ChatGPT Atlas: il browser di OpenAI, tra innovazione, privacy e sicurezza irrisolta

Anita Innocenti

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ChatGPT Atlas promette una navigazione assistita, ma la “memoria” del browser e le vulnerabilità legate al “prompt injection” sollevano interrogativi sulla sicurezza dei dati personali e sulla reale affidabilità del sistema.

OpenAI ha lanciato ChatGPT Atlas, un browser AI che promette di rivoluzionare la navigazione, ma solleva gravi dubbi. La sua funzione di 'memoria' è poco trasparente e la vulnerabilità di 'prompt injection' è definita 'irrisolta' dal CISO di OpenAI. Questi fattori minano la fiducia, mettendo a rischio privacy e sicurezza degli utenti di fronte a un'innovazione forse troppo affrettata.

Il browser che ricorda un po’ troppo

Uno degli aspetti più controversi di Atlas è la sua funzione di “memoria”. In pratica, il browser tiene traccia dei siti che visiti, delle azioni che compi e dei link su cui clicchi per “imparare” da te e assisterti meglio.

OpenAI si affretta a dire che le informazioni più sensibili, come password o dati medici, non vengono memorizzate. Eppure, alcune ricerche hanno mostrato che il sistema ha trattenuto informazioni relative a iscrizioni a servizi sanitari, dati che chiunque considererebbe privati.

Il vero problema è la mancanza di trasparenza, come si evince da questo articolo del Washington Post. Tentare di escludere un sito dalla memoria è tutt’altro che intuitivo e, peggio ancora, cancellare la cronologia non sembra eliminare in modo affidabile tutto ciò che il browser ha “imparato” su di te.

Si crea così una zona grigia in cui non sai mai con certezza quali frammenti della tua attività online restino archiviati.

E se questo già ti fa storcere il naso, aspetta di sentire qual è il rischio che nemmeno i vertici di OpenAI negano.

L’attacco che nessuno sa come fermare

Il pericolo più grande si chiama “prompt injection“. Non è solo un termine tecnico per addetti ai lavori, ma una vulnerabilità fondamentale che lo stesso Chief Information Security Officer di OpenAI, Dane Stuckey, ha definito “una frontiera, un problema irrisolto”.

In parole semplici, un malintenzionato può nascondere istruzioni malevole all’interno di una pagina web o di una mail.

Quando Atlas analizza quel contenuto, l’intelligenza artificiale viene ingannata ed esegue comandi indesiderati, come inviare dati privati o credenziali a un server esterno.

Pensa alle conseguenze: l’agente AI potrebbe essere manipolato per accedere alla tua casella di posta e inoltrare email sensibili senza che tu te ne accorga.

OpenAI afferma di aver implementato strati su strati di difese, ma l’ammissione del suo stesso capo della sicurezza la dice lunga: stanno combattendo una battaglia contro un avversario che, al momento, sembra avere sempre una mossa di vantaggio.

Ma allora, le loro contromisure sono una vera protezione o solo un tentativo di arginare una falla strutturale?

Una questione di fiducia, non solo di tecnologia

Di fronte a queste criticità, OpenAI risponde con una promessa: l’obiettivo è far sì che tu possa fidarti di ChatGPT Atlas “come ti fideresti del tuo collega più competente e affidabile”.

Il paragone, però, non regge. Se un collega tradisce la tua fiducia, ci sono conseguenze reali, sociali e legali.

Se a tradirti è un sistema AI a causa di una vulnerabilità, di chi è la colpa?

Dell’azienda? Dell’hacker?

La responsabilità si dissolve.

Lanciare un prodotto con un problema di sicurezza così fondamentale e “irrisolto” solleva un dubbio legittimo: si sta dando la priorità all’innovazione a tutti i costi, mettendo in secondo piano la protezione reale dei dati degli utenti?

Finché il prompt injection rimarrà una porta aperta e la gestione della memoria così opaca, affidare la propria navigazione a ChatGPT Atlas assomiglia più a un atto di fede che a una scelta consapevole.

E nel mondo digitale, la fede è spesso una pessima consigliera.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

15 commenti su “ChatGPT Atlas: il browser di OpenAI, tra innovazione, privacy e sicurezza irrisolta”

  1. Francesco De Angelis

    Interessante prospettiva. 🧐 La “memoria” di Atlas, seppur utile per personalizzare l’esperienza, mi lascia perplesso. 🤨 La vulnerabilità del “prompt injection” resta un bel punto interrogativo per la nostra privacy. 🛡️ Quanto siamo disposti a cedere in nome della comodità? 🤔

    1. Wow, un browser che ricorda tutto! 🧠 Ma se non è sicuro, è un problema gigante. 😱 Dobbiamo essere super attenti con i nostri dati. 🔒 Che ne dite?

  2. Ma quale “rivoluzione”! Un topo di biblioteca con la sindrome di Cassandra, questo browser. La privacy, un sussurro nell’etere del “prompt injection”.

  3. Ma davvero pensiamo di affidare i nostri dati a un browser che ha la “memoria” di un elefante ma la sicurezza di una porta scardinata? Mi pare un volo pindarico verso l’incertezza, dove il “progresso” rischia di diventare un campo minato per la nostra privacy.

      1. Ma dai, un browser che si “ricorda” tutto e non sa difendersi dalle intrusioni? Sembra una promessa di comodità celando un potenziale disastro per i dati altrui. Che sicurezza ci può essere con un sistema così palesemente vulnerabile? Mi lascia un po’ perplessa.

  4. Beatrice Benedetti

    Ragazzi, ‘sta roba di Atlas che si ricorda tutto è un po’ un delirio, che dite? Promettono mari e monti, ma se poi c’è il rischio di far entrare i lupi nella pecoraia… un po’ me la gioco.

    1. L’audacia di lanciare un browser con “memoria” e vulnerabilità note è un azzardo calcolato. La velocità di questa “innovazione” mette la sicurezza degli utenti in balia di un rischio troppo elevato.

  5. Ma figuriamoci, un altro giocattolo che promette il mondo e ti vende l’anima. 🧠 La “memoria” che non è trasparente e le vulnerabilità irrisolte? Mi ricorda certe promesse elettorali. 🙄 Che poi, chi ha il coraggio di fidarsi di un browser che “impara” troppo? 🤔

  6. Patrizia Bellucci

    Una “memoria” che non è trasparente? Vulnerabilità irrisolte? L’audacia di lanciare qualcosa di simile, senza solidificare le basi della sicurezza. La mia fiducia è meritata, non regalata. La privacy non è un optional, è un diritto. Non possiamo barattare la nostra tranquillità per un’apparente comodità. Bisogna essere più cauti.

  7. Renato Graziani

    Cara comunità, 😔 la sicurezza nei nuovi strumenti è un cammino impervio. Speriamo che la trasparenza prevalga per proteggere la nostra fiducia. ✨

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