L’8 ottobre 2025 il motore di risposta di Big G sbarca in Europa (Francia esclusa): adesso la visibilità del tuo brand si gioca dentro le risposte, non più nei risultati
📌 TAKE AWAYS
L’8 ottobre 2025 Google ha lanciato AI Mode in tutta Europa, compresa l'Italia (solo la Francia rimane fuori).
La ricerca diventa sempre più conversazionale: Google risponde direttamente invece di mostrare link.
Stamattina è successo. Caffè in mano, la solita routine prima che la giornata di lavoro esploda.
Apro Google e lo vedo lì, discreto ma inequivocabile: un nuovo pulsante, “AI Mode”.
Ho fatto quel tipo di sorriso che si fa quando sai che sta per iniziare il divertimento.
O il caos.
Dipende dai punti di vista (e da quanto si sia preparati alla novità…).
Se mi leggi con una certa frequenza, sai da quanto tempo ti sto preparando a questo momento, per cui non dovresti esser stupito, giusto?
L’8 ottobre 2025 non sarà più un giorno qualunque. È il giorno in cui Google ha ufficialmente premuto l’interruttore del futuro anche in Italia.
Mentre fissavo quello schermo, ho pensato a te.
Capisco che l’ultima cosa di cui hai voglia è un’altra sigla astrusa di cui preoccuparti. Non ne sentivi la mancanza, immagino…
Scommetto che ti stai chiedendo:
“Perfetto. E adesso cosa si sono inventati? Devo iniziare a parlare con un robot per farmi trovare dai clienti?”.
So che l’unica cosa che ti interessa è che il tuo brand sia visibile e che continui a generare contatti, vendite, crescita.
Bene, il mio lavoro è proprio questo: trasformare questi cambiamenti epocali da minacce in opportunità.
E quello che sta succedendo è l’opportunità più grande degli ultimi dieci anni.
Ma solo per chi la capisce.
Che cos’è davvero questa AI Mode, in parole semplici?
Fino a ieri Google era come quel consulente super efficiente che, appena gli chiedi un consiglio, ti risponde con una lista infinita di link, articoli, video, forum e opinioni: “Ecco qua, arrangiati”.
Con AI Mode la musica è cambiata. Ora Google non ti passa più i volantini, ti parla.
È come se quel tipo avesse finalmente imparato a fare conversazione.
Gli chiedi “come faccio a far crescere il mio brand?”, e invece di buttarti addosso venti risultati, ti risponde direttamente: argomenta, riassume, collega.
Ti spiega le cose come se ti conoscesse da anni.
È diventato un “motore di risposta” a tutti gli effetti, praticamente un chatbot (con buona pace di Liz Reid…).
Un po’ saccente, certo, ma brillante. E per la prima volta, invece di aprire dieci schede, resti lì, a parlare con lui.
Ti prepara un riassunto ragionato, completo e articolato, prendendo le informazioni migliori da più fonti.
Non solo. Anticipa le tue prossime domande, ti mostra immagini e video pertinenti, ti offre una risposta completa, quasi un piccolo dossier.
Annunciata il 5 marzo 2025 e ora estesa a oltre 200 paesi, Italia inclusa, AI Mode è una mutazione genetica della ricerca che diventa così sempre più conversazionale.
Puoi farle domande complesse come: “Voglio aprire un piccolo bar a Milano. Preparami una tabella comparativa dei migliori fornitori di caffè artigianale, considerando prezzo, sostenibilità e tempi di consegna”.
Prova a fare una domanda del genere al vecchio Google. Avresti passato ore a saltare da un link all’altro.
E intanto ti dimenticavi pure quale fosse la domanda iniziale, perso com’eri tra mille informazioni.
Dietro le quinte, AI Mode usa una tecnica chiamata query fan-out.
In pratica, scompone la tua domanda complessa in tante sotto-domande e lancia ricerche simultanee, assemblando poi una risposta coerente.
È multimodale: puoi chiederle cose a voce o persino scattando una foto a un oggetto.
Ma la vera domanda è un’altra: se la risposta la dà Google, perché qualcuno dovrebbe ancora visitare il mio sito?
