Le regole del digitale stanno cambiando.
O sei visibile o sei fuori. Noi ti aiutiamo a raggiungere i clienti giusti — quando ti stanno cercando.
Contattaci ora →Un calo drastico dei click che colpisce soprattutto il traffico intermedio, quello degli utenti che esplorano e confrontano, mentre la fiducia si sposta progressivamente dal brand alla piattaforma.
Una ricerca di Kevin Indig e Eric Van Buskirk rivela che le risposte AI di Google hanno fatto crollare i click da desktop verso i siti web dal 28% all'11%. Questo stravolge il traffico organico e le strategie SEO. Il traffico rimanente è di qualità superiore, ma si perde la fase di esplorazione. Si registra una spaccatura generazionale nella fiducia nell'IA, sfidando l'autorevolezza dei brand.
Meno traffico, ma di qualità superiore? il vero prezzo da pagare
Secondo l’analisi di Indig, ex direttore SEO di colossi come Shopify, il traffico che riesce ancora a raggiungere i nostri siti sarà di qualità molto più alta. Il motivo è semplice: l’utente che arriva da noi ha già ottenuto le risposte di base dall’IA di Google e, se decide di approfondire, è perché ha un interesse reale e qualificato.
Meno curiosi, più potenziali clienti.
Diciamocelo, sembra una buona notizia.
Eppure, c’è un rovescio della medaglia piuttosto amaro.
Le aziende stanno perdendo tutto quel traffico intermedio, quello degli utenti che esplorano, che confrontano, che si informano. Quella fase di “navigazione” era fondamentale per capire cosa funzionava, quali contenuti attiravano l’attenzione e come guidare un utente nel suo percorso di acquisto.
Ora, questo strato di interazione e di dati preziosi svanisce, assorbito da un’intelligenza artificiale che risponde al posto nostro.
La domanda sorge spontanea:
Stiamo forse cedendo a Google non solo il nostro traffico, ma anche la nostra capacità di comprendere a fondo i nostri clienti?
Fiducia e demografia: chi si fida dell’IA e chi resta fedele ai vecchi link
Lo studio ha fatto emergere una spaccatura netta, quasi generazionale. I più giovani si tuffano senza problemi nelle risposte generate dall’IA, le accolgono come la nuova normalità.
Le fasce d’età più mature, invece, mostrano più scetticismo e continuano a preferire i link tradizionali, quelli che portano a un sito web con un’identità chiara. Questo non è un dettaglio da poco, perché ci dice che il fattore decisivo, oggi più che mai, è la fiducia.
Le persone non cercano più solo l’informazione più pertinente, ma quella di cui possono fidarsi.
E qui il gioco si fa complesso.
In un mondo in cui Google stessa diventa la fonte primaria della risposta, come possono le aziende costruire e mantenere la propria autorevolezza? Il rischio è che la fiducia si sposti progressivamente dal brand specifico alla piattaforma che fornisce la risposta immediata.
Una mossa che, guarda caso, tiene gli utenti sempre più a lungo sulla sua piattaforma, rafforzando una posizione dominante che già solleva non poche perplessità.
La partita, insomma, si è spostata su un campo completamente nuovo, dove non basta più essere i primi su Google, ma bisogna farsi scegliere dall’algoritmo e, soprattutto, meritarsi la fiducia di un utente sempre più selettivo.
Interessante come l’IA di Google stia spingendo l’utente a fidarsi più della piattaforma che del sito. Chissà se questo cambiamento cambierà davvero la percezione del valore di un contenuto.
Cambiano le regole, certo. Ma se l’utente trova tutto subito, perché dovrebbe venire da noi? Dubito ci guadagniamo davvero.
La riduzione dei click su desktop verso i siti web, a seguito delle risposte AI di Google, pone interrogativi sulla visibilità dei contenuti. La perdita di traffico esplorativo è un aspetto da considerare attentamente, soprattutto per chi punta sulla scoperta. Resta da capire come i brand si adatteranno a questo nuovo scenario.
Eh, ci ritroviamo tutti un po’ persi in questo mare di risposte pronte. Forse è solo un nuovo modo di navigare, dove la curiosità si trasforma in un attimo, lasciando poco spazio all’erranza. Chissà dove ci porterà tutto questo.
Marco, ma davvero pensi che “porre interrogativi” sia sufficiente? Google ci sta servendo risposte su un piatto d’argento, svuotando i nostri siti. O ci reinventiamo, o finiamo nel dimenticatoio.
Questo cambiamento nell’accesso alle informazioni tramite AI ridimensiona l’importanza del traffico organico tradizionale. Le aziende dovranno ripensare come farsi trovare, forse focalizzandosi su contenuti ancora più specifici e di valore.
Il calo dei click da desktop è un dato concreto, ma la qualità del traffico rimanente andrà verificata. Il rischio di una dipendenza totale dalla piattaforma Google è palpabile.
Tutta questa storia dell’IA che riassume tutto è un bel modo per svuotare le nostre tasche, no? E ci lasciano solo con l’elite dei curiosi.
La perdita di click da desktop è un dato preoccupante. Sembra che l’IA di Google stia diventando il punto di riferimento principale, saltando la fase di ricerca vera e propria sui siti. Ci resta da capire come mantenere visibilità con un approccio così diretto.
Dunque, l’IA di Google ci ruba il pane di bocca, lasciandoci solo briciole. Se il traffico diventa più qualificato, bene, ma a che prezzo perdiamo l’esplorazione? Chissà se il brand tornerà mai ad avere un peso.
Ma che storia è questa? Google si fa il suo show, e noi dobbiamo accontentarci delle briciole, con traffico “di qualità” che nemmeno hanno cercato. Se l’utente vuole solo la risposta pronta, che se la tenga l’IA. Ma dove finisce la scoperta?
Ma che discorsi, l’IA ti dà la risposta pronta e voi vi lamentate? Il traffico diminuirà, ma chi arriverà saprà cosa vuole. È una selezione naturale, altro che terremoto. La gente è pigra, facile accontentarsi.
E così, l’IA si prende la gloria, noi il rimasuglio. Il brand non conta più, conta la piattaforma. Prevedo solo più rumore e meno substantia per chi crea contenuti.
Ma figuriamoci, un crollo dell’11%? E poi dicono che non ci danneggiano. Ridicolo che la gente si fidi più di un algoritmo che di chi ci mette anima e corpo.
Ma quindi, la ricerca diventa un contorno, non più la destinazione? Chi ci guadagna davvero in questo scenario?