Le chat con l’IA di Meta diventeranno pubblicità personalizzate (che tu lo voglia o no)

Anita Innocenti

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Meta userà le tue chat con l’IA per pubblicità personalizzate, senza possibilità di rinuncia: l’unica opzione è non usare Meta AI

Meta userà le tue chat con l'IA per personalizzare pubblicità e contenuti su Facebook, Instagram, Messenger e WhatsApp dal 16 dicembre 2025. Non sarà possibile negare il consenso: l'unica opzione è non usare Meta AI. La decisione, vista come "sorveglianza mascherata da personalizzazione", mira a monetizzare l'IA, sollevando gravi preoccupazioni per la privacy degli utenti.

La scelta che non è una scelta

Dimentica la solita casellina da spuntare per negare il consenso. Questa volta, Meta ha deciso di non darti alcuna possibilità di opt-out.

L’unica alternativa che hai per evitare che le tue chiacchierate con l’IA vengano analizzate a scopi commerciali è una sola: non usare affatto Meta AI.

La posizione dell’azienda, espressa dalla manager Christy Harris, è quasi disarmante: in fondo, gli utenti già si aspettavano che le loro interazioni con i chatbot influenzassero le ads. Una giustificazione che, a dirla tutta, suona più come un modo per mettere le mani avanti che una vera rassicurazione per la tua privacy.

Eppure, questa mossa nasconde implicazioni ben più profonde di un semplice annuncio pubblicitario mirato.

Sorveglianza mascherata da personalizzazione

Le critiche, come riportato da Fortune, non si sono fatte attendere. Emily Bender, linguista dell’Università di Washington, ha definito senza mezzi termini questa pratica come “sorveglianza mascherata da personalizzazione”.

Il punto è semplice ma potente: le persone tendono a confidare a un chatbot informazioni che non condividerebbero mai pubblicamente, credendo di parlare con un’entità neutrale. Invece, stanno semplicemente alimentando un gigantesco motore di raccolta dati.

La preoccupazione, sottolinea la Bender, è che il passo successivo sia un chatbot che ti spinge sottilmente a rivelare informazioni sempre più personali, rendendoti un bersaglio pubblicitario ancora più facile da colpire.

Ma perché spingersi a tanto, calpestando di fatto il concetto di scelta dell’utente?

La risposta, come spesso accade, sta nei soldi.

La monetizzazione prima di tutto

Questa mossa non è altro che il primo, grande passo di Meta per iniziare a guadagnare dalla sua intelligenza artificiale, un servizio che, secondo l’azienda, conta già oltre un miliardo di utenti.

Mark Zuckerberg era stato chiaro: l’IA conversazionale deve generare profitti, o tramite pubblicità o con abbonamenti.

E la strada scelta sembra essere la prima, come emerge dall’articolo di Ars Technica.

Se quindi chiederai a Meta AI di aiutarti a pianificare una vacanza in famiglia, non sorprenderti se poco dopo il tuo feed si riempirà di offerte di hotel e contenuti di viaggio, come chiarito nell’annuncio ufficiale di Meta.

Il meccanismo è questo: trasformare ogni tua richiesta, ogni tua curiosità, in un’opportunità di vendita.

E con una base di utenti così vasta, il potenziale economico è enorme, anche se il prezzo da pagare sembra essere un altro pezzo della nostra privacy.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

25 commenti su “Le chat con l’IA di Meta diventeranno pubblicità personalizzate (che tu lo voglia o no)”

  1. Francesco Messina

    Ma certo, perché mai dovremmo aspettarci di chiacchierare con un’IA senza che ogni parola diventi succulenta pubblicità? La trasparenza, si sa, è un optional. Alla fine, chi si illude che il “gratis” esista veramente?

  2. Antonio Barone

    Ancora un’ennesima dimostrazione di come il profitto conti più del rispetto. Si illudono quelli che pensano di poter ancora “scegliere” quando la posta in gioco è la loro ingente ricchezza. Patetico.

  3. Carlo Benedetti

    Ecco, l’ennesima dimostrazione di come i dati privati diventino merce di scambio. Alla fine, la privacy è solo un concetto, vero?

    1. Riccardo Cattaneo

      Carlo, la tua riflessione è corretta. L’approccio di Meta è aggressivo, ma in fin dei conti coerente con il suo modello di business. L’utente ha comunque la libertà di non aderire, anche se scomodo. Resta da vedere se questa mossa pagherà davvero in termini di fiducia.

    2. Comprendo il punto sollevato sulla monetizzazione dei dati tramite l’IA. La prospettiva di una pubblicità così intrusiva, legata alle conversazioni private, suscita perplessità. Mi domando se questo approccio non rischi di erodere ulteriormente la fiducia degli utenti verso queste piattaforme.

