Google Foto si rifà il look con l’IA: un aiuto reale o l’ennesimo modo per darci in pasto agli algoritmi?

Anita Innocenti

Le regole del digitale stanno cambiando.

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Tra filtri, IA e “ricordi su richiesta”, Google Foto diventa uno strumento potentissimo, ma solleva interrogativi sull’uso dei nostri dati e sulla mercificazione della memoria digitale.

Google Foto si rifà il look con l'IA, introducendo "Help me edit" e "Ask Photos" per editing e ricerca semplificati. La comodità è evidente, ma l'articolo evidenza il prezzo: ogni interazione alimenta gli algoritmi di Google, trasformando i nostri ricordi in dati preziosi. La domanda è se stiamo diventando più creativi o cedendo la narrazione della nostra vita per strumenti gratuiti.

Google Foto si rifà il look con l’IA: un aiuto reale o l’ennesimo modo per darci in pasto agli algoritmi?

Diciamocelo, tutti noi abbiamo migliaia di foto accumulate sui nostri telefoni.

Scatti su scatti, ricordi su ricordi.

E quante volte hai provato a modificare una foto, perdendoti tra cursori, filtri e opzioni incomprensibili, per poi abbandonare tutto?

Google sembra aver ascoltato queste frustrazioni e ha deciso di lanciare una serie di novità basate sull’intelligenza artificiale per Google Foto. L’idea è semplice: rendere l’editing e la ricerca delle immagini un gioco da ragazzi.

Ma la domanda che dovremmo porci è un’altra: a quale prezzo ci viene offerta tutta questa comodità?

La novità più discussa è senza dubbio la funzione “Help me edit”, che permette di modificare le foto semplicemente… parlando. Esatto, come riportato su 9to5google.com, ora puoi scrivere richieste come “Rimuovi quella persona sullo sfondo” o “Rendi il cielo più drammatico” e l’IA esegue.

Questo si unisce a un nuovo modello chiamato “Nano Banana”, che permette di applicare stili artistici complessi alle immagini con la stessa facilità.

Sulla carta, è una rivoluzione per chi non è un mago di Photoshop.

Ma fermiamoci un attimo a riflettere: stiamo davvero diventando più creativi o stiamo solo imparando a dare istruzioni a una macchina che applica stili pre-confezionati?

Ogni nostra richiesta, ogni nostra modifica, non fa altro che addestrare l’algoritmo di Google, rendendolo sempre più bravo a capire i nostri gusti, le nostre preferenze, forse anche le nostre insicurezze.

E se modificare una foto diventa una semplice richiesta, trovarla in un archivio sterminato potrebbe essere un problema ancora più grande.

O forse no?

Con “Ask Photos” Google ora legge nei tuoi ricordi

Qui le cose si fanno ancora più interessanti, e forse un po’ inquietanti. Insieme agli strumenti di editing, Google sta estendendo a livello globale la sua funzione “Ask Photos”. In pratica, puoi fare domande dirette alla tua galleria fotografica. Domande come: “Mostrami le foto di quando mia figlia ha imparato ad andare in bici” oppure “Quali sono i posti migliori che ho visitato l’anno scorso?”. L’IA analizza le tue immagini, ne comprende il contesto e ti fornisce le risposte.

È comodo, certo.

Anzi, è potentissimo.

Ma significa anche dare a Google una chiave d’accesso non solo alle nostre foto, ma al significato profondo dei nostri ricordi.

L’algoritmo non vede solo un’immagine: vede relazioni, eventi, luoghi, emozioni. Questi dati, aggregati su milioni di utenti, valgono una fortuna. Permettono di costruire profili utente di una precisione mai vista prima. La convenienza di trovare subito una foto diventa così il cavallo di Troia per cedere, consapevolmente o meno, l’intera narrazione della nostra vita.

Siamo sicuri che tutto questo serva solo a migliorare la nostra esperienza utente?

O stiamo forse fornendo la materia prima per futuri modelli di business che ancora non possiamo neanche immaginare?

Tutta questa tecnologia, offerta gratuitamente, ci porta a una conclusione quasi scontata.

La vera domanda non è cosa fa Google con le nostre foto, ma perché lo fa.

