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Contattaci ora →Un accordo da 500 miliardi di dollari che cela una ristrutturazione interna, tra nuove strategie di investimento, ambizioni di autonomia e una competizione sempre più accesa nel mondo dell’IA
OpenAI e Microsoft hanno raggiunto un accordo da 500 miliardi per ristrutturare il braccio for-profit di OpenAI in una "public benefit corporation". La mossa mira a nuovi investimenti e maggiore autonomia per OpenAI, ma si scontra con tensioni, cause legali (Elon Musk) e attriti su acquisizioni, lasciando aperte domande sul controllo futuro dell'AI.
OpenAI cambia pelle con l’aiuto di Microsoft: un accordo da 500 miliardi che nasconde più di una sorpresa
La notizia è arrivata giovedì e, diciamocelo, ha scosso un po’ tutti nel settore. OpenAI ha raggiunto un accordo preliminare con Microsoft per una ristrutturazione che definire colossale è dire poco. Stiamo parlando della trasformazione del suo braccio for-profit in una “public benefit corporation” (PBC), una società che persegue un profitto ma con un obbligo legale verso una missione di pubblico beneficio.
Il tutto sulla base di una valutazione da capogiro: 500 miliardi di dollari.
In pratica, una mossa per aprire le porte a nuovi investimenti e, magari, a una futura quotazione in borsa, senza però (in teoria) tradire la missione originale di “sviluppare un’IA a beneficio dell’umanità”.
Almeno, questa è la versione ufficiale.
Questa trasformazione, come descritto da The Verge, ridisegna gli equilibri di potere e, soprattutto, i flussi di denaro tra i due giganti. La holding no-profit di OpenAI manterrebbe il controllo generale, assicurandosi una quota di capitale nella nuova entità del valore di oltre 100 miliardi di dollari. Una cifra non casuale, ma di questo parleremo tra poco.
Ma non pensare che sia stato un percorso liscio e lineare.
Dietro le strette di mano e i comunicati stampa, la tensione è più che palpabile.
Un patto d’acciaio… o quasi?
Per capire la portata di questo accordo, facciamo un passo indietro. La collaborazione tra Microsoft e OpenAI non è nata ieri, ma è cresciuta a suon di miliardi dal 2016. Con un investimento monstre da 10 miliardi nel 2023, Microsoft si è assicurata una posizione a dir poco privilegiata. Attualmente, l’azienda di Redmond si mette in tasca una fetta vicina al 20% dei ricavi di OpenAI, grazie a una partnership commerciale e cloud esclusiva.
Un bel ritorno, non c’è che dire.
Eppure, con questo nuovo accordo, sembra che OpenAI voglia iniziare a tagliare un po’ il cordone ombelicale. L’obiettivo, neanche troppo velato, è quello di ridurre la quota di ricavi destinata a Microsoft, potenzialmente dimezzandola entro la fine del decennio.
Certo, Microsoft verrebbe compensata con azioni e altri diritti, ma il segnale è chiaro: OpenAI vuole più autonomia. D’altronde, come hanno dichiarato loro stessi, la nuova struttura serve a “garantire le risorse necessarie per crescere in modo responsabile, mantenendo la nostra missione al centro della governance”.
Ma è davvero solo una questione di governance e nobili intenti? O c’è dell’altro che bolle sotto la superficie?
Tra tribunali, offerte respinte e mosse da scacchi
È qui che la faccenda si fa interessante. Questo riassetto societario non arriva dal nulla, ma si inserisce in un contesto a dir poco turbolento. Da una parte, l’accordo deve ancora superare l’esame delle autorità di regolamentazione in California e Delaware, dove le carte bollate sono già in movimento. Dall’altra, c’è l’ombra ingombrante di Elon Musk e della sua causa legale, in cui accusa OpenAI di aver tradito la sua missione no-profit originaria per inseguire i profitti.
