Google estende l’editing fotografico conversazionale di Gemini a tutti i dispositivi Android

Anita Innocenti

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L’editing fotografico con l’IA di Google si estende, ma l’accesso è limitato e solleva interrogativi sulla privacy e sull’uso dei dati per affinare l’algoritmo.

Google ha esteso l'editing fotografico conversazionale basato su Gemini a tutti i dispositivi Android idonei negli Stati Uniti. La funzione, prima esclusiva dei Pixel, permette modifiche tramite comandi vocali. L'accesso è limitato da requisiti specifici (USA, 18+). Questa mossa è vista come una strategia per Google per raccogliere preziosi dati utente, fondamentali per addestrare e perfezionare la sua intelligenza artificiale.

Google ci riprova: l’editing delle foto ora si fa chiacchierando

Google ha deciso di aprire le porte di una delle sue funzioni più discusse, fino a ieri un’esclusiva dei suoi telefoni Pixel. Parliamo dell’editing fotografico conversazionale, quella funzione che ti permette di modificare le tue foto semplicemente parlandoci. Da oggi, questa tecnologia basata su Gemini sta arrivando su tutti i dispositivi Android idonei negli Stati Uniti.

Diciamocelo, l’idea di dire al telefono “togli quella persona sullo sfondo” o “rendi il cielo più drammatico” senza dover smanettare con cursori e maschere di livello è allettante. Google la presenta come una rivoluzione per rendere l’editing avanzato accessibile a tutti.

Una promessa quasi magica.

Ma, come sempre quando c’è di mezzo un gigante della tecnologia, vale la pena guardare dietro le quinte.

Non è per tutti: i paletti di Google e le prime impressioni

Prima di correre a provare, sappi che ci sono dei paletti ben precisi. Devi avere più di 18 anni, trovarti negli Stati Uniti, avere l’account Google impostato in inglese e, soprattutto, aver attivato funzioni come i gruppi di volti e la stima della posizione.

Viene da chiedersi: sono solo necessità tecniche o un modo per affinare ancora di più il profilo che Google ha di noi?

Chi ha potuto metterci le mani sopra, come riportato da Android Authority, conferma che la funzione mantiene in gran parte le promesse, pur con qualche imperfezione.

Funziona, ma non fa miracoli.

Il punto, però, è un altro: questa mossa non è solo un aggiornamento software. È un pezzo di una strategia molto più grande.

La vera partita: i nostri scatti per addestrare l’IA

Perché Google “regala” a milioni di utenti una tecnologia così potente?

La risposta è semplice: dati.

Finora, Gemini si è allenato in un ambiente controllato, quello dei Pixel. Ora, aprendo a un pubblico vastissimo, Google sta raccogliendo una quantità enorme di dati di addestramento dal mondo reale.

Ogni volta che tu chiedi a Gemini di “rendere il cielo più blu” o “togliere quella persona sullo sfondo”, non stai solo migliorando la tua foto. Stai insegnando all’intelligenza artificiale come fare il suo lavoro, gratis.

Stiamo, di fatto, lavorando tutti per rendere Gemini un prodotto ancora più potente e, in futuro, probabilmente più redditizio per Google stessa.

Insomma, la comodità ha un prezzo, e non sempre è scritto sull’etichetta.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

23 commenti su “Google estende l’editing fotografico conversazionale di Gemini a tutti i dispositivi Android”

  1. Veronica Napolitano

    Solita mossa di Mountain View. Funzionalità estesa, ma il vero guadagno è il training dell’IA sui nostri scatti. La privacy? Un dettaglio trascurabile per certe ambizioni. Vale la pena scambiare i pixel per un algoritmo più furbo?

  2. Bene, un altro passo verso la raccolta di dati. Estendono una funzione, ma il vero scopo è affinare l’IA con le nostre foto. Chi ci garantisce che queste immagini non vengano usate per altro?

    1. Da studente, ammetto di essere incuriosito dalla possibilità di modificare le foto con la voce. Però, la questione privacy rimane un punto interrogativo. Quanto sono disposti a condividere gli utenti per avere questa comodità?

    2. Riccardo De Luca

      Sì, l’estensione di questa funzione solleva dubbi. Migliorare l’IA va bene, ma a che prezzo? Personalmente, sono sempre cauto quando si tratta di cedere i miei dati, anche se per avere strumenti più potenti.

  3. Roberta De Rosa

    Sono ancora un po’ persa con questa novità. Se tutti possono usarlo, vuol dire che Google avrà tantissimi dati per l’IA, ma a me sembra che le foto siano un po’ troppo personali. Ci si può fidare?

      1. Roberta De Rosa

        Non capisco bene. Quindi ora tutti su Android potranno fare editing con Gemini? Se è così, quanti dati raccoglieranno? Spero solo che questo non renda le foto meno nostre.

  4. La mossa di Google è prevedibile. Ampliare l’accesso all’editing AI su Android significa una valanga di dati preziosi per l’addestramento. Alla fine, la comodità ha sempre un costo. Ma siamo davvero pronti a cedere la nostra privacy per qualche filtro in più?

    1. Ma certo, un’altra trovata per arraffare dati. Fosse per me, la terrebbero sui Pixel, almeno si distingue chi usa roba seria. Alla fine, chi ci rimette siamo sempre noi.

      1. Solita musica, eh? Estendono una feature, ma il vero “prodotto” sono i nostri scatti. Quanti sono disposti a barattare la privacy per qualche ritocco?

  5. Walter Benedetti

    Ma certo, Google ci fa il favore di estendere una funzione, ma il vero obiettivo è sempre lo stesso: dati. Mi chiedo se gli utenti si rendano conto di cosa stanno cedendo in cambio di qualche ritocco facile.

  6. Ovvio che puntano ai dati. Pensate davvero che Google regali qualcosa senza un tornaconto? La vera questione è se saremo disposti a barattare la privacy per un’app che fa miracoli.

    1. Un’altra funzione che “migliora” la nostra vita, ma a quale prezzo? Sempre i nostri dati, direi. Ormai ci siamo abituati.

    2. Bene, un’altra funzione limitata e solleva dubbi sui dati.

      Sabrina Coppola, il tornaconto è sempre quello: i vostri dati. Che facciano miracoli o meno, il prezzo è sempre lo stesso, no?

  7. Ma che sorpresa, Google che concede funzioni avanzate ai plebei di Android! Certo, raccogliere dati per affinare l’IA è il vero scopo, mica la “democratizzazione” della tecnologia. Chissà se anche i nostri selfie diventeranno materia di studio.

    1. Raffaele Graziani

      Mamma mia, questa cosa mi mette un po’ ansia. Sapere che le mie foto vengono usate per addestrare l’IA mi fa venire i brividi. Non so se questa comodità valga il rischio per la nostra privacy.

  8. La democratizzazione dell’IA nelle immagini è un passo avanti, ma la trasparenza su come i nostri scatti alimentano le macchine resta un velo sottile. Un’evoluzione che chiede sguardo attento.

    1. Questa mossa di Google è certamente un passo avanti per l’accessibilità, anche se la raccolta dati per alimentare l’IA non mi entusiasma. Dobbiamo restare vigili su come i nostri scatti vengono impiegati per futuri algoritmi.

  9. Capisco il senso dell’estensione, ma la raccolta di dati per affinare l’IA mi lascia perplesso. Chi non vorrebbe foto perfette, certo, ma a quale prezzo?

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