L’Intelligenza Artificiale accentua le disuguaglianze: il report Anthropic rivela chi ne beneficia davvero

Anita Innocenti

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L’analisi di Anthropic svela come l’IA stia amplificando le disparità economiche, concentrando i benefici nelle mani di chi è già avvantaggiato e sollevando interrogativi sul futuro del lavoro.

Un report di Anthropic rivela che l'Intelligenza Artificiale concentra i suoi benefici su regioni e professioni già ricche, accentuando le disuguaglianze economiche. L'automazione direttiva è cresciuta, con le aziende che usano l'IA per sostituire mansioni. Si sollevano così dubbi sull'impatto reale dell'IA sul mercato del lavoro, favorendo pochi anziché tutti.

L’intelligenza artificiale è solo per ricchi? I dati non mentono

Tutti si riempiono la bocca parlando di come l’intelligenza artificiale stia cambiando il mondo. Bello, bellissimo.

Ma la vera domanda è: lo sta cambiando in meglio per tutti, o solo per i soliti noti?

Diciamocelo, il dubbio viene. E a quanto pare, non è solo una sensazione. A gettare benzina sul fuoco ci pensa un nuovo report di Anthropic, una delle aziende che, guarda caso, sta costruendo questi sistemi.

Secondo l’Anthropic Economic Index, un’analisi basata su milioni di conversazioni anonime con il loro chatbot Claude, i benefici dell’IA si stanno concentrando in modo quasi imbarazzante nelle regioni già ricche e tra le professioni ad alto reddito.

Non è la marea che alza tutte le barche, ma più un motoscafo di lusso che sfreccia accanto a un gommone che perde aria.

I dati parlano chiaro: un aumento dell’1% del PIL pro capite di un paese corrisponde a un uso dell’IA più alto dello 0,7%. In pratica, chi ha già i soldi, usa di più questi strumenti per farne ancora di più.

E questo divario non si ferma ai confini nazionali. Si insinua direttamente nel mercato del lavoro, proprio lì, sulla tua scrivania.

Ti “aiuta” o ti sta già rimpiazzando?

C’è un dato, nascosto tra le pagine del report, che dovrebbe far suonare più di un campanello d’allarme.

Stiamo parlando dell’aumento della cosiddetta “automazione direttiva”.

Tradotto in parole povere: non più l’IA che ti suggerisce come scrivere una mail, ma l’IA che la scrive e la invia al posto tuo, eseguendo un compito dall’inizio alla fine. Questa modalità è schizzata dal 27% al 39% in soli nove mesi.

Ma il vero colpo di scena arriva quando guardiamo alle aziende.

Lì, il 77% delle interazioni con l’IA è di questo tipo: automazione pura. Le imprese non stanno usando Claude per “potenziare” i dipendenti, lo stanno usando per sostituire intere mansioni.

E questo, ovviamente, pone una domanda scomoda: il tuo capo sta investendo in IA per farti lavorare meglio, o per trovare un modo più economico di fare a meno di te?

Il problema è che, mentre ci si concentra su programmatori e copywriter, si perde di vista il quadro generale, che è ben più complesso e, forse, più preoccupante.

La solita promessa di trasparenza (ma basta?)

Anthropic, nel presentare questi dati, ha sottolineato l’importanza di fornire ai politici strumenti per “garantire che i benefici dell’IA siano ampiamente condivisi”. Una mossa da manuale: la grande azienda tech crea uno strumento con il potenziale di spaccare in due l’economia, e poi, con aria preoccupata, passa la palla ai governi perché risolvano i problemi che lei stessa ha contribuito a creare.

È un copione che abbiamo già visto troppe volte.

Mettono a disposizione i dati, parlano di trasparenza, ma la direzione sembra già segnata. L’IA sta diventando uno strumento potentissimo nelle mani di chi è già potente, accentuando le disuguaglianze economiche invece di ridurle, come riportato nella loro stessa ricerca. La tecnologia non è mai neutrale e, al momento, sembra aver scelto da che parte stare. Resta da vedere se qualcuno avrà la volontà, e la forza, di farle cambiare idea.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

9 commenti su “L’Intelligenza Artificiale accentua le disuguaglianze: il report Anthropic rivela chi ne beneficia davvero”

  1. Aspettavamo proprio una conferma del genere. L’IA concentra ricchezza, non opportunità. Ci si preoccupa del lavoro, ma credo che il vero problema sia chi gestisce questa tecnologia.

    1. Questi dati dipingono un quadro un po’ malinconico, non crede? Sembra che le macchine danzino solo per chi ha già la musica, lasciando gli altri nell’ombra. Sarà questo il nostro domani?

    2. Il dato non sorprende, ma inquietante. Le macchine imparano, noi cosa facciamo? Il progresso è solo per chi può permetterselo, o c’è un’altra via?

  2. Questo report di Anthropic è la conferma che temevo. L’IA, invece di livellare, sta scavando fossati ancora più profondi. Il progresso tecnologico dovrebbe portare benefici diffusi, non arricchire ulteriormente chi ha già tutto. Ci stiamo davvero dirigendo verso un futuro equo?

  3. Ma pensa te, un altro report che ci dice quello che già sappiamo. L’IA aggrava il divario tra chi ha e chi non ha. Non mi sembra una novità.

    1. Ma certo, è ovvio! Anthropic lo dimostra: l’IA non è una democratizzazione, ma un amplificatore di disuguaglianze preesistenti. Solo chi possiede già capitale potrà realmente trarne vantaggio. È una tendenza preoccupante, che ci impone di agire ora prima che il divario diventi incolmabile.

    2. Giorgio Martinelli

      Ma guarda un po’. Chi l’avrebbe detto che le macchine pensanti facessero gli interessi di chi ha già tutto? Pare che la solita minestra riscaldata continui. Solo io vedo un copione già scritto?

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