Microsoft e l’AI: il nuovo gioco dei contenuti tra “snippability” e crollo del traffico

Anita Innocenti

Le regole del digitale stanno cambiando.

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Mentre Microsoft detta le regole per l’AI, i creatori di contenuti temono di diventare fornitori a basso costo, vedendo il traffico diminuire drasticamente.

Microsoft ha svelato le sue linee guida per contenuti AI-friendly, puntando sulla "snippability" (la capacità di un testo di essere estratto e citato come risposta autonoma da motori di ricerca o assistenti AI). Questo nuovo paradigma, però, sta erodendo il traffico organico, con un calo del 34,5% nei click per le prime posizioni. Si profila un futuro in cui i creatori diventano fornitori di informazioni gratuite per le AI, rischiando la disintermediazione e la perdita di visibilità diretta.

La grande illusione: più visibilità, meno traffico

E qui, purtroppo, i numeri iniziano a parlare, e non dicono cose piacevoli.

Mentre Microsoft ci incoraggia a diventare “AI-friendly”, i dati raccontano una storia diversa, una di click-through rate in picchiata.

L’introduzione delle risposte generate dall’AI sta erodendo pesantemente il traffico organico: parliamo di un crollo del 34,5% nel tasso di click per la prima posizione quando compare una “AI Overview”.

In pratica, puoi essere il primo della classe, ma se la maestra fa il riassunto per tutti, nessuno verrà più a leggere il tuo compito.

Questa tendenza non è un caso isolato, ma una valanga che sta prendendo velocità. L’adozione di queste funzionalità è cresciuta del 72% in un solo mese all’inizio dell’anno, segno che i motori di ricerca stanno spingendo forte su questa tecnologia.

Ci stanno vendendo un futuro più efficiente per l’utente, ma per chi crea contenuti, il rischio concreto è di trasformarsi in fornitori di materia prima a costo zero per le loro risposte.

E mentre il nostro traffico potenziale si dissolve, loro ci spiegano candidamente come possiamo diventare fornitori ancora migliori.

Diventare “i prescelti” dell’algoritmo

E come si diventa fornitori ideali, secondo Microsoft?

La ricetta, come riportato su Search Engine Journal, suona quasi come un manuale di buona scrittura: titoli chiari, paragrafi brevi e auto-conclusivi, uso di elenchi e tabelle, e l’immancabile schema markup per dare una mano all’AI a capire di cosa stiamo parlando. In parole povere, dobbiamo strutturare le nostre pagine non più per un lettore umano che naviga, ma per un robot che deve “saccheggiare” informazioni nel modo più rapido possibile.

Ma il punto non è solo tecnico. L’AI, ci dicono, è addestrata per combattere la disinformazione, quindi privilegia fonti che ritiene autorevoli. E qui si apre un mondo.

Non basta più avere un buon ranking; bisogna essere considerati una fonte attendibile, una sorta di “prescelto” dall’algoritmo. Questo sposta il focus sulla costruzione di una solida autorità tematica e sulla dimostrazione di esperienza reale, come suggeriscono diversi esperti del settore. I modelli linguistici cercano ecosistemi di contenuti coerenti e approfonditi, non pagine isolate.

Il problema?

I criteri con cui l’AI giudica l’autorevolezza restano chiusi nelle loro scatole nere.

L’autorità è nelle mani di chi scrive il codice

E così, il cerchio si chiude.

Per essere visibili, dobbiamo non solo seguire le loro indicazioni tecniche, ma anche rientrare nei loro parametri, piuttosto opachi, di fiducia e autorevolezza. La partita si è spostata da un piano tecnico a uno quasi editoriale, dove però l’editore è un algoritmo di cui non conosciamo fino in fondo le logiche.

Le “linee guida” di Microsoft, più che un aiuto, suonano come le nuove condizioni di un contratto non scritto che stiamo accettando passivamente.

La promessa è quella di una ricerca più intelligente, ma il prezzo sembra essere la disintermediazione dei creatori di contenuti.

Stiamo passando dall’essere la destinazione finale del viaggio dell’utente a una semplice fermata intermedia, una nota a piè di pagina nella risposta confezionata da qualcun altro.

La domanda che dobbiamo porci, quindi, non è solo come adattarci, ma fino a che punto siamo disposti a giocare a un gioco in cui le regole le detta, e le cambia, sempre e solo il banco.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

13 commenti su “Microsoft e l’AI: il nuovo gioco dei contenuti tra “snippability” e crollo del traffico”

  1. Microsoft crea il suo giocattolo, noi forniamo il materiale a costo zero. L’idea di visibilità tramite “snippability” mi pare una fregatura elegante. Alla fine, chi ci guadagna veramente?

    1. Vanessa De Rosa

      Paola, il “giocattolo” di Microsoft è un assegno in bianco per loro. Ci trasformano in carburante per le loro macchine, sperando che ci accontentiamo di briciole. Non è una fregatura elegante, è un furto legalizzato.

      1. Ennesima trovata per monetizzare il lavoro altrui. La “snippability” è solo un altro modo per farci diventare fornitori di dati senza ritorno. E noi, come sempre, ci caschiamo.

    2. Massimo Martino

      Capisco perfettamente il tuo punto, Paola. Temo che stiamo diventando solo ingranaggi in un processo più grande, un po’ come se il nostro lavoro fosse la linfa vitale di qualcos’altro, senza benefici diretti.

  2. Giorgio Martinelli

    Ma questa “snippability” è un insulto al valore del lavoro. Si pensa di prendere il frutto del nostro ingegno senza ricompensa? Ridicolo.

  3. Francesco De Angelis

    Il modello di “snippability” proposto da Microsoft implica una riduzione dei click diretti. Se il contenuto diventa facilmente estraibile, il valore per il creatore si sposta. Una prospettiva a lungo termine per la monetizzazione dei contenuti è necessaria.

    1. Alessandro Lombardi

      Quindi, se ho capito bene, devo fare il garzone digitale per l’AI? Bell’affare. Chi ci guadagna davvero?

    2. Andrea Cattaneo

      Questa “snippability” mi preoccupa parecchio. Se le risposte AI prendono tutto, dove finisce il lavoro di chi crea? Mi sento un po’ perso, sinceramente. Non vorrei che il mio impegno diventasse invisibile.

      1. Francesco De Angelis

        Il modello di “snippability” favorisce l’estrazione di informazioni a discapito del traffico organico. L’impatto sui creatori di contenuti appare economicamente sfavorevole.

  4. Giuseppina Negri

    La “snippability” sembra una scorciatoia, ma nasconde un silenzioso impoverimento della catena informativa.

    1. Maurizio Greco

      Ma figuriamoci se poi devo pure adattare i miei scritti per farli piacere a un bot. La mia autorialità vale di più.

    2. Federica Testa

      Capisco il timore dei creatori. Questa “snippability” sembra una mossa audace, ma il rischio di diventare meri fornitori di dati mi lascia perplessa. Dove va a finire il valore reale?

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