L’Intelligenza Artificiale dice addio all’HTML: nasce AIDI, la nuova interfaccia per i dati del web

Anita Innocenti

Le regole del digitale stanno cambiando.

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L’HTML è obsoleto per l’IA: serve un nuovo standard per comunicare direttamente con le macchine, ma chi controllerà questo accesso privilegiato ai dati?

L'Intelligenza Artificiale trova l'HTML inefficace per l'elaborazione dati. Mike Grehan propone AIDI, l'AI Data Interface: un canale diretto per le macchine tramite dati strutturati come JSON-LD. Questa soluzione mira a migliorare l'efficienza. Tuttavia, solleva un dibattito cruciale: chi controllerà i nuovi standard e il flusso dei dati? Il rischio è che i giganti tecnologici accentrino ulteriormente il potere sul web del futuro.

L’intelligenza artificiale non sa più che farsene dell’HTML

Diciamocelo chiaramente: il web è diventato un caos.

Da una parte abbiamo l’intelligenza artificiale che produce contenuti a un ritmo forsennato, dall’altra le stesse IA che cercano di leggere e capire questo mare di informazioni.

Il risultato?

Un cortocircuito.

Le macchine faticano a distinguere i dati buoni da quelli inutili, perché l’HTML, il linguaggio con cui sono costruite le pagine che navighi ogni giorno, è pensato per gli occhi umani, non per i loro circuiti.

Certo, da anni si parla di dati strutturati, di Schema.org, di tutti quegli accorgimenti tecnici per “suggerire” ai motori di ricerca di cosa parla una pagina.

Ma la verità è che questa strategia sta fallendo miseramente.

Pensa che meno della metà dei siti e-commerce globali li usa correttamente. Per le IA, analizzare l’HTML è come cercare di capire la ricetta di un piatto assaggiandolo: un processo lento, costoso e pieno di possibili errori.

E i giganti della tecnologia, che sulle informazioni ci costruiscono imperi, non possono più permetterselo.

E se la soluzione fosse smettere di far leggere alle macchine le nostre pagine e iniziare a parlare con loro direttamente, in una lingua che capiscono alla perfezione?

Ecco l’AIDI: il web con un’interfaccia per le macchine

Qui entra in gioco un’idea tanto semplice quanto dirompente, lanciata da Mario Fischer, su Search Engine Land: abbandonare l’idea che le macchine debbano “leggere” le pagine web e dare loro un accesso diretto ai dati.

Il concetto si chiama AIDI, acronimo di AI Data Interface, ovvero un’interfaccia dati per l’Intelligenza Artificiale. Non si tratta di un nuovo linguaggio che manderà in pensione l’HTML, ma di un canale parallelo.

Pensa a questo: da una parte la vetrina del tuo negozio (il sito per gli umani, bello e accattivante), dall’altra un magazzino perfettamente ordinato con etichette chiare per i robot (l’AIDI).

In pratica, ogni sito web dovrebbe esporre le sue informazioni chiave – prodotti, articoli, servizi – in un formato pulito e standardizzato, come il JSON-LD, che le macchine possono assimilare all’istante, senza ambiguità.

L’IA non dovrebbe più “grattare via” i dati da una pagina, ma riceverebbe un file già pronto, perfetto. Questo eliminerebbe i costi enormi dello scraping e garantirebbe ai modelli come ChatGPT o Gemini dati di qualità, sempre aggiornati e certificati dalla fonte.

Tutto bello, ma a chi giova davvero questo cambio epocale?

Perché, diciamocelo, quando i giganti della tecnologia propongono un “bene comune”, c’è sempre da chiedersi dove sia la fregatura.

Il vero gioco: chi comanderà i dati del futuro?

La proposta di un’interfaccia AIDI è una medaglia con due facce. Da un lato, per chi pubblica contenuti e vende online, potrebbe sembrare un’opportunità: finalmente si riprenderebbe il controllo su come le proprie informazioni vengono usate, si potrebbe persino pensare di monetizzare questo accesso diretto ai dati.

Invece di subire passivamente lo scraping selvaggio, saresti tu a fornire le chiavi del magazzino, alle tue condizioni. Una prospettiva allettante, che promette di rimettere un po’ di potere nelle mani di chi i dati li crea.

Ma dall’altro lato, chi detterebbe le regole di questo nuovo standard?

La risposta è fin troppo ovvia: le stesse aziende che oggi dominano il mercato, da Google a OpenAI. Creare uno standard AIDI significa definire il formato, i campi obbligatori, le modalità di accesso. E chi controlla lo standard, di fatto, controlla il flusso di informazioni del web del futuro.

Il rischio è di passare da un web aperto, anche se disordinato, a un sistema dove per essere “visibile” alle IA dovrai adeguarti a regole decise a tavolino da pochi colossi.

Stiamo forse per barattare un po’ di ordine con la nostra indipendenza, consegnando su un piatto d’argento i nostri dati più preziosi, già belli e impacchettati?

La partita non è più su chi ha il sito più bello, ma su chi controllerà il magazzino.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

7 commenti su “L’Intelligenza Artificiale dice addio all’HTML: nasce AIDI, la nuova interfaccia per i dati del web”

  1. Danilo Graziani

    AIDI. Il web un cantiere senza fine. Sarà un nuovo ponte o un muro? Speriamo di non creare un altro monolite tecnologico.

    1. Emanuele Barbieri

      L’HTML, un tempo architettura solida, ora un groviglio che l’IA rigetta. AIDI promette ordine, ma chi tesse questa nuova tela digitale? Temo solo che i soliti burattinai danzino al ritmo dei loro algoritmi.

  2. Un altro standard, altro giro, altra corsa. Speriamo solo che questa “interfaccia” non diventi l’ennesima porta girevole per pochi eletti, lasciando il resto del web a vegetare.

    1. Danilo Graziani

      L’HTML, un tempo il mattone del web, ora è un cumulo di macerie. AIDI? Un altro grattacielo in costruzione sul terreno incerto. Chi avrà le chiavi di questa nuova città digitale?

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