Le AI generative stanno riscrivendo le regole della visibilità online: addio al dominio di Google?

Anita Innocenti

Le regole del digitale stanno cambiando.

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Le IA stanno riscrivendo le regole del web, frammentando l’informazione e creando universi paralleli dove la visibilità dipende da algoritmi opachi.

Le AI generative, come ChatGPT e Perplexity, stanno rivoluzionando l'accesso all'informazione e la visibilità online, frammentando il web. Con sistemi che citano fonti divergenti, le vecchie regole SEO non bastano più. I produttori di contenuti devono ora puntare a essere "citabili" dalle IA, una nuova frontiera per la sopravvivenza digitale.

La grande muraglia tra le IA

Da una parte del campo di battaglia ci sono i sistemi che lavorano con la propria memoria interna, quella che in gergo si chiama sintesi “model-native”.

ChatGPT, nella sua versione base, è il campione di questa categoria: ha studiato una quantità enorme di testi, libri e dati fino a una certa data e risponde basandosi su quello che “ricorda”.

Veloce, discorsivo, a volte creativo, ma con un difetto non da poco: se non si appoggia a strumenti esterni per navigare il web in tempo reale, non fornisce fonti e può inventarsi le cose di sana pianta, le famose “allucinazioni”.

È un sapientone che parla per sentito dire, senza mostrarti da dove ha preso le informazioni.

Dall’altra parte, ci sono motori come Perplexity, che nascono con un approccio radicalmente diverso, noto come RAG (retrieval-augmented generation).

Invece di parlare a memoria, prima di rispondere fanno una ricerca sul web, recuperano le informazioni più recenti da varie fonti, le analizzano e poi sintetizzano una risposta, mostrandoti chiaramente da dove hanno preso ogni pezzo di informazione, come descritto da Search Engine Land.

È un approccio da ricercatore, che sacrifica un po’ di velocità in nome della trasparenza e dell’affidabilità.

Ma il vero problema non è tanto come questi sistemi costruiscono le risposte.

È chi decidono di citare.

E qui, la situazione è un vero e proprio Far West.

Ognuno cita chi vuole (e tu potresti non esserci)

Se credi che un contenuto di qualità venga premiato universalmente, preparati a una doccia fredda.

Le diverse intelligenze artificiali vivono in universi paralleli e pescano informazioni da angoli completamente diversi del web.

Un’analisi recente ha messo a confronto le fonti citate da ChatGPT e Perplexity per le stesse 100.000 domande, scoprendo un dato che lascia di stucco: quasi l’89% delle citazioni proveniva da domini completamente differenti.

In pratica, le due IA non si parlano e non guardano le stesse cose.

Questa divergenza è la norma, non l’eccezione.

L’incrocio di fonti tra le AI Overviews di Google e il Copilot di Microsoft è appena del 6%.

Questo significa che puoi essere una fonte autorevole per un’intelligenza artificiale e un perfetto sconosciuto per un’altra.

È lecito chiedersi se questa non sia una strategia deliberata da parte delle big tech per creare dei veri e propri recinti informativi, dove sono loro a decidere chi ha diritto di parola e chi no, basandosi su criteri che restano tutt’altro che trasparenti.

Non siamo di fronte a un’evoluzione della ricerca, ma a una balcanizzazione della conoscenza, dove la tua visibilità dipende dall’algoritmo a cui ti affidi.

La nuova corsa all’oro: farsi citare dall’algoritmo

Questa frammentazione sta costringendo chi crea contenuti a ripensare tutto da capo. Le vecchie regole della SEO, pensate per un unico, grande dominatore come Google, non bastano più. Stanno emergendo nuove discipline e strategie focalizzate non più sul semplice posizionamento, ma sull’essere “citabili” da queste nuove intelligenze. L’attenzione si sposta su elementi come la chiarezza dell’autore, la freschezza dimostrabile dei contenuti e la presenza di dati strutturati che un’IA possa “digerire” e riutilizzare facilmente.

Non a caso, stanno spuntando come funghi strumenti specializzati per aiutare ricercatori e aziende a navigare in questo caos, alcuni pensati per automatizzare la creazione di citazioni in migliaia di stili diversi, altri per verificare l’accuratezza delle fonti suggerite dalle IA stesse.

Siamo di fronte a un bivio.

Da un lato, un web sempre più diviso, dove le grandi piattaforme fanno da intermediari opachi tra noi e l’informazione. Dall’altro, una nuova frontiera per chi è abbastanza veloce da capire le nuove regole e costruire valore in un modo che sia riconoscibile non solo dagli umani, ma anche dalle macchine.

La partita è appena iniziata.

