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Contattaci ora →Anthropic nei guai: una class action accusa l’azienda di aver addestrato la sua IA con libri protetti da copyright, aprendo un dibattito sul futuro dell’intelligenza artificiale e il rispetto del diritto d’autore
Anthropic, l'azienda di AI creatrice di Claude, affronta una class action negli Stati Uniti. Autori accusano la società di aver usato milioni di libri protetti da copyright, prelevati da librerie pirata, per addestrare il suo modello AI senza permesso. La decisione del giudice, che consente l'azione collettiva, rappresenta un colpo per Anthropic e un campanello d'allarme per l'intero settore dell'intelligenza artificiale riguardo il "fair use" e i diritti d'autore.
Il cuore del problema: libri usati senza permesso
La questione è semplice e diretta: gli autori sostengono che Anthropic abbia allenato il suo modello di intelligenza artificiale, Claude, utilizzando le loro opere protette da copyright. E non parliamo di qualche libro preso in prestito.
L’accusa parla di un database immenso, costruito attingendo a piene mani da librerie pirata online. In pratica, per insegnare a Claude a scrivere e ragionare, sembra che l’azienda abbia scaricato migliaia, forse milioni, di libri senza chiedere il permesso a nessuno e, soprattutto, senza riconoscere un centesimo agli autori.
Ma la vera mossa che cambia le carte in tavola è la decisione del giudice. Anthropic sperava di affrontare ogni autore singolarmente, una tattica che spesso sfianca i singoli e favorisce le grandi corporation.
Invece, il tribunale ha stabilito che le questioni legali sono le stesse per tutti, permettendo agli scrittori di fare fronte comune.
Una bella doccia fredda per l’azienda.
Una battaglia che va oltre Anthropic
Non pensare che questa sia solo una grana legale per una singola azienda. Quello che sta succedendo qui è un campanello d’allarme per l’intero settore dell’intelligenza artificiale generativa.
La domanda che aleggia, e che nessuno sembra voler affrontare di petto, è questa:
su quali fondamenta si sta costruendo questa rivoluzione tecnologica?
È giusto che aziende multimiliardarie addestrino le loro macchine “pensanti” sfruttando il lavoro, la creatività e l’esperienza di migliaia di persone, per poi rivendere il risultato come un prodotto innovativo?
Come descritto su The Verge, questo caso si inserisce in una scia di battaglie legali simili, dove artisti, fotografi e musicisti stanno chiedendo conto a un’industria che sembra aver agito finora in una specie di far west digitale, prendendo tutto ciò che trovava online come se fosse terra di nessuno.
Il punto non è fermare il progresso, ma capire se il progresso di alcuni debba per forza passare sopra i diritti di altri.
Il vero nodo: fair use o furto su larga scala?
Alla fine, tutto si ridurrà a interpretare una linea sottile: l’uso di questi materiali per addestrare un’IA rientra nel “fair use” (il lecito utilizzo, in certi contesti, di materiale protetto), oppure si tratta semplicemente di una violazione di copyright su scala industriale?
Anthropic sosterrà che il suo utilizzo è “trasformativo”, ovvero che ha creato qualcosa di completamente nuovo. Gli autori, dal canto loro, vedono i loro testi e il loro stile replicati da una macchina che non ha faticato un singolo giorno per svilupparli.
La partita è appena iniziata, ma è una di quelle che potrebbe ridefinire le regole del gioco per tutti. E mentre le grandi aziende parlano di futuro e innovazione, c’è chi, molto più concretamente, sta solo chiedendo che il proprio lavoro venga rispettato.
Vedremo se i tribunali daranno più peso alla fame di dati dei colossi tech o al diritto d’autore di chi, con quei dati, ci ha costruito una carriera.
Un vero peccato. Il diritto d’autore è una barriera, non un muro per l’AI.
Ma che storia è questa? Se è vero, gli autori dovrebbero essere pagati. Mica si può fare il business sulla roba degli altri senza permesso, eh?
Il “fair use” è una scusa comoda. La proprietà intellettuale va rispettata. Non è un gioco.
Il futuro dell’AI? Un colpo di scena shakespeariano. L’arte crea, ma il copyright ha la sua vendetta.