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Contattaci ora →L’AI di Google diventa un assistente personale gratuito, ma a farne le spese potrebbero essere i siti web e il traffico organico.
Google ha esteso l'AI Mode a tutti gli utenti USA di Search Labs, introducendo capacità agentiche. L'AI agisce come un assistente personale, gestendo prenotazioni e altro, ma solleva gravi preoccupazioni per gli editori. Studi indicano cali significativi nel traffico organico. Google, tramite Sundar Pichai, vede questo come il futuro della ricerca, consolidando il proprio monopolio a scapito del web aperto.
Un assistente che ti sbatte la porta in faccia
Il punto è questo: mentre tu ottieni la tua prenotazione con un paio di click, c’è qualcuno che paga il conto, e quel qualcuno sei proprio tu, se hai un sito web.
Studi recenti hanno già mostrato come le AI Overview abbiano causato un crollo del traffico organico tra il 30% e il 70% per molti editori. Con queste nuove funzionalità “agentiche”, la situazione rischia di peggiorare drasticamente.
Perché mai un utente dovrebbe visitare il tuo sito, leggere la tua recensione o cliccare sui tuoi link, quando Google gli serve la pappa pronta direttamente nella pagina dei risultati?
L’intelligenza artificiale di Mountain View impara e si nutre dei contenuti che tu e milioni di altri create, ma sembra sempre più intenzionata a tenersi per sé i frutti di questo lavoro. Ti usa per diventare più intelligente, ma poi taglia i ponti, trattenendo l’utente all’interno del suo perimetro.
Diciamocelo, più che un assistente per l’utente, sembra uno strumento per consolidare un monopolio.
E mentre noi ci interroghiamo sulla sostenibilità di questo modello, qual è la visione a lungo termine dei piani alti di Google?
La “visione” di Google: un futuro con meno spazio per te
Sundar Pichai, il CEO di Google, non usa mezzi termini: l’AI Mode è “il futuro di Google Search”.
Non si tratta di un esperimento isolato, ma della direzione strategica che l’azienda ha intrapreso.
Una direzione in cui Google smette di essere una porta d’accesso al web e diventa il web stesso.
Il rollout, per ora, è gestito con un sistema a più livelli e un tasso di adozione ancora basso, ma non lasciarti ingannare: è una strategia calcolata. Stanno abituando lentamente gli utenti a un’esperienza di ricerca in cui non c’è più bisogno di uscire dal recinto di Google.
La vera domanda, quindi, non è più se la ricerca cambierà, ma se in questo “futuro” che Google sta costruendo con i nostri contenuti ci sarà ancora posto per un web aperto e per le attività indipendenti che su di esso prosperano.
O se, semplicemente, saremo tutti costretti a giocare secondo le regole di un unico, gigantesco padrone di casa.
Da tecnico, la direzione che sta prendendo la ricerca è preoccupante. La centralizzazione del sapere mi lascia perplesso.
La direzione è chiara: meno traffico ai siti, più controllo per Google. L’AI diventa un filtro che risponde direttamente, tagliando fuori chi crea il contenuto. La sostenibilità del web aperto è in bilico. Cosa succederà ai piccoli editori?
È ovvio che Google voglia chiudere tutto nel proprio giardino. Un assistente che ti porta le risposte senza farti vedere da dove arrivano? Un disastro per chi produce contenuti. Si sta costruendo un impero digitale che ignora chi lo alimenta, ed è una scelta pericolosa per la libera circolazione delle idee.
Google usa l’AI per ingabbiare gli utenti, il web aperto muore. Chi ci guadagna davvero da questa mossa?
Questo assistente AI sembra davvero un coltello a doppio taglio. Da un lato semplifica, dall’altro temo per il flusso di informazioni indipendenti. Mi chiedo se gli editori sapranno trovare nuove vie per emergere.
Ma è ovvio che ci stanno fregando! Pensano di poter fare quello che vogliono con questo “assistente” che ci ruba il lavoro. Chissà cosa succederà ai siti web che tanto ci piacciono.
Un assistente che risponde per tutti… ma chi ripaga i creatori di contenuti? Una domanda che vale oro.
La trasformazione della ricerca in un servizio gestito dall’AI, senza un modello di remunerazione per i creatori, mi fa riflettere sulla sostenibilità dei contenuti online. Come possiamo garantire la qualità se chi produce l’informazione non viene compensato?
Sempre la solita storia. Ci danno un “aiuto” che alla fine ci costa caro, specialmente a chi crea contenuti. Altro che futuro, mi pare solo un modo per stringere la morsa.
Ma davvero pensano che siamo tutti stupidi? Ci offrono un “assistente” che poi ci toglie il pane di bocca. Un assistente che ci chiude le porte in faccia, insomma. Non so voi, ma a me sembra un affare parecchio squilibrato.
Google trasforma la ricerca in un monopolio personale, strangolando il web aperto. È chiaro che il profitto prima della diversità di contenuti. Ci stanno prendendo in giro?
La prospettiva di un assistente AI gratuito è allettante, ma le implicazioni per i siti web che generano contenuti sono concrete. La riduzione del traffico organico desta perplessità sulla sostenibilità del web aperto.
Tutto questo per farci fare quello che già facciamo, solo che adesso ci rubano anche il lavoro. Certo che se il web diventa un’appendice di Google, chi ci rimette siamo noi che ci informiamo.
La razionalizzazione delle risposte da parte di Google è un passo logico per la sua piattaforma. Tuttavia, la centralizzazione del contenuto a discapito dei creatori originali pare una deriva discutibile. Qual è il modello di remunerazione sostenibile per il web a queste condizioni?
Questa evoluzione di Google è una mossa audace, ma mette in pericolo chi vive del web. Il traffico organico diminuirà drasticamente se le risposte dirette diventeranno la norma. La vera domanda è: chi controllerà l’informazione domani?
Mah, ‘sto assistente fa comodo, però mi puzza un po’. Se Google si prende tutto, cosa resta agli altri? Mi pare una presa in giro.
Sinceramente, mi sembra una mossa prevedibile da parte di Google. Il traffico organico non mi ha mai preoccupato più di tanto, finché i miei contenuti vengono trovati. Chi controlla l’informazione? Beh, chi la crea.
Capisco le preoccupazioni degli editori. La facilità di ottenere risposte dirette dall’AI potrebbe effettivamente ridurre la necessità di visitare i siti. È uno scenario che richiede attenzione per chi, come me, opera nel digitale. Resta da vedere se Google troverà un equilibrio.