Il vero cambiamento: Google non “classifica” più, “comprende”
Per anni, la SEO (l’arte di essere visibili su Google) si è basata su regole precise: parole chiave, link in entrata, ottimizzazione tecnica. Facevamo in modo che il nostro sito piacesse agli algoritmi. Ora, questo non basta più. Anzi, è diventato solo il biglietto d’ingresso.
Google ha dichiarato che le pratiche SEO tradizionali rendono una pagina “idonea” a comparire. Idonea, non vincente. La vera partita si gioca altrove, in un sistema chiamato FastSearch.
Documenti trapelati dai processi antitrust di Google ci hanno rivelato questo nome. FastSearch è il motore che alimenta AI Mode. E non ragiona come il vecchio algoritmo.
Si basa su un modello di deep learning chiamato RankEmbed, che non si limita a contare le parole chiave o i link.
RankEmbed ha una comprensione semantica del linguaggio, quasi umana. Capisce il contesto, l’intento profondo di una ricerca e la qualità reale di un contenuto.
Cosa significa per te?
Che Google non si chiede più “questa pagina parla di X?”, ma “questa pagina risponde in modo esaustivo, autorevole e chiaro alla domanda dell’utente su X, e anche a quelle che non ha ancora fatto?”
Sceglie pochissime pagine “fondanti” e costruisce la sua risposta su quelle.
I segnali che usa sono semantici e comportamentali, basati sull’analisi di miliardi di ricerche.
La qualità, la struttura e il valore informativo del tuo contenuto sono diventati i veri protagonisti.
L’elefante nella stanza: la fine dell’attribuzione
C’è un altro effetto collaterale, ed è quello che sta facendo venire il mal di testa a tutti i marketer. Con AI Mode, il traffico non è più tracciabile come prima.
Né Google Analytics né Search Console ti permettono di distinguere una visita proveniente da un link nella risposta IA da una visita organica tradizionale.
È tutto nello stesso calderone, e questo non può che creare malumori, nonostante le rassicurazioni di Sundar Pichai.
Questo è ciò che Mordy Oberstein, un noto esperto del settore, (lo intervisteremo presto su SEO Confidential, per cui stai in campana!), chiama l’alba dell’era “post-attribuzione”.
Per anni siamo stati ossessionati dal tracciare ogni click, ogni conversione.
Ora, quel mondo si sta sgretolando.
L’attenzione si sposta dal “come è arrivato sul mio sito?” al “perché ha scelto proprio me?”
La risonanza del brand, l’autorevolezza e la fiducia diventano le metriche più importanti, anche se più difficili da misurare.
La gente potrebbe vedere il tuo nome citato in una risposta IA, non cliccare, ma cercarti direttamente il giorno dopo.
Come lo misuri? Non puoi.
Devi solo assicurarti di essere lì, citato come la fonte autorevole, come ci ha detto anche Gennaro Cuofano nel corso della nostra intervista.
La prova del nove: lo studio su AI Mode che devi conoscere
Tutto questo potrebbe sembrare teoria, ma abbiamo dati concreti.
E potrebbero stupirti.
Kevin Indig, uno dei più brillanti analisti SEO al mondo, ha condotto uno studio approfondito sul comportamento degli utenti dentro AI Mode.
I risultati sono un pugno nello stomaco per chi pensa che nulla sia cambiato.
Ecco cosa ha scoperto il suo team, analizzando 250 sessioni di ricerca.
AI Mode è una calamita: gli utenti non escono
In quasi il 78% delle sessioni, gli utenti non hanno mai cliccato su un link esterno.
Hanno letto la risposta di AI Mode, l’hanno trovata sufficiente e hanno chiuso la ricerca.
Il tempo medio speso all’interno della risposta IA?
Tra i 50 e gli 80 secondi. Una vita, quando si parla del web.
Ciò significa che la tua nuova “homepage” potrebbe essere la risposta di Google.
L’obiettivo primario non è più solo “ricevere il click”, ma “essere la fonte citata” in quella risposta.
La visibilità del tuo brand all’interno del riassunto AI deve divenire la tua priorità.
I click sono rari e quasi sempre transazionali
Il numero medio di click esterni per sessione è stato… zero.
Sì, zero.
