Le regole del digitale stanno cambiando.
O sei visibile o sei fuori. Noi ti aiutiamo a raggiungere i clienti giusti — quando ti stanno cercando.
Contattaci ora →
L’acquisizione da 1,9 miliardi di dollari potrebbe stravolgere il panorama SEO, tra opportunità per le grandi aziende e incognite per i professionisti del settore e l’indipendenza dell’informazione.
L'acquisizione di Semrush da parte di Adobe per 1,9 miliardi di dollari mira a unire creatività e dati SEO, puntando alla nuova frontiera della Generative Engine Optimization. Questa operazione solleva però seri interrogativi su un possibile monopolio, l'aumento dei costi per i piccoli utenti e un palese conflitto d'interessi, mettendo a rischio l'indipendenza di testate come Search Engine Land.
Te lo dico subito, senza giri di parole: il mercato del marketing digitale si è appena svegliato con un terremoto sotto i piedi.
Adobe ha deciso di aprire il portafoglio e ha messo sul piatto la bellezza di 1,9 miliardi di dollari in contanti per portarsi a casa Semrush. Non stiamo parlando di noccioline, ma di un’acquisizione che valuta le azioni a 12 dollari l’una e che, se sei uno che lavora con il traffico organico, dovrebbe farti drizzare le antenne all’istante.
Perché lo fanno?
Non certo per beneficenza.
Come riportato su Market Chameleon, i consigli di amministrazione di entrambe le società hanno già dato il via libera e oltre il 75% delle azioni con diritto di voto di Semrush è già “blindato” a favore dell’accordo.
L’obiettivo dichiarato è chiudere tutto entro la prima metà del 2026, ma la vera domanda che devi farti non è quando, ma perché una multinazionale che controlla già la creatività e l’analitica di mezzo mondo senta il bisogno di inglobare il leader dei dati SEO.
La risposta puzza di monopolio, ma ha una logica ferrea: vogliono controllare l’intero ciclo, dalla creazione del contenuto alla sua scoperta sui motori di ricerca, e questo cambia le carte in tavola per tutti noi.
Ma aspetta, perché qui la faccenda si fa davvero interessante e tocca direttamente il modo in cui lavoriamo ogni giorno.
L’ossessione per la “generative engine optimization”
Il vero motivo di questa mossa non è solo la vecchia SEO fatta di keyword e backlink. Adobe sta guardando oltre, verso quella che chiamano GEO, ovvero Generative Engine Optimization.
In pratica, hanno capito che il traffico non arriverà più solo da Google, ma dalle risposte dell’Intelligenza Artificiale.
Integrando i dati di Semrush dentro piattaforme come Adobe Experience Manager e Adobe Analytics, vogliono creare un mostro a tre teste capace di gestire canali proprietari, guadagnati e generati dall’IA in un unico flusso.
Come descritto nell’analisi di ALM Corp, l’idea è fornire suggerimenti in tempo reale mentre crei il contenuto, dicendoti non solo come posizionarti su Google, ma come farti “citare” dai vari ChatGPT e Gemini.
Capisci la portata?
Se usi lo stack Adobe, avrai i dati SEO “iniettati” direttamente nel workflow. Per le grandi aziende è il Santo Graal; per noi comuni mortali potrebbe significare che l’accesso ai dati di prima qualità diventerà sempre più un lusso per pochi eletti o un’estensione costosa di software che magari non vogliamo nemmeno usare.
E qui sorge un dubbio gigantesco, uno di quelli che ti fa guardare con sospetto tutta l’operazione.
Il conflitto d’interessi e il problema dell’indipendenza
C’è un elefante nella stanza che nessuno sembra voler guardare negli occhi.
Semrush non è solo un tool, è anche l’editore di Search Engine Land, una delle fonti più autorevoli del nostro settore.
Ora, dimmelo te: come potrà una testata giornalistica mantenere la sua indipendenza quando il proprietario è lo stesso gigante su cui dovrebbe, teoricamente, fare reportage o critica?
Barry Schwartz ha sollevato la questione su Search Engine Roundtable, evidenziando come l’acquisizione includa anche queste proprietà editoriali.
È legittimo chiedersi se le notizie che leggeremo domani saranno vere analisi di mercato o comunicati stampa glorificati per spingere i prodotti Adobe.
Quando una multinazionale si compra non solo gli strumenti del mestiere ma anche la voce della community, il rischio di appiattimento è altissimo.
Se la fonte che usi per informarti è pagata dallo stesso che ti vende il software, stiamo entrando in un territorio scivoloso dove la verità rischia di diventare un optional.
Ma non è tutto, perché le ripercussioni operative potrebbero colpire il tuo portafoglio molto prima di quanto pensi.
Cosa succede ora a noi “piccoli”?
Parliamoci chiaro: Adobe lavora con il 99% delle aziende Fortune 100. Questa mossa serve a loro.
Ma per le agenzie indipendenti, i freelance e le PMI che usano Semrush per “spiare” i competitor e ottimizzare i siti?
Il timore fondato è che ci troveremo di fronte a un bivio.
Da una parte, potremmo vedere un aumento dei prezzi o una frammentazione delle feature, dove le funzioni più avanzate (magari quelle legate all’IA) finiranno bloccate dietro costose licenze Enterprise di Adobe, lasciando agli abbonamenti “base” solo le briciole.
Dall’altra, questo costringerà molti a guardarsi intorno. Se Semrush diventa un pezzo dell’ingranaggio corporate di Adobe, si apriranno praterie per competitor più agili che vorranno raccogliere l’eredità di “tool per il popolo”.
Non dare nulla per scontato: il 2026 sembra lontano, ma le strategie si decidono oggi.
Se il tuo business dipende interamente da questi dati, inizia a farti delle domande serie su come diversificare le tue fonti di intelligence, perché la festa a cui eravamo abituati sta per cambiare musica.
E non è detto che ci piacerà.

1,9 miliardi per Semrush? 💸 Soldi buttati. Vogliono tutto loro. Siamo solo pedine. 😥
Questi giganti del software, con le loro tasche gonfie, sembrano prediligere la chiusura del cerchio piuttosto che la democratizzazione; 🧐 temo che il “pacchetto completo” sia solo il preludio a tariffe salate per noi comuni mortali. Non è un po’ inquietante? 💸
L’unione tra creatività e dati SEO, orchestrata da Adobe con tale dispendio, profuma di consolidamento predatorio; quale anticamera è questa per l’oligopolio? Sembra la sceneggiatura di un film distopico, dove l’informazione diviene mero accessorio per il software proprietario.
L’accorpamento di Semrush da parte di Adobe, per cifre che fanno girare la testa, suggerisce una centralizzazione dei poteri analitici; ci resta solo da sperare che l’ambizione non soffochi l’oggettività dei dati.
Miliardi spesi per inglobare dati preziosi; questo consolidamento digitale mi rammenta quando le vecchie enciclopedie finivano tutte sotto lo stesso tetto, rendendo la conoscenza meno… democratica. 🤨 Temo che la “Generative Engine Optimization” sarà presto un privilegio per pochi eletti con portafogli ben oliati. Non è forse questo il preludio a un monopolio che soffocherà il libero mercato delle idee? 🤔
Adobe si prende Semrush? Un altro colosso inghiotte il prossimo boccone; sembra la favola del lupo e dei sette capretti, ma con i dati.
Adobe compra Semrush. Un fulmine a ciel sereno. Monopolio in vista? Dati nostri, anime perse.