AI e Traffico SEO: lo studio di Semrush fa chiarezza

Anita Innocenti

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L’impatto dell’Intelligenza Artificiale sul traffico web: tra nuove sfide, opportunità nascoste e la necessità di adattarsi per non restare indietro

Secondo uno studio Semrush, l'impatto dell'Intelligenza Artificiale sul traffico SEO porta a timori di calo. Tuttavia, gli 'zero-click' non aumentano. Il traffico si concentra su pochi siti. AI Overview e chatbot cambiano il marketing funnel. Nuove strategie SEO come la GEO e i dati strutturati sono essenziali per adattarsi.

Ma allora l’intelligenza artificiale si prende davvero tutto il traffico? Facciamo un po’ di chiarezza

Ti sarai accorto che ultimamente non si parla d’altro: l’intelligenza artificiale che entra a gamba tesa nel mondo della ricerca online. C’è chi trema all’idea di veder sparire il proprio traffico organico e chi, forse, sotto sotto spera di cavalcare l’onda. Uno studio recente di Semrush, “AI Search Impact on SEO Traffic”, ha provato a mettere qualche numero su questi timori, e diciamo che i risultati fanno riflettere.

L’idea di fondo è che entro il 2028 l’AI potrebbe gestire più traffico di ricerca delle care vecchie visite organiche, almeno per certi settori. Ma prima di stracciarsi le vesti, cerchiamo di capire meglio cosa sta succedendo, come se fossimo al bar a fare due chiacchiere davanti a un caffè (virtuale, s’intende). La sensazione è che, come sempre, ci sarà chi riesce ad adattarsi e chi, purtroppo, resterà un po’ indietro.

E la domanda sorge spontanea:

questa rivoluzione porterà davvero vantaggi per tutti o finirà per concentrare ancora di più il potere nelle mani di pochi giganti?

D’altronde, quando un colosso come Google decide di integrare le sue AI Overviews, che come descritto da Semrush nel suo studio specifico sulle AI Overviews spuntano già per il 42% delle ricerche a carattere commerciale, è lecito chiedersi chi stia davvero pilotando questa trasformazione.

Sembra quasi che il marketing funnel, quel percorso che tanto ci siamo sforzati di capire, venga compresso, con risposte servite su un piatto d’argento direttamente in SERP. E non dimentichiamoci di ChatGPT, che tra il 2023 e il 2025 è passata da 100 milioni a ben 800 milioni di utenti settimanali.

Numeri che, onestamente, un po’ impressionano.

Come fa notare l’analista SEO Edward Sturm in una sua analisi video, ci troviamo di fronte a un cambiamento rapidissimo, forse il più veloce dai tempi del mobile, e chi campa di contenuti puramente informativi potrebbe trovarsi con l’acqua alla gola se non capisce in fretta come muoversi.

Ma se l’AI inizia a rispondere a tutto e tutti, che ne sarà dei click sui nostri siti?

È questo il vero nodo da sciogliere.

Il mistero dei “zero-click”: meno click per tutti o solo click diversi?

E qui arriva la parte interessante, quasi un colpo di scena.

Per anni abbiamo tremato all’idea degli “zero-click”, quelle ricerche che si esauriscono direttamente sulla pagina di Google senza portare visite ai siti. Con l’avvento dell’AI, il timore era che questa tendenza esplodesse. Invece, lo studio congiunto di Semrush e Datos, che ha analizzato la bellezza di 10 milioni di parole chiave, sembra raccontare una storia un po’ diversa.

Pare infatti che il tasso di zero-click, con le AI Overviews attive, non solo non aumenti, ma scenda leggermente, passando dal 38.1% al 36.2%. Certo, il numero medio di link presenti nella pagina dei risultati si riduce drasticamente, da quasi 9 a poco più di 4, ma quei click superstiti, a quanto pare, si concentrerebbero su un numero inferiore di link, quelli ritenuti “più autorevoli”.

E qui, permettimi la riflessione, “autorevoli” per chi?

C’è il rischio che questa “autorevolezza” sia decisa sempre dagli stessi algoritmi dei motori di ricerca, finendo per premiare ancora una volta i soliti noti, i grandi portali con risorse da investire, lasciando le briciole ai più piccoli?

Una domanda che, credo, molti si stanno ponendo.

La questione, quindi, non sarebbe tanto la sparizione dei click, quanto una loro diversa distribuzione.

Una sorta di selezione naturale digitale, dove solo i “prescelti” ricevono traffico.

E questo ci porta dritti al prossimo punto: se il gioco cambia, come si fa a rimanere in partita?

Nuove strategie o il solito gioco al rialzo imposto dai motori?

Se i click si concentrano e l’AI diventa la nuova porta d’accesso all’informazione, è chiaro che le vecchie strategie SEO potrebbero non bastare più. Lo studio di Semrush e altre analisi di settore, come quella sulla Generative Engine Optimization pubblicata sempre da Semrush, iniziano a delineare un quadro di quelle che potrebbero essere le “nuove regole”.

Si parla, ad esempio, di ottimizzare i contenuti specificamente per come “ragionano” questi modelli linguistici, la cosiddetta GEO. Sembra che contenuti arricchiti con statistiche precise e citazioni dirette abbiano una marcia in più, tanto da guadagnare, dicono, un 30-40% di visibilità in più nelle risposte generate dall’AI.

Anche i dati strutturati, quei codici che aiutano i motori a capire meglio di cosa parla una pagina, assumono un’importanza ancora maggiore: secondo Growth Machine, le pagine che li implementano a dovere vedono i loro contenuti inclusi nei sommari AI con una frequenza 2.3 volte superiore.

E non dimentichiamo l’ottimizzazione per i “branded prompt”, quelle ricerche specifiche che includono già il nome di un marchio, che pare guidino una buona fetta (il 58%) delle risposte AI a carattere commerciale.

Tutto questo, però, suona tanto come un ulteriore strato di complessità aggiunto a un lavoro, quello della SEO, già di per sé in continua evoluzione. Viene da chiedersi se questa corsa all’adattamento non finisca per avvantaggiare, ancora una volta, chi ha più risorse da investire, chi può permettersi team dedicati e strumenti sofisticati per decifrare ogni minima variazione degli algoritmi.

Un po’ come accadde ai tempi del famigerato aggiornamento Penguin di Google, che come ricorda Search Engine Land, da un giorno all’altro stravolse le classifiche e il destino di molti business online.

Lo stesso studio Semrush avverte che circa il 23% delle pagine che oggi rankano bene potrebbe diventare obsoleto entro il 2026 se non si adegua a questi nuovi paradigmi.

La vera domanda, quindi, resta aperta:

Stiamo assistendo a un’evoluzione che porterà benefici diffusi, o semplicemente a un nuovo capitolo in cui le grandi piattaforme tecnologiche dettano legge, costringendo tutti gli altri a un continuo e dispendioso inseguimento?

Il dibattito è più acceso che mai.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

2 commenti su “AI e Traffico SEO: lo studio di Semrush fa chiarezza”

  1. Leonardo Lombardi

    Bello studio, ma i dati vanno presi con le pinze. Semrush vende tool SEO, quindi è nel loro interesse spingere sull’urgenza di “adattarsi”. Vedremo nei prossimi mesi se i cambiamenti saranno così radicali. Per ora, resto concentrato sui contenuti di qualità.

    1. Valentina Bianchi

      Grazie per aver condiviso questo studio! È utile capire come si sta evolvendo il mondo della SEO. Mi sembra un buon punto di partenza.

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