  4. Daniele Palmieri

    Certo, è una mossa commerciale prevedibile. La gente si aspetta trasparenza, ma poi accetta questi compromessi per usare i servizi. Pazzesco.

    1. Alessio De Santis

      La mia esperienza da tecnico mi porta a essere cauto. Questa “personalizzazione” sembra più un modo per tracciare ogni parola. Ci si può fidare di un’azienda che non offre alternative?

  5. Silvia Graziani

    Ma dai, che novità. Ci si aspettava questo da un’azienda che vive di dati. Chiunque nel settore sa che la personalizzazione spinta è il futuro della pubblicità. Ridicoli quelli che si stupiscono. La vera questione è quanto gli utenti siano disposti a vendere per un po’ di comodità.

    1. Giuseppina Negri

      Ma ti pare normale? Ti sbattano in faccia che ti spiano e l’unica cosa che ti offrono è “non usare il servizio”. Ma chi le ha votate queste decisioni? Mi sembra un bel modo di trattare chi paga con i propri dati. Ridicoli davvero.

    2. Alessio De Santis

      Ah, Silvia, sei sempre così diretta! Già, la comodità ha un prezzo, e a quanto pare il nostro tempo di conversazione con un bot ora fa parte del listino. Chissà se anche il bot ti chiederà se vuoi vedere pubblicità per un nuovo profumo dopo avergli confessato la tua debolezza per le rose.

  6. Chiara Barbieri

    Non so bene cosa pensare. Quindi, se uso l’IA di Meta, le mie conversazioni diventano pubblicità? E se non voglio questo, semplicemente non la uso? Mi sembra un po’ strano che non ci sia un’altra via.

    1. Chiara, hai centrato il punto. Dunque le nostre parole, anche le più innocenti, vengono “tracciate” per venderci roba? Mi viene un brivido pensando a cosa scopriranno di noi…

    2. Simone De Rosa

      Ciao Chiara, esattamente, sembra proprio così! Come imprenditore, comprendo la logica di monetizzazione, ma questa mancanza di alternative fa pensare. Forse è un segnale che dobbiamo noi utenti iniziare a ponderare di più chi affidiamo le nostre conversazioni?

    1. Capisco la prospettiva, Marco. Per noi imprenditori, i dati sono oro, ma questa invasività mi lascia perplessa. Dove finisce la personalizzazione e inizia l’intrusione?

    2. Marco, la tua osservazione sulla privacy come “prezzo” è azzeccata. Meta trasforma le conversazioni in merce. È una scelta che non lascia alternative, ma evidenzia il vero valore dei nostri dati.

  7. Raffaele Graziani

    Ciao a tutti! Capisco la preoccupazione per questo nuovo approccio di Meta. Se da un lato la personalizzazione pubblicitaria può essere utile, dall’altro la mancanza di scelta nel dare il consenso fa riflettere. Come utenti, ci troviamo di fronte a una nuova frontiera nella monetizzazione delle interazioni digitali.

    1. Renato Martino

      Raffaele Graziani, la tua analisi coglie nel segno. La monetizzazione diventa pervasiva, e questa mi pare una mossa audace, quasi aggressiva. Mi chiedo se il valore percepito dell’IA giustifichi questa invasione.

    2. Andrea Cattaneo

      È ovvio: si tratta di raccogliere dati. Chi pensa di poter chattare liberamente con un’IA di Meta senza conseguenze, si sbaglia. Non ci sono alternative, solo rassegnazione o astensione. La vera libertà, a quanto pare, è non partecipare.

      1. Raffaele Graziani

        Ciao Andrea, capisco la tua frustrazione. È vero, la scelta sembra limitata. Però, mi chiedo se questa direzione non apra anche nuove strade per esperienze digitali più calibrate.

  8. Ritengo che questa mossa di Meta sollevi serie questioni riguardo al valore attribuito alla riservatezza dei dati personali. La mancanza di una vera scelta per l’utente appare una limitazione significativa.

  9. Sebastiano Caputo

    La solita storia. Ti danno una cosa che sembra utile, poi scoprono come farti pagare, anche se non te ne accorgi. Praticamente, se vuoi parlare con un bot, devi sapere che tutto ciò che dici finisce nel loro imbuto pubblicitario. Roba da matti.

    1. Paola Caprioli

      Interessante, un modo sottile per rendere il “gratis” un po’ meno tale. Chissà se il pubblico apprezzerà questa trasparenza forzata.

      1. Carlo Benedetti

        La privacy è un concetto ormai da dimenticare, pare. Una chiacchierata diventa merce da rivendere. Alla faccia della libertà di espressione.

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