La strategia dietro il “regalo” di Big G

Non siamo ingenui.

Nessuna multinazionale regala strumenti così sofisticati per pura generosità. Questa spinta massiccia sull’IA all’interno di Google Foto è un tassello fondamentale nella guerra dei giganti tecnologici. Ogni modifica che facciamo, ogni ricerca che effettuiamo, ogni ricordo che “chiediamo” all’IA, è un dato prezioso che alimenta e perfeziona i loro modelli di intelligenza artificiale.

Stiamo, a tutti gli effetti, lavorando per loro, gratuitamente.

Siamo noi il prodotto che viene costantemente migliorato.

Queste funzionalità ci rendono la vita più facile, non c’è dubbio. Ma ci rendono anche più dipendenti da un ecosistema chiuso, omologando forse persino il nostro gusto estetico su standard decisi da un algoritmo.

La democratizzazione dell’editing fotografico è un passo avanti, ma dobbiamo essere consapevoli del patto non scritto che stiamo stringendo. La tecnologia avanza, è inarrestabile, ma sta a noi usarla con la testa, mantenendo sempre uno sguardo critico.

Perché la vera sfida, oggi, non è tanto avere lo strumento migliore, ma capire chi controlla davvero le leve del gioco.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

23 commenti su “Google Foto si rifà il look con l’IA: un aiuto reale o l’ennesimo modo per darci in pasto agli algoritmi?”

  1. Gabriele Caruso

    L’IA ci offre scorciatoie, ma il prezzo è la nostra privacy. Un peccato. Spero solo che i nostri ricordi non finiscano in un tritacarne digitale.

    1. Le foto perfette, un miraggio digitale? Alla fine, i nostri ricordi finiscono in un grande magazzino, gestito da occhi elettronici. Un po’ inquietante, non credi?

    2. Gabriele Caruso

      Sempre la stessa musica. Ci offrono l’Eden, ma ci vendono l’anima. L’IA è un velo. Che ci sia un disegno più grande dietro?

  2. Che sollievo che qualcuno si accorga che ‘aiuto’ sia un termine un po’ troppo generoso. Questi marchingegni tecnologici ci offrono comodità, certo, ma il prezzo da pagare è la narrazione della nostra vita ai loro algoritmi. E noi, fedeli clienti, cosa otteniamo in cambio?

    1. Sempre la solita giostra, eh? Ti vendono il paradiso delle foto perfette, ma dietro le quinte c’è un esercito di bit che ingurgita ogni nostro scatto. Non è che mi fidi molto di ‘ste diavolerie, ma ammetto che un paio di volte mi hanno salvato da un disastro. Speriamo non ci facciano pagare il caffè con le nostre memorie, altrimenti sono guai.

  3. Renato Graziani

    Un velo di malinconia sui nostri ricordi, vero? 😔 L’IA promette magie, ma il prezzo è la nostra storia. Sognare insieme i nostri scatti, senza venderli. ✨ Che ne dici?

    1. Che entusiasmo per queste novità! ✨ Mi chiedo solo cosa succederà ai nostri ricordi. Spero che l’IA ci aiuti a creare, non a perdere il controllo. 🤔

  4. Ovvio che siamo solo carne da algoritmo. Certo, “aiuto” per modificare le foto, ma il vero guadagno è il terabyte di dati che collezionano. La nostra vita, venduta.

    1. Ecco, un altro “aiuto” tecnologico che ci vende. Le nostre memorie, ora cibo per la macchina. Dove finisce la creatività, inizia la mercificazione. Chissà se un giorno le foto si editano da sole, tanto per darci meno da fare.

    2. L’IA offre comodità. Ma la comodità ha un prezzo. I nostri ricordi diventano dati, venduti all’asta. La creatività o la mercificazione? Un compromesso che non mi convince.

      1. Ma dai, chi ci crede che è per aiutarci? La comodità è un’esca, i nostri ricordi sono solo pacchi dati da vendere. La creatività? Ma per favore. Alla fine, chi guadagna è sempre Google.

        1. Laura, cara. Certo che ci guadagnano. Comodità è il loro mantra, ma poi le nostre foto finiscono nel loro calderone di dati. La creatività è un’illusione, siamo solo pedine in un gioco più grande.

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