Musk, non contento, aveva pure lanciato un’offerta di acquisto da 97 miliardi di dollari, prontamente rispedita al mittente. Ed è qui che la cifra di “oltre 100 miliardi” per la quota della no-profit assume tutto un altro sapore: una risposta diretta, quasi uno schiaffo, all’offerta del patron di Tesla.
La prova che non è tutto rose e fiori tra i partner la trovi poi nella recente vicenda di Windsurf, una startup di coding AI che OpenAI voleva acquisire. A quanto pare, Microsoft avrebbe cercato di mettere il cappello sull’operazione, creando un attrito tale da far saltare tutto, con i fondatori di Windsurf che hanno preferito accasarsi da Google.
Insomma, un bel groviglio di interessi che porta a una domanda fondamentale.
In questo nuovo assetto, chi sta davvero guidando il gioco?
Cosa ci guadagna davvero Microsoft?
E Microsoft? Assiste passivamente mentre il suo “partner” più strategico prende sempre più il largo?
Non esattamente.
Satya Nadella ha costruito gran parte della strategia futura dell’azienda sull’integrazione dei modelli di OpenAI in Azure, Office e praticamente ogni altro prodotto. Un passo indietro ora sarebbe impensabile. Questa ristrutturazione, quindi, puzza di compromesso.
Microsoft dà il suo benestare a una maggiore autonomia di OpenAI, forse per evitare rotture traumatiche, ma in cambio consolida la sua posizione come azionista di peso in quella che potrebbe diventare una delle aziende più valutate al mondo.
È un rischio calcolato: forse perderà un po’ di esclusività tecnologica (la nuova struttura potrebbe aprire a collaborazioni con altri cloud provider), ma scommette su un valore azionario futuro stratosferico.
La partita è ancora tutta da giocare e, come sempre, il diavolo si nasconde nei dettagli dei contratti definitivi. Staremo a vedere chi, alla fine, avrà in mano il vero telecomando dell’intelligenza artificiale del futuro.
Questa mossa da 500 miliardi puzza di controllo mascherato. Il futuro dell’IA è in mani sbagliate.
Questa ristrutturazione pone interrogativi sulla reale indipendenza di OpenAI. Il controllo futuro dell’IA è un tema che non possiamo sottovalutare.
Cinquecento miliardi, eppure il futuro dell’AI rimane un punto interrogativo. Ormai è così, no?
Un accordo così grande… mi fa pensare a quanti sogni si nascondono dietro queste cifre. Mi domando se tutto questo denaro potrà mai comprare davvero la saggezza per guidare l’IA.
Altri 500 miliardi e la stessa solita aria fritta. Tanto clamore per un cambio di nome, mentre i veri problemi restano lì. La solita storia, alla fine.
500 miliardi per una “public benefit corporation”? Mah. Speravo in un miglioramento concreto, ma temo sia solo un modo per far soldi. Vedremo se le promesse di autonomia reggeranno.
Antonio, la “public benefit corporation” potrebbe essere solo una vernice, vero? Vedremo se questi fondi renderanno l’IA più accessibile o consolideranno solo il dominio di pochi.
La notizia di questo accordo tra OpenAI e Microsoft è parecchio dibattuta. Da un lato, i soldi potrebbero portare a sviluppi notevoli. Dall’altro, la “public benefit corporation” suona un po’ strana con cifre così alte in ballo.
Cinquecento miliardi… tanta forza economica concentrata. Mi chiedo se un simile accordo non finirà per soffocare le idee originali, quelle che nascono dal basso, in mezzo a tanta imponente struttura. A volte, la vera crescita viene da percorsi meno battuti, non da vette così altisonanti.
Cinquecento miliardi per “cambiare pelle”? Mi sembra una mossa astuta per consolidare il potere, non per vera autonomia. Chissà cosa ci nascondono davvero.