(Anche per questo motivo Big G sembra stia correndo ai ripari, dopo le rimostranze degli editori…).
I pochi click avvenivano solo quando l’intento era chiaramente di acquisto, ad esempio quando il compito era “metti un prodotto nel carrello”.
Le ricerche informative e comparative, quelle che una volta portavano traffico “in alto nel funnel”, ora si risolvono quasi interamente dentro Google.
Perciò quei pochi click che riceverai saranno di altissima qualità.
L’utente che arriva sul tuo sito da AI Mode ha già fatto le sue valutazioni, ha letto la sintesi e ha deciso che tu sei la soluzione.
La tua pagina di destinazione deve essere perfetta, senza frizioni, pronta a convertire. Non hai una seconda possibilità.
Ma per far ciò devi affidarti a un consulente SEO che sappia mettere a punto una strategia al passo coi tempi, senza paura di sperimentare e correggere la rotta, se serve.
Solo così si possono conquistare i motori di risposta IA, provando cose nuove, non adagiandosi sugli allori. Sì, perché chi si ferma a ricordare i bei tempi andati è perduto.
O per dirla col fumettista Andrea Pazienza: tornare indietro sì, ma solo per prendere la rincorsa!
Google abbina il “tipo di sito” all’intento
Lo studio di Indig ha rivelato uno schema ferreo. Per ricerche di acquisto generiche, AI Mode privilegia i marketplace (Amazon, Walmart).
Per acquisti specifici, cita direttamente i brand. Per i confronti tra prodotti, mostra siti di recensioni autorevoli.
Per sapere cosa pensa la gente di un prodotto, fa emergere discussioni su Reddit e articoli di magazine.
In virtù di questo, devi capire qual è il tuo ruolo.
Non puoi più sperare di posizionarti per tutto.
Se sei un brand, devi essere la massima autorità sul tuo prodotto. Se vendi tanti prodotti, devi competere con i marketplace.
Se sei un editore, il tuo pane sono i confronti e le recensioni approfondite.
La strategia, insomma, deve essere mirata.
Per lavorare in questa direzione devi rivolgerti a un’agenzia SEO che stia sul pezzo. Che non cada dalle nuvole quando anche da noi in Europa arrivano novità così dirompenti da oltre oceano.
Ogni riferimento ad AI Overviews o AI Mode è puramente voluto.
Conquista la “fiducia” dei motori di risposta IA (compreso AI Mode)
È un grande momento di trasformazione. Tutto si muove, tutto evolve.
AI Mode è un nuovo modo di usare Google, più naturale, diretto, umano.
Se ci pensi, ogni evoluzione tecnologica nasce così, da un’idea che all’inizio sembra piccola e invece cambia tutto.
AI Mode trasforma Google in un vero interlocutore, capace di rispondere, approfondire, collegare.
È come parlare con qualcuno che ha già letto tutto, ma sa dirti solo ciò che ti serve davvero. E più lo usi, più capisce il contesto, la tua intenzione, il tuo tono.
È un dialogo, non una caccia al click.
Questo nuovo paradigma premia chi sa creare valore reale. Non si parla più di keyword isolate, ma di percorsi informativi completi: testi che guidano, spiegano, costruiscono fiducia. Ogni contenuto diventa un tassello di una relazione, non un messaggio lanciato nel vuoto.
Per questo la struttura e la chiarezza diventano fondamentali. L’intelligenza artificiale “capisce” davvero solo ciò che è limpido. Ogni titolo deve guidare, ogni paragrafo deve avere un senso preciso, ogni informazione deve servire a costruire conoscenza.
Quando un testo è organizzato bene, diventa leggibile tanto per le persone quanto per l’IA: Google non lo vede più come una pagina, ma come una fonte autorevole.
E il brand resta il cuore di tutto. Oggi le ricerche parlano, perciò è la fiducia a fare la differenza.
Un marchio riconosciuto, che comunica con competenza e coerenza, diventa parte stessa delle risposte di Google. È così che si conquista la visibilità nei motori di risposta IA.
La ricerca è diventata conversazione, e il futuro appartiene a chi ha qualcosa di autentico da dire.
AI Mode non è la fine di qualcosa, è l’inizio di un nuovo modo di farsi ascoltare.
