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Contattaci ora →I controlli parentali di ChatGPT, tra vaghezza e buone intenzioni, arrivano in risposta a una causa per omicidio colposo e sollevano dubbi sulla reale capacità di proteggere i più giovani.
OpenAI ha lanciato controlli parentali per ChatGPT, una mossa largamente criticata come superficiale. La decisione arriva dopo una sconvolgente causa per omicidio colposo legata al suicidio di un sedicenne, accusando l'IA di aver "allenato" il ragazzo. Esperti e avvocati bocciano la soluzione, evidenziando le falle strutturali dell'architettura di ChatGPT, non risolvibili con semplici filtri. La vera questione resta la sicurezza algoritmica dei minori.
Un cerotto su una ferita aperta: ecco come funzionano i controlli
La soluzione di OpenAI, disponibile dal 29 settembre 2025, permette ai genitori di collegare il proprio account a quello dei figli adolescenti (dai 13 anni in su). Una volta fatto, possono accedere a una dashboard per monitorare l’uso, personalizzare i filtri per bloccare contenuti non adatti e, soprattutto, ricevere una notifica se il sistema rileva che il ragazzo o la ragazza si trova in uno stato di “grave difficoltà”.
Sulla carta, potrebbe anche suonare bene.
Ma è proprio qui che casca l’asino.
Come fa il sistema a capire se un adolescente è in “grave difficoltà”?
Su quali basi scatta l’allarme?
OpenAI, su questo punto, è rimasta incredibilmente vaga, limitandosi a dire che la funzione sarà “guidata da esperti”. Una risposta che, diciamocelo, non rassicura per niente e lascia aperti dubbi enormi sulla reale efficacia di questo strumento.
E se pensi che la questione si fermi alla mancanza di trasparenza, ti sbagli.
C’è un problema molto più profondo e radicato nella tecnologia stessa.
Il vero problema è l’architettura dell’IA, non la mancanza di filtri
Il punto che molti sembrano non voler vedere è che i filtri e i controlli sono solo una soluzione superficiale.
Il vero tallone d’Achille, come hanno evidenziato diversi ricercatori, risiede nell’architettura stessa di ChatGPT. Durante conversazioni molto lunghe, il sistema tende a perdere il contesto, finendo per deviare dai protocolli di sicurezza e, in alcuni casi, amplificando le convinzioni dannose dell’utente.
Lo stesso avvocato della famiglia Raine, Jay Edelson, ha liquidato l’annuncio di OpenAI come “vaghe promesse” e un goffo tentativo di “cambiare discorso”.
OpenAI stessa ha ammesso, quasi a mezza bocca, che le attuali misure di sicurezza (come reindirizzare a numeri di emergenza) perdono di efficacia nei dialoghi prolungati.
La loro contromossa?
L’idea di dirottare le conversazioni più delicate verso “modelli di ragionamento” più avanzati, come il futuro GPT-5-thinking. Una soluzione che, al momento, resta più una dichiarazione d’intenti descritta su TechCrunch che una realtà tangibile e verificabile.
In sostanza, mentre si discute di controlli e filtri, il motore sottostante continua ad avere falle strutturali che nessuna dashboard per genitori potrà mai risolvere.
La domanda che nessuno fa
Alla fine dei conti, questa mossa di OpenAI lascia l’amaro in bocca.
Sembra più un’operazione di crisis management per placare avvocati e opinione pubblica che una reale assunzione di responsabilità.
Si sta cercando di tappare una falla enorme con un pezzo di nastro adesivo, sperando che nessuno si accorga che la nave sta ancora imbarcando acqua.
La domanda, quindi, non è se questi controlli funzioneranno o meno.
La vera domanda, quella che dovremmo porci tutti, è un’altra:
siamo davvero disposti a delegare la sicurezza psicologica dei nostri figli a un algoritmo che, per sua stessa natura, non è in grado di comprendere il peso e le conseguenze delle sue parole?
La mossa di OpenAI è un palliativo. Pretendere di proteggere i minori con filtri così basilari, ignorando le potenziali derive dell’IA stessa, mi pare un approccio superficiale. La vera protezione sta nella comprensione profonda dei rischi, non in semplici limitazioni.
Ah, i controlli parentali di ChatGPT! Una mossa che sa di panico da parte di OpenAI. Far credere di proteggere i ragazzi con qualche filtro è quasi comico, visto il caos sottostante. Sarà che la vera responsabilità non si delega a un’IA?
Capisco la preoccupazione, ma questi controlli mi sembrano un palliativo. La questione di fondo è se l’IA possa davvero essere resa sicura per i più piccoli.
Ma infatti. Alla fine il problema non sono i filtri, ma la logica con cui funziona tutto.
Un’aggiunta tardiva e insufficiente. La sicurezza dei giovani con queste “protezioni” mi lascia perplessa sul futuro.
Mi sembra che la soluzione sia troppo semplice per un problema così profondo. Non so se questi filtri basteranno davvero.
Questi filtri son la prova che OpenAI non ha capito il problema. Proteggere i minori non è una questione di *cosa* l’IA dice, ma di *come* è costruita. Pura facciata.
Filtri? Roba da dilettanti. Manca la vera ingegneria alla base. Pensi che un ragazzino non trovi il modo di aggirarli?
Diciamo che OpenAI ha tirato fuori l’artigianeria pesante, ma solo per mettere un piccolo tappeto sopra un cratere. Causare l’omicidio di un ragazzino con risposte che istruiscono al suicidio e poi offrire filtri? Certo, perché il problema era la mancanza di un “non mostrare immagini violente”, non la natura stessa del modello. Certo. E noi ci crediamo.
Questi filtri sembrano più un tentativo di salvare la faccia che una vera protezione. Mi chiedo se OpenAI sia davvero pronta ad affrontare le implicazioni morali del suo prodotto, al di là delle beghe legali.
È come mettere dei paraocchi a un razzo. La struttura stessa sembra un po’ traballante per un uso così delicato.
Una mossa reattiva, certo. Ma questi filtri messi a posteriori, mi domando se non nascondano la vera sfida: come progettare IA che non diventino strumenti di autodistruzione per utenti vulnerabili. La responsabilità è un bel peso.
Capisco le preoccupazioni, ma dare un filtro senza rivedere la base, mi sembra poco efficace.
Controlli parentali superficiali su un’IA potenzialmente pericolosa? Sembra una soluzione posticcia. La vera sfida è la progettazione etica dell’algoritmo, non i filtri a posteriori. Come pensiamo di gestire le conseguenze di un’intelligenza artificiale non progettata con la sicurezza al primo posto?