Google e il paradosso del Web aperto: tra difesa pubblica e ammissione di declino

Anita Innocenti

Le regole del digitale stanno cambiando.

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Tra accuse dell’antitrust e concorrenza dell’IA, il gigante ammette in tribunale il declino del web aperto, sollevando dubbi sulla sua strategia difensiva.

Google vive una contraddizione: difende il web aperto ma ammette in tribunale il suo declino. Mentre l'antitrust indaga, l'IA erode il traffico dei siti tradizionali, spostando gli utenti verso piattaforme chiuse. Google si difende, ma la sua strategia solleva dubbi sulla protezione del monopolio pubblicitario e sulla qualità della ricerca, ritenuta in calo.

Il paradosso di Google: un web fiorente o al capolinea?

Diciamocelo chiaramente: sentire Google, il cui impero è stato costruito sul web aperto, ammettere che questo stesso web sta perdendo colpi è una notizia che fa rumore.

In alcuni documenti legali recenti, l’azienda ha messo nero su bianco che l’ascesa di app, social network e, soprattutto, dell’intelligenza artificiale sta spostando il traffico degli utenti verso ambienti digitali chiusi, erodendo di fatto il terreno su cui poggiano milioni di siti web tradizionali.

Questa confessione, come descritto da WebProNews, non è un semplice sfogo, ma parte integrante della sua strategia difensiva contro le accuse del Dipartimento di Giustizia americano.

L’argomentazione di Google suona più o meno così: “Non potete smantellare il nostro business pubblicitario, perché così facendo dareste il colpo di grazia a un mondo, quello dei piccoli editori, che è già in difficoltà”. Una linea difensiva che, a ben vedere, solleva più di un dubbio.

Siamo sicuri che la preoccupazione principale di Google sia la salute dei publisher, o non si tratta piuttosto di un modo per proteggere il proprio monopolio pubblicitario, usando la crisi del web come scudo?

L’intelligenza artificiale come scudo e spada

Il punto è che l’intelligenza artificiale, usata da Google come argomento per difendersi, è la stessa tecnologia che sta cambiando le regole del gioco in modo radicale, forse anche a suo svantaggio.

Strumenti come ChatGPT stanno abituando le persone a ricevere risposte dirette, immediate e confezionate, senza la necessità di cliccare su link e visitare siti web.

Questo modello sta creando quella che alcuni analisti definiscono una “spirale della morte” per chi crea contenuti: meno traffico significa meno entrate pubblicitarie, e meno entrate rendono insostenibile la produzione di contenuti di qualità.

Un circolo vizioso che minaccia le fondamenta stesse del web come lo conosciamo, come spiega bene Search Engine Land.

Il cambiamento è già in atto e i dati lo confermano: mentre le visite globali a Google mostrano un calo, quelle a ChatGPT sono esplose. Una transizione che sembra essere guidata soprattutto dalle nuove generazioni, sempre meno inclini a usare un motore di ricerca tradizionale.

E mentre gli utenti migrano, c’è chi si chiede se una parte della colpa non sia anche della stessa Google.

La qualità della sua ricerca è davvero ancora quella di una volta?

La qualità della ricerca in caduta libera?

Non è un segreto per nessuno: da tempo la qualità dei risultati di ricerca di Google è sotto accusa. La sensazione diffusa è che trovare informazioni accurate sia diventato più difficile, tra risultati sponsorizzati, contenuti di bassa qualità ottimizzati solo per i motori di ricerca e l’invasione di discussioni prese da forum come Reddit, non sempre affidabili.

La risposta di Google a questa crisi di fiducia è stata puntare tutto sull’IA, introducendo funzioni come le “AI Overview”, che però si sono rivelate un boomerang, diventando famose più per gli errori grossolani (qualcuno ha detto “colla sulla pizza”?) che per la loro utilità.

La situazione è seria.

Mentre la concorrenza, come Bing, sembra offrire risultati più puliti e pertinenti, Google pare intrappolata tra la necessità di innovare con l’IA e quella di massimizzare i profitti pubblicitari, spesso a discapito dell’esperienza utente.

Questo non è più solo un dibattito tecnico per addetti ai lavori; è una trasformazione che sta ridisegnando le fondamenta dell’accesso all’informazione online e che avrà conseguenze concrete per chiunque, dal piccolo blogger all’imprenditore, abbia costruito la propria visibilità sul traffico organico proveniente dalla ricerca.

La domanda, a questo punto, non è più se il web cambierà, ma come sopravviveremo a questo cambiamento.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

3 commenti su “Google e il paradosso del Web aperto: tra difesa pubblica e ammissione di declino”

    1. Giorgio Martinelli

      Melissa, capisco la tua perplessità. Dal mio punto di vista di imprenditore, questa è una mossa tattica. Ammettere il declino del web aperto potrebbe essere un modo per negoziare con l’antitrust, presentandosi come vittima di un cambiamento tecnologico inevitabile. La domanda è se questa ammissione servirà a rilanciare la ricerca o solo a consolidare il loro potere.

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