E sarà dannatamente interessante vedere chi la vincerà.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

19 commenti su “Le AI generative stanno riscrivendo le regole della visibilità online: addio al dominio di Google?”

  1. Sabrina Coppola

    Questa frammentazione del web, guidata dalle IA, mi lascia un po’ perplessa. La dipendenza da algoritmi poco trasparenti è preoccupante. Come possiamo assicurarci che la qualità prevalga sulla mera “citabilità” da parte delle macchine?

  2. Andrea Ruggiero

    La frammentazione informativa causata dalle IA rende la citabilità un nuovo paradigma. Senza trasparenza algoritmica, la visibilità diviene un’incognita predefinita da sistemi opachi.

    1. Andrea, la tua analisi sulla citabilità come nuovo paradigma è pertinente. Il dominio di Google è messo in discussione da IA che agiscono come filtri opachi. La vera sfida sarà rendere i contenuti degni di menzione per queste nuove entità. Chi saprà adattarsi manterrà il proprio spazio.

    2. Giulia Martini

      Citabilità? Altra parola vuota. Si tratta di adattarsi a sistemi che non comprendiamo, punti e basta. Il resto è fumo negli occhi per chi non sa fare il suo lavoro. Sarà un bel casino.

  3. Ma certo, ora ci penseranno le macchine a dirci cosa è visibile. Una vera pacchia per chi ha tempo da perdere con queste diavolerie. Non vi sembra un po’ troppo comodo?

    1. Lorena Santoro

      Ma certo, ora ci penseranno le macchine a dirci cosa è visibile. Una vera pacchia per chi ha tempo da perdere con queste diavolerie. Non vi sembra un po’ troppo comodo?

      E così, alla fine, l’abbiamo voluta noi questa centralizzazione sotto algoritmi ignoti. Chi l’avrebbe detto.

  4. Le IA generative davvero cambiano le carte in tavola per chi cerca visibilità. La necessità di essere “citabili” dalle macchine apre scenari inediti. Non più solo occhi umani, ma anche algoritmi a giudicare il nostro lavoro. Come adattare la nostra creatività a questo nuovo pubblico digitale?

    1. Elisa Marchetti

      Angela, le macchine decidono chi vediamo e chi no. Un po’ come se un critico letterario cieco giudicasse un quadro. Ma se l’algoritmo impara a “vedere” la qualità, non è un vantaggio celato?

  5. L’ascesa delle IA generative ridisegna la visibilità. I contenuti dovranno puntare a essere selezionati dagli algoritmi. Un cambiamento che richiede nuove competenze.

  6. Chiara Barbieri

    Allora, parliamoci chiaro. Volete davvero che le IA dettino legge su chi appare e chi no? Per me, la vera sfida sarà mantenere un minimo di libero arbitrio nel trovare quello che cerchiamo, altrimenti siamo fritti.

    1. Alessandro Lombardi

      L’idea che le IA possano creare “universi paralleli” per la visibilità mi lascia perplesso. Come imprenditore, mi chiedo se questo non porterà a una maggiore bolla informativa, rendendo difficile raggiungere nuovi pubblici.

  7. Andrea Cattaneo

    Sono un po’ preoccupato per questo cambiamento repentino. Però, forse, essere “citabili” dalle IA ci spinge a creare contenuti davvero validi.

    1. Nicolò Sorrentino

      Il timore di un web sempre più opaco è più che giustificato. Cambiare le regole per essere “citabili” dalle IA mi sembra un altro modo per accentrare il potere in mani non sempre limpide. Speriamo solo che questa “nuova frontiera” non diventi un vicolo cieco per chi produce contenuti di valore.

  8. Francesco Messina

    Questa nuova fase sembra puntare più alla “citabilità” che alla mera indicizzazione. Se le IA creano ecosistemi informativi chiusi, come si garantisce un accesso equo ai contenuti?

  9. Elisa Marchetti

    Capisco il timore di una visibilità sfuggente, ma non è forse vero che l’autorevolezza genuina, quella che porta le IA a citare, è sempre stata la vera moneta digitale? Resta da vedere se sapremo adattare il nostro fare a queste nuove dinamiche, oppure se ci perderemo nel rumore.

    1. La frammentazione dell’informazione è già una realtà che viviamo quotidianamente. Che le IA cambino le carte in tavola per la visibilità online, rendendo “citabili” i contenuti, è un pensiero che mi porta a chiedermi: stiamo costruendo nuove biblioteche digitali, o solo labirinti più sofisticati?

  10. Silvia Graziani

    Ma certo, Google trema! Se le IA ci fanno diventare “citabili”, è la fine del mercato come lo conosciamo. Che dire?

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