Cinquecento miliardi non comprano la trasparenza. Chissà se questa “benefit corporation” servirà davvero il progresso o solo i portafogli.
Cinquecento miliardi, un numero che fa riflettere. Se questa mossa porterà vera autonomia o solo un nuovo volto a vecchie dinamiche, resta da vedere. Un po’ malinconico pensare a quanto sia fragile l’equilibrio nel progresso.
Capisco bene il tuo dubbio, Luciano. Cinquecento miliardi sono tanti, ma il vero nodo sarà vedere se questa nuova forma giuridica garantirà indipendenza o diventerà solo un’ulteriore pedina nel gioco di potere dell’intelligenza artificiale.
Bene, 500 miliardi. Si parla di autonomia, ma poi c’è Microsoft dietro le quinte. Chi controlla veramente il futuro dell’IA?
500 miliardi… mi viene un brivido lungo la schiena pensando a quanto potere si concentrerà nelle mani di pochi. Questa “public benefit corporation” suona come una bella facciata per un controllo ancora più stringente. Dove andrà a finire la vera ricerca?
500 miliardi per trasformare OpenAI in una “public benefit corporation”. Un nome altisonante per un controllo sempre più marcato, mi sa. Quanto durerà questa illusione di autonomia?
Soliti giochi di potere con cifre astronomiche. 500 miliardi per una “public benefit corporation”? Mi pare solo un modo elegante per assicurarsi il controllo totale e continuare a dettare legge nel settore. Finirà per essere l’ennesima promessa vuota.
Beh, 500 miliardi fanno sempre impressione, ma la vera domanda è se questa ristrutturazione porti a una genuina indipendenza o solo a un cambio di vestiti per un controllo mascherato. Vedremo.
Alla fine, sono sempre i soliti a fare il bello e il cattivo tempo. Cinquecento miliardi… e poi si parlerà di autonomia? Ci credo poco. Rimarrà tutto come prima, solo con un’etichetta diversa. Che senso ha tutto questo?
Un accordo da 500 miliardi per un’entità “benefit”? Sembra più una manovra per cementare il controllo. L’autonomia promessa è solo un miraggio? Mi pare che alla fine, chi ha i soldi detta legge.
Certo, i 500 miliardi sono un bel gioco. Ma l’autonomia promessa? Ridicolo. Chi paga, decide, punto.
Sempre la solita musica. Cinquecento miliardi per un’altra “svolta” che sa di controllo. Questa mossa di Microsoft non mi convince per niente. La vera domanda è: quanto rimarrà di OpenAI dopo questa “collaborazione”?
Cinquecento miliardi per cambiare nome e facciata? Mi pare un modo per consolidare il potere, non per fare beneficenza. Cosa resterà davvero di OpenAI alla fine?
Cento miliardi sono tanti, mi chiedo se questo accordo garantirà un reale progresso per tutti o solo per pochi.
L’accordo tra OpenAI e Microsoft sembra segnare un punto di svolta nel settore AI, con implicazioni significative per il futuro della ricerca e dello sviluppo. La transizione a una “public benefit corporation” suggerisce un orientamento verso obiettivi più ampi rispetto al mero profitto. Chissà se questa nuova struttura riuscirà davvero a bilanciare l’ambizione commerciale con la responsabilità sociale.
Questa operazione mi mette un po’ d’ansia, temo per il futuro dell’autonomia di OpenAI.
Luciano, capisco la tua preoccupazione per l’autonomia. Certo, i 500 miliardi sono una cifra enorme e fa riflettere. Se da un lato questo può portare risorse, dall’altro la dipendenza da un partner così grande lascia perplessi. Dove andrà a finire l’indipendenza di OpenAI?
Che cifra spaventosa! Cinquecento miliardi… Mi preoccupa un po’ questa stretta intesa con Microsoft. Si rischia che l’indipendenza di OpenAI venga davvero messa in secondo piano? Speriamo che la ricerca non ne risenta.