Il paradosso mobile: perché l’83% del traffico non si traduce in conversioni per le aziende

Anita Innocenti

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Un’analisi rivela un divario dell’8% nelle conversioni mobile rispetto al desktop, con conseguenti perdite significative nonostante l’importanza del mobile-first indexing.

L'83% del traffico proviene da mobile, ma le landing page convertono l'8% in meno rispetto al desktop, un paradosso evidenziato da Unbounce. Lentezza e linguaggio complesso sono i principali ostacoli. Le aziende sottovalutano l'ottimizzazione mobile, perdendo oltre 1,3 milioni di opportunità e non comunicando efficacemente con il loro pubblico.

Il grande paradosso del mobile: più traffico, meno risultati

Diciamocelo, i numeri parlano chiaro e questa volta lasciano poco spazio alle interpretazioni.

Nonostante l’83% del traffico sulle landing page provenga ormai da dispositivi mobili, queste stesse pagine convertono mediamente l’8% in meno rispetto alle loro controparti desktop.

Questo non è un dato campato in aria, ma emerge da un’analisi mastodontica di Unbounce che ha messo sotto la lente oltre 57 milioni di conversioni.

Tradotto in soldoni, questo divario non è solo una statistica da report, ma rappresenta oltre 1,3 milioni di opportunità di conversione andate letteralmente in fumo.

La cosa che fa riflettere è che tutto questo accade in un’epoca in cui Google ha imposto il mobile-first indexing, costringendo di fatto tutti ad adeguarsi.

Eppure, sembra che per molti l’ottimizzazione per smartphone sia ancora una casella da spuntare svogliatamente prima di pubblicare, piuttosto che il punto di partenza.

Ma allora, se il traffico è lì, perché i risultati non arrivano?

La risposta è più scomoda di quanto si pensi e affonda le radici in due aspetti che continuiamo a sottovalutare.

La velocità (che non c’è) e le parole (che non capiscono)

Il primo colpevole è un nemico invisibile ma letale: la lentezza.

Pare che il 53% dei visitatori da mobile abbandoni una pagina se non si carica entro 3 secondi, un’eternità nel mondo digitale.

E la realtà è ancora peggiore: i dati raccolti da Landingi mostrano che il 70% delle landing page impiega più di 5 secondi solo per rendere visibile il contenuto principale. È un controsenso totale: pretendiamo l’attenzione di un utente che naviga di fretta, magari in metro o in pausa caffè, e lo accogliamo con una schermata bianca.

Ma non è solo una questione di tecnica.

C’è un altro dato, forse ancora più sorprendente, che riguarda il modo in cui comunichiamo. L’analisi di Unbounce ha rivelato che le pagine scritte con un linguaggio semplice, comprensibile da uno studente di seconda media, convertono il 56% in più rispetto a quelle che usano un registro più complesso.

Pensi che usare paroloni e un tono aulico ti renda più autorevole?

I dati dicono l’esatto contrario.

L’utente mobile vuole chiarezza, immediatezza. Non ha tempo né voglia di decifrare concetti arzigogolati. Eppure, questa evidenza sembra scontrarsi frontalmente con la pratica di moltissime aziende.

A chi stiamo parlando davvero?

Il quadro si complica ulteriormente se guardiamo da dove arrivano gli utenti che convertono di più. In cima alla classifica non c’è la ricerca a pagamento, ma l’email, con un tasso di conversione del 19,3%. Questo suggerisce che chi converte è spesso qualcuno che già ti conosce, che ti ha dato fiducia in passato.

È un pubblico “caldo”, che arriva con un’intenzione diversa rispetto a chi clicca su un annuncio per la prima volta.

E questo solleva un dubbio enorme: stiamo costruendo le nostre pagine per attrarre nuovi clienti o, senza rendercene conto, solo per chi è già convinto?

La verità è che, con metà delle landing page non ancora ottimizzate per il mobile sembra che un’intera fetta del mercato stia continuando a costruire la propria casa digitale pensando a un mondo che non esiste più.

Un mondo dominato dal desktop, dove l’utente ha più tempo e pazienza.

Oggi, la realtà è fatta di pollici che scorrono veloci e di una soglia di attenzione ai minimi storici.

Forse, il vero problema non è che il mobile converte meno, ma che troppe aziende non hanno ancora capito come parlare alla stragrande maggioranza del loro pubblico.

E continuano a farlo a loro spese.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

12 commenti su “Il paradosso mobile: perché l’83% del traffico non si traduce in conversioni per le aziende”

  1. Ma certo, l’83% del traffico da mobile e poi ci lamentiamo che non convertono. Forse dovremmo iniziare a pensare che quelle schermate piccole richiedano un approccio diverso dal desktop, non che sia così complicato. Chissà se qualcuno se ne accorgerà prima o poi.

  2. La lentezza del caricamento e il linguaggio oscuro sono i veri ladri di conversioni mobile. Bisogna semplificare, sempre.

    1. Silvia Graziani

      Davide, la tua analisi coglie nel segno. La fluidità dell’interfaccia e la chiarezza del messaggio sono le vere chiavi. Ma la domanda che mi pongo è: quanto di questo “paradosso” deriva da una superficialità di visione?

  3. Benedetta Donati

    Il paradosso mobile: il solito vizio di sottovalutare l’esperienza utente. Le aziende si concentrano sul numero, ignorando che la lentezza e i testi astrusi allontanano i clienti. Non si impara mai, vero?

  4. Patrizia Bellucci

    Ormai è evidente: tanto traffico mobile non si traduce in vendite. Le aziende pensano di fare tutto bene, ma poi il risultato è questo. Forse è ora di smetterla di illudersi che basti esserci.

    1. Simone De Rosa

      Patrizia, l’illusione di cui parli è il solito punto dolente. Si insegue la moda, si ignora la sostanza. L’ottimizzazione mobile è vista come un optional, un’aggiunta, non la base. Il risultato è prevedibile: tanto rumore, poca sostanza. Non vedo grandi cambiamenti all’orizzonte.

  5. Massimo Martino

    Il dato sull’83% di traffico mobile è lampante. Se le landing page non sono fluide e dirette, il risultato è prevedibile. La semplicità di navigazione e un messaggio chiaro sono la chiave per trasformare visite in azioni concrete. Bisogna partire da lì.

  6. Simone Ferretti

    Ancora con questo problema? Le aziende non capiscono che la lentezza è un killer silenzioso. Quando si perde un cliente per colpa di un caricamento lento, è un’occasione persa per sempre.

    1. Antonio Romano

      Simone Ferretti, la lentezza è un dato di fatto, ma anche il linguaggio tecnico non aiuta. Se non parli chiaro al cliente, non conversioni. Diamo un’occhiata alle landing page, non solo ai numeri di traffico.

    2. Sempre la solita storia. Tutta questa enfasi sul mobile, e poi le aziende non si curano nemmeno che le loro pagine si carichino decentemente. Tanto rumore per nulla.

  7. Vanessa De Rosa

    È un peccato che tante aziende investano così tanto nel mobile, per poi fallire proprio dove il pubblico è più presente. Forse un po’ più di attenzione alla User Experience e meno a slogan vuoti sarebbe più proficuo, no?

  8. Vanessa De Rosa

    Certamente, le aziende si lamentano delle conversioni da mobile, ma poi continuano con approcci datati. Mi chiedo se si rendano conto di quanto sia frustrante navigare pagine lente e incomprensibili.

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