limiti di utilizzo per Gemini, dividendo l'IA tra versione gratuita con pochi prompt e piani professionali a pagamento. La mossa, che appare come trasparenza, nasconde una strategia per monetizzare l'accesso all'intelligenza artificiale e preparare il terreno per una Ricerca futura a consumo. Questa decisione mira a consolidare la posizione di Google contro la concorrenza, ridefinendo l'accesso all'informazione.
I limiti nudi e crudi: cosa puoi (e non puoi) fare con Gemini
Diciamocelo, la versione gratuita ti lascia a piedi quasi subito. Con soli cinque prompt al giorno, come riportato nella stessa pagina di supporto di Google, ci fai ben poco se il tuo obiettivo è produrre contenuti o analisi complesse.
È un assaggio, una demo pensata per farti capire cosa ti stai perdendo.
Certo, hai 100 immagini generate al giorno, ma con un potere di elaborazione testuale così ridotto, a cosa servono davvero in un contesto professionale?
Le cose cambiano, e di molto, se apri il portafoglio.
Con il piano AI Pro da 20 dollari al mese, i prompt giornalieri schizzano a 100 e le ricerche “Deep Research” passano da 5 al mese a 20 al giorno. Un salto quantico che trasforma Gemini da passatempo a strumento di lavoro.
E per chi vuole il massimo, il piano Ultra da 200 dollari al mese promette 500 prompt e funzionalità ancora più spinte. Google sta tracciando una linea nella sabbia: da una parte l’uso amatoriale, dall’altra quello professionale a pagamento.
Una scelta legittima, per carità.
Ma questa chiarezza sui costi e sui limiti arriva in un momento molto particolare, proprio mentre la competizione si fa più agguerrita che mai.
Dietro la “trasparenza”: la strategia di Google per l’era AI
Questa mossa non è casuale, come si evince dall’articolo di Search Engine Journal. Arriva mentre l’amministratore delegato Sundar Pichai continua a ripetere che l’IA generativa “rimodellerà radicalmente la Ricerca”, anticipando sorprese già per l’inizio del 2025.
In pratica, Google sta preparando il terreno per un futuro in cui le funzionalità più potenti del suo motore di ricerca saranno a consumo, proprio come l’acqua corrente.
E per fartele pagare, deve prima farti capire quanto valgono.
Nel frattempo, la concorrenza non sta a guardare. Una ricerca recente ha evidenziato che un utente su dieci preferisce già oggi iniziare le sue ricerche da un’IA generativa come ChatGPT, che insieme a Gemini controlla quasi il 78% di questo nuovo mercato.
OpenAI ha già integrato la ricerca in tempo reale, mordendo le caviglie di Google nel suo stesso campo da gioco.
La “trasparenza” di Google sui limiti, quindi, somiglia più a una strategia per abituare il mercato all’idea che l’accesso privilegiato all’informazione avrà un costo.
Questo ci porta dritti al cuore del problema: il cambiamento non riguarda solo gli strumenti, ma il modo stesso in cui le persone trovano risposte e, di conseguenza, come le aziende si fanno trovare.
AI overviews e il futuro della ricerca: siamo pronti al cambiamento?
Il vero campo di battaglia sono le AI Overviews, le risposte generate dall’intelligenza artificiale che compaiono direttamente in cima ai risultati di ricerca.
Questi riassunti, come descritto da diverse testate di settore, sono pensati per rispondere a domande complesse senza che tu debba più cliccare su un singolo link.
Comodo, no?
Forse per l’utente, ma un potenziale disastro per chi vive di traffico organico.
Ora collega i puntini: Google ti offre una risposta immediata, potente, generata da un’IA (che consuma i tuoi “crediti” giornalieri) e che ti tiene all’interno del suo ambiente.
Ti sta dando la pappa pronta, ma in cambio ti chiede di restare a tavola con lei.
E di pagare il conto.
La domanda che sorge spontanea è: stiamo assistendo alla nascita di un internet più efficiente o di un giardino recintato ancora più alto e difficile da scavalcare?
La pubblicazione di questi limiti non è una semplice nota tecnica. È una dichiarazione d’intenti.
Google ci sta dicendo che il futuro della ricerca sarà potente, personalizzato e a pagamento.
Ora la palla passa a noi: capire le regole del nuovo gioco per non rimanere semplici pedine.
Cinque prompt al giorno? Praticamente un tweet. Dunque, per avere qualcosa di più di un’idea fugace, dobbiamo pagare. Mi sembra un po’ il vecchio bar: ti danno l’acqua gratis, ma il resto te lo fanno pagare caro.
Capisco la perplessità di fronte ai limiti della versione gratuita di Gemini. Sembra un modo per farci provare il potenziale dell’IA, lasciandoci però con la voglia di saperne di più. È un approccio che spinge verso un utilizzo più consapevole e, per chi ne ha bisogno, professionale.
Quindi la versione base è poco più di un test. Hanno reso chiaro che l’uso serio richiede un abbonamento. Logico, alla fine i server costano.
Ma certo, Google che offre un assaggio “gratuito” e poi ti spinge verso il portafoglio. Chi l’avrebbe mai detto? Pensare che speravo di fare analisi “complesse” con cinque prompt al giorno. Una vera rivoluzione per chi ha fretta di pagare.
Cinque prompt al giorno? Roba da far ridere. Chi pensava di fare affari con questa manfrina? Il mercato risponderà, punto.
Cinque prompt? Un’elemosina per chi deve lavorare. Si preparano al business, mica per fare beneficenza all’utente medio.
Solita mossa. Offrono briciole gratis per poi farti pagare il pane. Se pensano di fare soldi così, si sbagliano di grosso.
Mi sembra ovvio, vogliono spremere i professionisti. La versione gratuita è solo un’esca. Finirà che pagheremo per tutto.
Cinque prompt al giorno per la versione gratuita? Una limitazione ridicola, pensata per far frustrare l’utente. Questo non è un “svelare limiti”, è un invito forzato all’abbonamento. Si sta creando una divisione netta tra chi può permettersi l’accesso e chi no. Non mi convince.
Questi limiti mi fanno pensare… come se stessimo guardando le stelle attraverso un telescopio con un diaframma sempre più stretto. La versione gratuita offre uno scorcio, ma la vera comprensione richiede un accesso più ampio. Chissà se questa restrizione ci porterà a valorizzare di più l’informazione.