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L’allarme del CEO di Google risuona forte, mentre i pesi massimi della finanza sembrano prepararsi a una possibile inversione di rotta nel settore dell’IA
Sundar Pichai, CEO di Google, lancia un allarme sulla potenziale bolla dell'IA, avvertendo che nessuna azienda ne sarà immune. Questo monito è rafforzato dai movimenti di grandi investitori: Peter Thiel e Softbank vendono posizioni in Nvidia, mentre Michael Burry scommette contro il settore. L'euforia è alimentata da costi insostenibili e promesse irrealistiche, suggerendo che solo chi crea valore tangibile sopravviverà.
La bolla dell’IA? Il capo di Google suona un campanello d’allarme che non puoi ignorare
Diciamocelo, da mesi non si parla d’altro che di Intelligenza Artificiale. Sembra che ogni azienda, dalla startup nel garage alla multinazionale, debba per forza avere la sua “strategia AI” per non sembrare rimasta al paleolitico. Una corsa all’oro digitale che sta gonfiando valutazioni e promesse a dismisura.
Ma quando a gettare un’ombra su tutta questa euforia è proprio uno dei re di questo mondo, forse è il caso di fermarsi un attimo ad ascoltare. Il campanello d’allarme, questa volta, lo suona Sundar Pichai, il CEO di Google e Alphabet che, in un’intervista alla BBC, ha dichiarato: se la bolla dell’IA dovesse scoppiare, “nessuna azienda ne sarà immune”.
Una frase che pesa come un macigno, soprattutto se pensi a chi l’ha pronunciata. Pichai non è l’ultimo arrivato. Parliamo di un ingegnere che ha fatto la sua gavetta, un uomo che ha guidato lo sviluppo di prodotti come Chrome e Android prima di prendere il timone di una delle aziende più potenti del pianeta.
Non è un finanziere abituato a speculare, ma uno che le cose le costruisce. E se proprio lui, che sull’IA sta scommettendo il futuro della sua stessa azienda, inizia a parlare di bolle e di rischi per tutti, la domanda sorge spontanea: cosa sa, o cosa vede, che a noi sfugge?
Eppure, il suo non sembra essere un avvertimento isolato. Anzi, se guardiamo a chi i soldi li muove davvero, i segnali di nervosismo si fanno sempre più evidenti.
Mentre i piccoli comprano, i giganti iniziano a vendere
C’è un vecchio detto a Wall Street: quando anche il tuo lustrascarpe inizia a darti consigli su quali azioni comprare, è ora di vendere.
Ora, non so te, ma io vedo un sacco di gente lanciarsi sull’onda dell’IA senza forse capire bene dove stia andando.
E mentre la massa compra, i “soliti sospetti”, quelli che hanno fiutato le grandi rivoluzioni tecnologiche prima di tutti, sembrano fare il movimento opposto. Personaggi del calibro di Peter Thiel, uno dei primi investitori di Facebook, e il colosso Softbank hanno liquidato le loro posizioni in Nvidia, l’azienda simbolo di questo boom.
E non è tutto.
Michael Burry, l’uomo che ha previsto il crollo dei mutui subprime nel 2008 (sì, proprio quello del film “La Grande Scommessa”), sta scommettendo pesantemente contro il settore.
Quando persone che hanno costruito fortune riconoscendo le bolle prima che scoppino iniziano a uscire dalla festa, forse la musica sta davvero per finire.
Non è una certezza, chiaro, ma è un segnale forte e chiaro che l’aria sta cambiando.
Ma il punto non è solo finanziario. La vera questione è capire perché queste crepe iniziano a mostrarsi proprio ora, e perché l’avvertimento di Pichai va letto in una luce diversa e molto più profonda.
Dietro la cortina dell’hype: costi insostenibili e promesse da marinaio
Il problema è che l’Intelligenza Artificiale, quella vera, ha un costo spaventoso.
Non si tratta solo di scrivere codice. Richiede una potenza di calcolo mostruosa, data center che consumano energia come intere nazioni e talenti che costano una fortuna. Google, Microsoft, Meta… stanno investendo miliardi, e i loro bilanci possono reggere il colpo.
Ma quante sono le aziende che si stanno buttando nella mischia millantando capacità rivoluzionarie, senza avere né le risorse né una vera strategia per sostenere questo sforzo nel lungo periodo?
L’avvertimento di Pichai, letto tra le righe, suona quasi come un messaggio al mercato: attenzione, perché molti stanno vendendo fumo. Stanno cavalcando l’entusiasmo del momento per gonfiare le proprie valutazioni, ma dietro non c’è la sostanza.
Se e quando gli investitori si accorgeranno che tante delle promesse di oggi non si tradurranno in profitti domani, il crollo potrebbe essere rapido e travolgere tutti, anche chi, come Google, ha costruito basi solide.
Ecco perché la sua non è solo un’analisi, ma una presa di distanza: noi facciamo sul serio, molti altri no.
Alla fine della fiera, il punto non è essere contro l’IA. È essere contro l’ingenuità. Il rischio è che questa corsa sfrenata, alimentata da un’euforia collettiva, lasci per strada un sacco di soldi, progetti e speranze.
Quando la schiuma si sarà diradata, resterà in piedi solo chi ha usato questa tecnologia per risolvere problemi reali, creare valore tangibile e costruire un modello di business sostenibile.
E tu, su cosa stai costruendo?

Le promesse dell’IA sono un miraggio nel deserto; solo il valore concreto resiste.
Ma che dici? Bolla? Il boss di Google dice che ci sono costi assurdi e promesse che non stanno in piedi. Se non crei roba che serve davvero, sei fuori. Logico, no?
Ma certo, un altro grido “al lupo!” dal tempio della tecnologia. Chissà se questa volta è vero.