Sam Altman: “Preparatevi, ChatGPT sarà molto di più di un’alternativa a Google”

Anita Innocenti

ChatGPT non sarà più un motore di ricerca, ma un assistente personale capace di connettersi ai dati degli utenti, imparare le loro abitudini e anticiparne le azioni.

Secondo Sam Altman di OpenAI, ChatGPT sta abbandonando il ruolo di semplice motore di ricerca evoluto per diventare un assistente digitale completo. L'obiettivo è affidargli compiti complessi, sfruttando la memoria e la conoscenza intima dell'utente. Questa trasformazione, supportata da ingenti investimenti, solleva interrogativi su privacy, controllo e a chi gioverà maggiormente.

ChatGPT cambia pelle: non più clone di Google, ma il tuo nuovo “factotum” digitale?

Sam Altman, il gran capo di OpenAI, ha sganciato una di quelle dichiarazioni che fanno drizzare le antenne. Stando a quanto ha raccontato durante un evento di Y Combinator, ChatGPT avrebbe smesso i panni del semplice motore di ricerca evoluto per indossare quelli di un vero e proprio assistente operativo.

L’idea, se ci pensi un attimo, è quasi da film: non più solo chiedere informazioni, ma affidare a ChatGPT compiti complessi, un po’ come faresti con un “dipendente junior molto volenteroso”, per usare le sue parole.

Stiamo parlando di sviluppo software, ricerche approfondite, stesura di proposte complesse.

Insomma, un cambio di paradigma bello e buono.

Ma, al di là delle dichiarazioni d’intenti, come si traduce tutto questo nella pratica quotidiana e quali sono le reali ambizioni che muovono i fili di OpenAI?

L’assistente AI che “ti conosce meglio di tua madre”

La direzione tracciata da Altman è chiara: trasformare ChatGPT in uno strumento che non si limita a rispondere, ma agisce. Devi pensare a un assistente che si connette ai tuoi dati, impara le tue abitudini – grazie a funzionalità come la tanto decantata “memoria”, che dovrebbe permettere all’AI di ricordare preferenze e conversazioni passate – e ti anticipa, completando task in autonomia, come scrive Search Engine Journal.

L’obiettivo, nemmeno troppo velato, è quello di un’intelligenza artificiale che, come ha descritto Altman stesso in altre occasioni, potrebbe arrivare a “conoscerti intimamente”, ricordando ogni tua interazione digitale. Ora, capisci bene che se da un lato l’idea di un aiutante così efficiente può far gola, dall’altro qualche campanello d’allarme sulla privacy e sul controllo dei nostri dati inizia a suonare, e forte pure.

E mentre si rincorre il miraggio della superintelligenza, con modelli come GPT-5 che dovrebbero arrivare a breve con capacità di ragionamento potenziate, la domanda sorge spontanea:

Questa personalizzazione estrema è davvero un vantaggio per noi, o rischiamo di diventare semplicemente più prevedibili e, diciamocelo, controllabili?

Dietro queste promesse di un futuro iper-efficiente, quali sono i veri contorni di questa rivoluzione annunciata e, soprattutto, chi ne trarrà i maggiori benefici?

Tra mega-investimenti e promesse di efficienza: a chi giova davvero questa corsa all’AI?

Non giriamoci intorno: OpenAI non sta giocando in piccolo, puoi vederlo tu stesso qui.

Il fatto che ChatGPT.com sia già diventato il quinto sito più visitato al mondo la dice lunga sulla sua diffusione.

Eppure, Altman continua a minimizzare il confronto diretto con colossi della ricerca come Google, ribadendo che il vero obiettivo è “aiutare gli utenti a portare a termine il lavoro”.

Una strategia che si poggia su investimenti colossali, basti pensare a Project Stargate, un’iniziativa da capogiro per assicurarsi la potenza di calcolo necessaria, o alla storica partnership miliardaria con Microsoft.

Ma tutta questa potenza di fuoco, questa spinta verso un’AI sempre più integrata e proattiva, a chi serve veramente?

Certo, l’idea di avere un “genio della lampada” digitale che ci semplifica la vita è allettante, ma è lecito chiedersi se questa corsa sfrenata alla “task completion” e alla personalizzazione non nasconda anche la volontà di creare un legame quasi indissolubile con gli utenti, rendendoci dipendenti da un’unica, potentissima, infrastruttura tecnologica.

Siamo sicuri che i benefici per noi utenti saranno commisurati ai profitti e al controllo che queste grandi aziende stanno cercando di consolidare?

Il dubbio, permettimelo, è più che legittimo.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

2 commenti su “Sam Altman: “Preparatevi, ChatGPT sarà molto di più di un’alternativa a Google””

    1. Paola Pellegrini

      Emanuela Benedetti, hai ragione. La gestione dei dati sarà la chiave. Se non ci sarà trasparenza e controllo, sarà difficile fidarsi completamente di un assistente così “intimo”.

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