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Meta chiude le API a ChatGPT: una strategia per favorire lo sviluppo di soluzioni IA proprietarie e riprendere il controllo sull’esperienza utente di WhatsApp
Stop a ChatGPT su WhatsApp dal 15 gennaio 2026. Meta ha imposto nuove policy, vietando i chatbot "general-purpose" e ponendo fine all'integrazione. Questa decisione colpisce 50 milioni di utenti, che dovranno migrare. OpenAI invita a collegare gli account per salvare le conversazioni e sta ora promuovendo le sue piattaforme proprietarie come alternativa completa.
La stretta di Meta: una policy che cambia le regole del gioco
Ufficialmente, si tratta di un aggiornamento delle policy relative alle API Business di WhatsApp. Come descritto dalla stessa OpenAI, le nuove regole vietano esplicitamente l’accesso alla piattaforma da parte di chatbot di intelligenza artificiale “general-purpose”, ovvero quelli non specializzati in un singolo compito.
Una definizione che, guarda caso, calza a pennello per ChatGPT.
La motivazione di facciata è quella di voler mantenere un maggiore controllo sull’infrastruttura e sull’esperienza utente. Dopotutto, stiamo parlando di una piattaforma con oltre due miliardi di persone.
Lecito, certo, ma è difficile non pensare che, dietro questa mossa, ci sia anche la volontà di spianare la strada alle proprie soluzioni di IA, eliminando un concorrente così ingombrante.
Una mossa che, diciamocelo, lascia più di 50 milioni di utenti con un bel problema da risolvere.
50 milioni di utenti a piedi: e ora?
Sì, hai letto bene.
Sono oltre 50 milioni le persone che si erano abituate a interrogare l’intelligenza artificiale direttamente dalle loro chat. Ora, per loro, si apre la questione di come salvare le conversazioni passate.
La faccenda non è così semplice come potrebbe sembrare: WhatsApp non supporta un export automatico e, come riportato nella comunicazione ufficiale di OpenAI, l’unica via per non perdere lo storico è quella di collegare il proprio numero di telefono a un account ChatGPT prima della fatidica scadenza.
Questo implica scaricare l’app ufficiale e seguire una procedura di collegamento. In pratica, si viene gentilmente accompagnati verso la porta di uscita, con l’invito a continuare la conversazione altrove.
E mentre gli utenti si organizzano per salvare le proprie chat, OpenAI non sta certo a guardare.
La risposta di OpenAI: un invito (forzato) a giocare in casa
Costretta a reagire, OpenAI sta ovviamente cercando di trasformare un problema in un’opportunità. La mossa è chiara: spingere l’intera base di utenti di WhatsApp verso le proprie piattaforme proprietarie.
L’azienda sta infatti promuovendo attivamente le sue app per iOS, Android, web e persino la versione per macOS, ChatGPT Atlas. Il messaggio è sottile ma inequivocabile: l’esperienza su WhatsApp era limitata; il vero potenziale, con funzionalità avanzate come le conversazioni vocali e il caricamento di file, si trova solo “a casa loro”.
Una strategia comprensibile per non perdere il contatto con milioni di persone, ma che di fatto segna la fine di un’integrazione che per molti era diventata una comoda abitudine quotidiana.
Alla fine, questa storia ci ricorda una cosa molto semplice: quando giochi in casa d’altri, è il padrone di casa a dettare le regole.
Spesso, senza troppo preavviso.

Quindi Meta fa il barista che serve solo i suoi drink. 🍸 Mi chiedo se offriranno anche i bicchieri brandizzati. 🤔
Certo, certo, un altro capitolo nella saga del controllo. È come vedere un giardiniere che, invece di potare, strappa i fiori migliori per piantarne solo di suoi. Alla fine, conta chi detiene le redini del giardino.
Carlo, la tua metafora del giardiniere è perfetta! Un seme di idee, soffocato. Sembra che controllino tutto, come un ragno nella sua tela. Paura.
Meta: chiude la porta, apre una nuova strada. Il futuro IA è un labirinto.
Meta apre le sue porte AI, chiudendo quelle altrui. Una mossa da scacchista, pensando al futuro del proprio regno.
Un peccato. Le idee fioriscono come semi, ma i muri le soffocano.
Ah, un altro colpo di scena dai giganti tech. Meta blocca ChatGPT. Sorpresi? Io no. È solo la solita vecchia storia: controllo totale. Mi chiedo solo quanto tempo ci metteranno a venderci pure l’aria che respiriamo.
Ah, il solito copione. Meta blocca, Meta controlla. Si parla di “nuove policy”, ma è solo la solita vecchia storia: chi detiene la piattaforma detta legge. Chissà se l’esperienza utente migliorerà davvero con meno opzioni.
Prevedibile. Il monopolio vince sempre. Nuove barriere da superare.
Ma che sorpresa, i monopoli che giocano a nascondino con le API. Chissà se i 50 milioni di utenti apprezzeranno la “libertà di scelta” di Meta.
Meta spinge per il suo futuro IA. L’utente, sempre in bilico?
Ma certo, Meta che blocca ChatGPT. Non mi dire. Chi avrebbe mai pensato che un gigante tecnologico volesse mantenere il controllo del proprio giardino? Certo che poi ci si ritrova a dover migrare, che fatica. E noi, poveri utenti, cosa facciamo? Ci adeguiamo o cambiamo campo?
Meta erige muri. Il mio giardino fiorirà altrove.
Ma guarda un po’, il gigante social che stringe la morsa, nascondendo le API come un tesoro custodito. Un bel calcio nei denti per chi cercava un po’ di “magia” tra i messaggi.
Ovviamente. Meta, maestra nell’arte di soffocare le opzioni altrui per promuovere le proprie, dimostra ancora una volta la sua visione aziendale. Chi si aspettava diversamente?
Ecco, l’ennesimo pugno in faccia al progresso; le solite tattiche di potere.