La surreale battaglia legale tra Automattic e WP Engine: ora è anche una questione SEO

Anita Innocenti

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Automattic contro WP Engine: una battaglia legale surreale dove accuse di SEO “vintage” nascondono una lotta per il controllo del marchio WordPress e ingenti somme di denaro

Una disputa legale surreale oppone Automattic a WP Engine, con accuse di "keyword stuffing" che evocano strategie SEO obsolete di quindici anni fa. Questa tesi, facilmente smentita dai dati e dal funzionamento attuale dei motori di ricerca, maschera una ben più profonda battaglia per il controllo del marchio "WordPress" e ingenti interessi economici. Un caso che solleva dubbi sulla solidità delle argomentazioni di Automattic.

L’accusa di Automattic: una SEO da manuale… di 15 anni fa

In pratica, Automattic ha messo nero su bianco nelle sue controaccuse che WP Engine avrebbe deliberatamente “infarcito” il proprio sito della parola “WordPress” per manipolare i motori di ricerca.

Secondo loro, come riportato su Search Engine Journal, i motori di ricerca valutano la rilevanza di un sito contando quante volte compare una parola chiave.

Diciamocelo, se fosse vero, saremmo ancora tutti qui a riempire le pagine di testo bianco su sfondo bianco per ingannare l’algoritmo.

Peccato che questa roba non funzioni più da un’era geologica.

Oggi Google e gli altri motori usano sistemi molto più intelligenti, come i modelli linguistici che capiscono il significato e l’intento dietro una ricerca, non quante volte ripeti una parola come un pappagallo.

La stessa Google lo dice chiaramente: l’obiettivo è capire l’intento, non contare le parole.

Ma non devi credere a me sulla parola.

Lasciamo che siano i dati, quelli veri, a parlare e a mostrare quanto sia fragile questa accusa.

I numeri che smontano la tesi

La cosa diventa quasi comica quando si guarda ai fatti. Il sito di Automattic, WordPress.com, si posiziona al secondo posto per la ricerca “Managed WordPress Hosting” senza nemmeno avere quella frase esatta nella pagina.

Questo, da solo, fa crollare tutto il loro castello di carte.

Dimostra che Google capisce il contesto, non cerca la corrispondenza esatta.

E WP Engine?

Analizzando la loro pagina, la parola “WordPress” compare con una densità dell’1,92%.

Parliamoci chiaro: è una percentuale bassissima.

Chiunque faccia il mio mestiere sa che questo non è “keyword stuffing”, è semplicemente descrivere il prodotto che vendi. Anzi, ci sono competitor diretti, indicati da Automattic stessa, che usano quella parola con una frequenza molto maggiore.

Se la strategia SEO è così debole da crollare con due dati in croce, viene da chiedersi: di cosa parla davvero questa battaglia legale?

Dietro la SEO, una guerra per il marchio (e i soldi)

Ed ecco che si arriva al nocciolo della questione.

L’argomento SEO, palesemente debole, sembra più un tentativo di gettare discredito che una vera accusa fondata.

La vera guerra, come descritto da TechCrunch, è sul marchio “WordPress”.

Automattic sostiene che WP Engine, dopo aver ricevuto un massiccio investimento da 250 milioni di dollari, abbia iniziato a usare il marchio in modo improprio per aumentare il proprio valore, presentandosi come “The WordPress Technology Company”.

La disputa, quindi, non è su una manciata di parole chiave, ma sul controllo, sull’influenza e, ovviamente, su un sacco di soldi.

Viene da pensare che quando un’azienda delle dimensioni di Automattic ricorre ad argomentazioni tecniche così datate, forse non ha poi così tante frecce al suo arco.

O, peggio, spera che chi deve giudicare non ne capisca abbastanza di come funziona davvero il web oggi.

E questa, forse, è la parte più preoccupante di tutta la storia.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

2 commenti su “La surreale battaglia legale tra Automattic e WP Engine: ora è anche una questione SEO”

  1. Beatrice Benedetti

    Ma dai, questa storia della SEO “vintage” mi sa di scusa bella e buona. Alla fine, è sempre per il malloppo, no? Speriamo che la giustizia faccia il suo corso.

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