Google Gemini sorpassa OpenAI sull’App Store grazie a ‘Nano Banana’

Anita Innocenti

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Il successo di Gemini non si basa sull’intelligenza artificiale conversazionale, ma su una funzione di editing immagini virale chiamata “Nano Banana” che ha conquistato milioni di utenti.

L'app Gemini di Google ha superato OpenAI sull'App Store, diventando la più scaricata. Il successo è dovuto a "Nano Banana", un potente strumento di editing immagini diventato virale che ha attratto 23 milioni di utenti. Google punta sulla creazione visiva, aggirando il confronto testuale con ChatGPT, una mossa rivelatasi vincente.

“Nano Banana”: il trucco virale che ha sbaragliato la concorrenza

A spingere Gemini in cima alla classifica non è stata una nuova capacità di ragionamento o di scrittura, ma una funzione di editing di immagini dal nome quasi ridicolo: “Nano Banana“.

Ufficialmente conosciuto come Gemini 2.5 Flash Image, questo strumento è diventato virale per la sua capacità di modificare le foto in modi creativi e sorprendenti, mantenendo però la coerenza dei soggetti.

Pensa a trasformare una tua foto in una statuetta 3D o applicare uno stile artistico senza che il tuo volto diventi irriconoscibile.

Come descritto da CNET, la semplicità d’uso ha fatto il resto.

I numeri parlano chiaro: in poche settimane ha attirato oltre 23 milioni di nuovi utenti e ha processato più di 500 milioni di immagini, come riporta TechCrunch.

Ma come ha fatto Google a centrare il bersaglio così bene, proprio quando sembrava destinata a rimanere la seconda scelta per gli appassionati di IA?

La risposta è meno scontata di quanto pensi e rivela una strategia che potrebbe cambiare le carte in tavola.

La strategia di Google: meno chiacchiere, più immagini

La mossa di Google è stata tanto semplice quanto astuta. Mentre la maggior parte dei modelli di IA si concentra sul dialogo e sulla generazione di testo, a Mountain View hanno notato dove si stava concentrando l’interesse reale delle persone: creare, non solo chiacchierare.

David Sharon, uno dei responsabili di Gemini Apps, ha spiegato che la scelta di offrire solo cinque prompt di chat gratuiti contro ben 100 generazioni di immagini giornaliere non è casuale. Stanno semplicemente andando dove li porta la domanda degli utenti.

Ufficialmente, la mossa è dettata dall’ascolto del pubblico. Ma diciamocelo, è anche un modo geniale per far provare il prodotto nel suo aspetto più “wow” e condivisibile, aggirando un confronto diretto con ChatGPT sul suo terreno di gioco principale, ovvero il testo.

Ok, hanno vinto una battaglia importante, ma questo significa che la guerra contro OpenAI è finita?

Non così in fretta.

Un primo posto che pesa, ma la partita è ancora aperta

Questo successo dimostra una cosa fondamentale: c’è vita oltre i chatbot.

Le persone non vogliono solo un assistente che risponda a domande, ma anche strumenti creativi che siano potenti e facili da usare. Gemini ha intercettato questo bisogno prima e meglio degli altri.

Certo, Demis Hassabis, il CEO di DeepMind, si affretta a dire che “siamo solo all’inizio”, come da copione per ogni dirigente di una grande azienda tech.

La vera sfida, però, sarà capire se questo slancio, basato su una singola funzione diventata virale, sarà sostenibile nel tempo o se si sgonfierà come tante mode passeggere.

Per ora, Google si gode la vittoria e ha dimostrato che per battere il leader del mercato non serve per forza essere migliori su tutto, ma basta essere eccezionali su una cosa che la gente desidera davvero.

La vera domanda, ora, è: OpenAI ha già pronta una contromossa, o Google è riuscita, per la prima volta, a dettare le regole del gioco?

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

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