Chi saprà unire intelligenza, creatività e visione oggi costruirà il vantaggio di domani.
Se vuoi iniziare già da oggi a capire come conquistare AI Mode e i nuovi motori di risposta IA (anche quelli che verranno), scrivi qui alla mia agenzia.
AI Mode arriva in Italia: domande frequenti
Quando arriva Google AI Mode in Italia e cosa cambia per gli utenti?
L’8 ottobre 2025 Google AI Mode è arrivato ufficialmente anche in Italia, segnando l’inizio di una nuova era per la ricerca online. Da semplice motore di ricerca, Google diventa un motore di risposta capace di dialogare con l’utente, sintetizzare le informazioni e fornire risposte complete, senza obbligare a consultare più pagine.
In che modo AI Mode trasforma la SEO tradizionale?
Google non si limita più a classificare le pagine in base a parole chiave o link, ma le comprende nel loro contesto. Premia contenuti strutturati, autorevoli e semanticamente coerenti, scegliendo poche fonti affidabili su cui basare le proprie risposte.
Come cambia la visibilità dei brand con AI Mode?
Con AI Mode il traffico diretto dai risultati di ricerca diminuisce, ma cresce l’importanza della reputazione. Essere citati come fonte attendibile nelle risposte di Google diventa la nuova forma di visibilità: l’obiettivo non è più ottenere click, ma costruire fiducia e riconoscibilità nel lungo periodo.
Una nuova alba per la ricerca, un invito a creare contenuti con un’anima, a danzare tra le parole per essere scelti. Mi chiedo se il pensiero umano potrà mai competere con la pura logica.
Ma davvero credono che basti la “qualità semantica”? Mi pare che questo AI Mode premiere solo chi ha già il coltello dalla parte del manico. E noi?
Quindi adesso per apparire devi fare il lecchino a Google, eh? Bella roba.
Bene, quindi adesso la mia reputazione online dipende da se Google mi considera “autorevole”. Ottimo. Ci pensiamo noi a far capire all’algoritmo che esistiamo, vero?
Finalmente Google si muove! Bisogna adattarsi subito, altrimenti si resta indietro. La visibilità ora è una scommessa diversa.
Ma si rendono conto? Tutta la mia fatica per la visibilità vanificata da un algoritmo che decide lui chi è autorevole. Che senso ha tutto questo lavoro allora?
Sembra che il web stia davvero aprendo nuove porte, un po’ come un libro che si sfoglia da solo, rivelando storie inaspettate. Dove ci porterà questo viaggio di risposte?
Tutto questo mi puzza di ennesima fregatura per chi, come me, ha investito anni a costruire qualcosa di solido. Ora si punta tutto sulla “fiducia” pre-selezionata da un algoritmo? Una pacca sulla spalla a chi ha le tasche piene, e gli altri che si arrangino.
Un vero balzo nel futuro, le risposte dirette cambiano tutto, mi perdo un po’ a pensare dove ci porterà tutto questo.
Prevedibile. Le vecchie metriche SEO sono obsolete. Ora conta solo l’autorità reale, non le scorciatoie.
È come se il web stesse iniziando a sognare, a rispondere con la sua stessa voce. Chissà se poi ci ricorderemo ancora come si cercano le cose, o se ci lasceremo cullare da queste risposte perfette.
Interessante questa svolta, ma mi chiedo se la vera autorevolezza non si perderà nel mare di risposte preconfezionate.
Questa evoluzione cambierà il modo in cui i brand costruiscono la loro presenza online, puntando sulla qualità del contenuto.
Quindi, finalmente anche noi avremo il piacere di vedere la nostra visibilità brand giocarsi dentro risposte AI. Come se la vecchia gara ai link fosse stata una passeggiata. Ora ci diranno che conta la “qualità semantica”. Vedremo quanto resteremo aggrappati alle vecchie abitudini.
La transizione verso un motore di risposta mi lascia perplessa. Come imprenditrice, temo che la visibilità del mio brand possa dipendere ancora di più da fattori che fatico a controllare. La fiducia e l’autorevolezza sono difficili da costruire, ma sembrano diventare l’unica valuta.