ChatGPT: l’ascesa del gigante AI e i rischi del nuovo monopolio digitale

Anita Innocenti

Le regole del digitale stanno cambiando.

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Dietro i numeri da capogiro di ChatGPT si nasconde una realtà complessa, dove la dipendenza digitale e lo strapotere di una singola azienda sollevano interrogativi sul futuro del web.

ChatGPT registra una crescita vertiginosa: 5,24 miliardi di visite e 700 milioni di utenti settimanali, piazzandosi tra i primi 5 siti globali. Nonostante l'impressionante engagement, emergono interrogativi sulla vera produttività e il rischio di dipendenza. OpenAI, con un fatturato mensile di un miliardo e il 62,5% del mercato AI, consolida un dominio che preoccupa per l'emergere di un nuovo monopolio digitale.

Numeri da capogiro: la crescita di ChatGPT non si ferma

Diciamocelo, i dati sono impressionanti.

A luglio 2025, la piattaforma di OpenAI ha registrato la bellezza di 5,24 miliardi di visite. Un balzo in avanti di quasi il 14% rispetto al mese prima. Questo traffico mostruoso la proietta direttamente tra i primi 5 siti più visitati al mondo. Ma il dato che forse colpisce di più è quello degli utenti attivi: siamo passati da 400 milioni a febbraio a ben 700 milioni di utenti attivi ogni settimana ad agosto 2025, come riportato su Backlinko. In pratica, la base utenti è quasi raddoppiata in appena sei mesi.

Un’ascesa del genere non si vedeva da un pezzo.

Ma quando vedi una folla così enorme radunarsi tutta nello stesso posto, la domanda sorge spontanea:

Cosa ci fanno davvero tutte queste persone lì dentro per così tanto tempo?

Utenti appiccicati allo schermo, ma per fare cosa?

Qui la faccenda si fa interessante. L’utente medio non entra e esce, ma passa quasi 14 minuti per sessione, navigando circa 4.5 pagine. Con 2.5 miliardi di prompt inviati ogni giorno, è chiaro che ChatGPT è diventato uno strumento quotidiano per milioni di persone come attestato da Similarweb.

La maggior parte degli accessi, tra l’altro, avviene da desktop, il che suggerisce un utilizzo legato al lavoro e allo studio, non al cazzeggio da smartphone.

Fin qui, tutto bene.

Il dubbio però viene: questa interazione continua è sempre sinonimo di produttività o sta diventando una nuova forma di dipendenza digitale?

Stiamo davvero imparando a usare uno strumento potente per migliorare il nostro lavoro, o stiamo semplicemente delegando il nostro pensiero a una macchina, perdendo tempo a formulare il prompt perfetto invece di metterci a pensare con la nostra testa?

La linea è sottile.

E mentre miliardi di interazioni avvengono all’interno di una scatola chiusa, c’è chi fuori da quella scatola sta iniziando a sentire puzza di bruciato.

Mentre OpenAI festeggia, per gli altri sono guai?

Non giriamoci intorno: con il 62,5% del mercato degli assistenti AI in mano e un fatturato mensile che ha raggiunto il miliardo di dollari, OpenAI non è più una startup promettente, è un colosso.

Il 92% delle aziende Fortune 500 usa i suoi prodotti, e questo strapotere sta ridisegnando le regole del gioco per tutti gli altri.

La crescita del traffico di riferimento da ChatGPT, aumentato del 25,6% in un solo mese, è un segnale d’allarme. C’è chi prevede che questo traffico possa superare quello della ricerca organica tradizionale in meno di tre anni.

Capisci cosa significa?

Significa che il controllo del flusso di informazioni online si sta spostando dalle mani di Google a quelle di OpenAI.

Stiamo forse assistendo alla nascita di un nuovo monopolio, un nuovo guardiano che deciderà cosa vediamo e cosa no?

La competizione esiste, certo, con nomi come Claude e DeepSeek, ma la partita al momento sembra avere un vincitore già scritto.

E quando vince uno solo, di solito, tutti gli altri perdono.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

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