Google lancia AI Mode in 200 paesi: la rivoluzione della ricerca e la battaglia per il futuro

Anita Innocenti

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Un’espansione che solleva interrogativi sull’uso dei dati personali e sul controllo delle informazioni, mentre Google si impegna a non perdere il treno dell’innovazione.

Google estende la sua "AI Mode" a oltre 200 paesi e 35 lingue, una mossa chiave per consolidare il dominio contro ChatGPT e Copilot. Alimentata da Gemini, la ricerca conversazionale promette risposte più ricche. Tuttavia, l'aumento dei dati utente solleva questioni sulla privacy e sulla battaglia globale per il futuro della ricerca e del controllo delle informazioni.

Google scatena la sua AI in 200 paesi: ma cosa significa davvero per te?

Google ha appena premuto l’acceleratore, lanciando una delle più grandi offensive di prodotto della sua storia. La sua “AI Mode” nella ricerca è stata estesa a più di 35 nuove lingue e oltre 40 nuovi territori.

Diciamocelo, non è un semplice aggiornamento: questa mossa porta l’intelligenza artificiale conversazionale in più di 200 paesi, cambiando le regole del gioco per miliardi di persone.

Una dichiarazione di guerra bella e buona a competitor come ChatGPT di OpenAI e Copilot di Microsoft, lanciata per blindare il proprio dominio prima che tu possa anche solo pensare di abituarti a cercare informazioni altrove.

Ma questa espansione non è solo una questione di numeri e bandierine sulla mappa.

Dietro c’è una tecnologia che Google sta spingendo con una forza senza precedenti.

Gemini: il motore sotto la scatola nera

A far girare tutto questo c’è Gemini, il modello di intelligenza artificiale di casa Google, personalizzato per l’occasione. L’azienda sostiene che questi nuovi modelli permettono di fare domande nel modo più naturale possibile, andando oltre la semplice traduzione di parole chiave.

L’obiettivo dichiarato è comprendere il contesto culturale, le sfumature locali e persino i modi di dire, per darti risposte che non sembrino uscite da un traduttore automatico.

Un lavoro di fino, certo, ma la domanda sorge spontanea:

questa “intelligenza culturale” serve davvero a darti risposte migliori o a rendere l’algoritmo ancora più efficace nel capire, e magari orientare, i tuoi bisogni a seconda di dove vivi?

E questo ci porta dritti al punto più interessante: non è solo Google a cambiare, stiamo cambiando noi.

Stiamo davvero “conversando” con Google o solo fornendo più dati?

I dati interni di Google parlano chiaro: da quando esiste la AI Mode, le nostre domande sono diventate quasi tre volte più lunghe.

Non scriviamo più “meteo Parigi”, ma chiediamo “cosa metto in valigia per un weekend a Parigi a ottobre, considerando il tempo e gli eventi in programma?”.

Stiamo, di fatto, confidando al motore di ricerca i nostri piani, le nostre intenzioni e i nostri dubbi in un modo incredibilmente dettagliato.

Una conversazione, la chiama Google.

Ma ogni conversazione è uno scambio.

Noi otteniamo una risposta (si spera) utile, e Google?

Ottiene una miniera di dati sulle nostre abitudini e intenzioni d’acquisto che non ha precedenti.

Questa valanga di informazioni personali, ovviamente, non passa inosservata.

E ci porta all’ultimo, fondamentale pezzo del puzzle: la guerra per il futuro della ricerca.

Una corsa globale per non diventare il prossimo “MySpace” della ricerca

Non pensare che questa mossa sia casuale. Fa seguito a un primo “test” di espansione fatto a settembre in mercati strategici come Giappone, India e Brasile, che da soli rappresentano un bacino di circa 1,3 miliardi di persone.

L’operazione attuale è un’accelerazione brutale di quella strategia.

L’obiettivo è semplice e spietato: integrare l’AI così profondamente nel suo prodotto principale da rendere l’alternativa (leggi: ChatGPT) meno attraente. Google sta usando tutta la sua forza per evitare di fare la fine di chi, in passato, non ha saputo adattarsi al cambiamento.

Questa non è l’introduzione di una nuova funzionalità.

È il tentativo di un gigante di riconfigurare le fondamenta di come accediamo all’informazione, assicurandosi di rimanere saldamente al posto di comando.

La vera domanda, quindi, non è se questa tecnologia cambierà il nostro modo di cercare, ma chi controllerà le risposte che troveremo.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

2 commenti su “Google lancia AI Mode in 200 paesi: la rivoluzione della ricerca e la battaglia per il futuro”

  1. Vanessa De Rosa

    Altra solita mossa di Google per raccogliere ancora più dati. Chissà se questa volta ci penseranno due volte prima di rivenderli.

  2. Messa così, la nuova AI di Google pare una vera conquista, ma non dimentichiamo chi sta pagando il prezzo di questa “rivoluzione”…

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