ChatGPT Pulse: L’assistente che ti conosce meglio di te, ma a che prezzo?

Anita Innocenti

Le regole del digitale stanno cambiando.

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Un maggiordomo digitale che riassume la tua vita ogni mattina: una comodità che apre un dibattito sul futuro della nostra autonomia decisionale

OpenAI ha lanciato ChatGPT Pulse, un assistente IA che anticipa le tue esigenze, fornendo riassunti personalizzati. Questa innovazione, esclusiva per gli abbonati Pro, solleva importanti interrogativi su dipendenza tecnologica, privacy dei dati e il confine tra comodità e autonomia personale. Il sistema analizza la tua attività, offrendo un'anteprima del futuro degli agenti AI.

Da assistente che risponde a indovino che anticipa: la vera mossa di OpenAI

Fino a ieri, eri tu a dover spremere le meningi per fare la domanda giusta a ChatGPT. Ora, il tavolo si è ribaltato.

Con Pulse, OpenAI ha trasformato il suo chatbot in una specie di maggiordomo digitale che, mentre dormi, analizza la tua cronologia, i tuoi appunti e, se glielo permetti, anche le tue email e il tuo calendario.

L’obiettivo? Servirti un briefing mattutino con tutto quello che, secondo lui, ti serve per iniziare la giornata.

Come descritto nell’annuncio ufficiale di OpenAI, il peso di dover “sapere cosa chiedere” viene rimosso dalle tue spalle.

Ma questa mossa, presentata come un passo verso un’IA più autonoma, solleva una domanda non da poco: stiamo davvero guadagnando un alleato o stiamo semplicemente addestrando un sistema a pensare al posto nostro, rendendoci sempre più dipendenti dalle sue “intuizioni”?

Questa non è più solo una questione di tecnologia, ma di abitudini e, forse, di pigrizia mentale.

Un lusso per pochi o una prova generale sulla nostra pelle?

Parliamoci chiaro, questa novità non è per tutti.

Almeno per ora.

ChatGPT Pulse è un’esclusiva per gli abbonati Pro, quelli che sborsano la bellezza di 200 dollari al mese. Viene lanciata come un’anteprima solo per mobile, con il CEO Sam Altman che la definisce la sua “funzione preferita” di sempre. Un endorsement del genere non è casuale: serve a posizionare Pulse non come un gadget, ma come l’alba di una nuova era di “agenti AI” che agiscono per noi. Ma proviamo a leggerla in un altro modo: un gruppo di utenti “premium” sta, di fatto, facendo da tester per una tecnologia che mira a integrarsi profondamente nelle nostre vite.

Stanno collaudando sulla loro pelle, e sui loro portafogli, un futuro in cui l’IA non si limita a eseguire, ma prende l’iniziativa.

Siamo sicuri di volere un futuro delegato a un algoritmo, per quanto intelligente possa essere?

La privacy è un optional: tu decidi, ma fino a che punto?

E ora, arriviamo al tasto dolente: i dati. OpenAI mette le mani avanti, assicurando che il collegamento ad applicazioni esterne come Gmail o Google Calendar è disattivato di default e richiede un consenso esplicito.

Un “opt-in”, come lo chiamano loro.

Certo, sulla carta il controllo è nostro. Ma l’intera architettura di Pulse è pensata per dare il meglio di sé solo quando gli apri le porte di casa, metaforicamente parlando. La vera spinta, neanche troppo velata, è a concedere l’accesso, altrimenti la funzione perde gran parte del suo potenziale. E qui sta il punto: ci stanno abituando, un passo alla volta, a cedere pezzi della nostra privacy in cambio di una comodità sempre maggiore.

Per ora è un’anteprima, con i suoi limiti e i suoi errori. Ma con la promessa di future integrazioni e di aggiornamenti in tempo reale, la direzione è chiara.

La domanda che dobbiamo porci non è se questa tecnologia sia utile, perché senza dubbio lo è.

La vera domanda è: quanto della nostra autonomia decisionale siamo disposti a scambiare per averla?

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

21 commenti su “ChatGPT Pulse: L’assistente che ti conosce meglio di te, ma a che prezzo?”

  1. Vanessa De Rosa

    La presunta comodità di Pulse nasconde un’erosione della nostra capacità decisionale. È un prezzo che vale la pena pagare?

  2. Benedetta Lombardi

    La capacità di un’IA di anticipare le nostre necessità, analizzando dati personali, impone una riflessione ponderata sui limiti etici e sul controllo delle informazioni. Il prezzo della comodità, in questo caso, potrebbe essere la nostra indipendenza.

  3. Questa IA che mi anticipa mi fa riflettere sulla mia stessa capacità di anticipare. È un’ottima lente per guardare noi stessi.

    1. La comodità di un assistente predittivo non giustifica la cessione di sovranità sulla nostra vita. Quanto siamo disposti a delegare prima di perdere la capacità di agire autonomamente?

    2. Davvero affascinante questa idea di avere un assistente che quasi intuisce i nostri bisogni. Mi chiedo se questo ci permetterà di dedicarci a pensieri più elevati, o se ci renderà solo più pigri nel nostro stesso ragionare.

  4. Ma dai, un maggiordomo digitale che ti dice cosa fare la mattina? Bel progresso. Se poi analizza pure le email, temo che presto si dimenticherà pure come si respira da soli. Non vorrei finire per fare domande banali alla mia stessa IA su come allacciarmi le scarpe.

  5. Capisco il senso di disagio. Dare via così tanti dati personali per un riassunto mattutino mi sembra un prezzo alto da pagare per la comodità. Quanto controllo ci rimane davvero?

  6. Clarissa Graziani

    Dato il tono, questo Pulse è solo un altro modo per venderci dipendenza. Se ci conosciamo meno di un algoritmo, abbiamo già perso.

  7. Speravo che queste IA migliorassero il mio lavoro, non che mi rubassero i pensieri prima ancora che li formi. Un maggiordomo che ti anticipa tutto? Mi sembra una scorciatoia per non pensare più da soli. Dove andremo a finire con questa pigrizia mentale indotta?

    1. Chiara De Angelis

      Enrico Romano, la “libertà” di cui parli è già minata da chi ti propina contenuti a manetta. Questo Pulse è solo un’ulteriore comodità che riduce il nostro sforzo mentale, altro che futuro.

    2. Questa roba mi fa venire l’ansia. Sapere che un computer sa tutto di me, boh. Preferisco fare da solo, anche se mi perdo.

  8. Ma quale “conoscere meglio”! È un algoritmo, non un sensitivo. L’idea di delegare la mia vita a un software mi fa sorridere. Alla fine, chi decide davvero siamo noi, no?

    1. Questo Pulse mi sembra l’ennesima fregatura per farci diventare zombies digitali. Delegare la nostra coscienza a un software? Piuttosto imparo a leggere le mie email da solo.

    2. Benedetta Donati

      Davvero un bel punto, Elena. La comodità che promettono questi strumenti è allettante, ma ci pensiamo mai a quanto sia sottile il confine con la nostra indipendenza di pensiero?

  9. Sabrina Coppola

    La capacità di anticipare le esigenze solleva interrogativi sulla nostra inclinazione a delegare il pensiero. Quanto siamo disposti a cedere per una presunta comodità?

  10. Ma dai, un altro assistente che spia ogni nostra mossa per darci riassunti? Stiamo delegando pure il pensare. La comodità a questo punto diventa una prigione dorata. Voglio vedere quanto ci metteremo a dimenticarci come si prendono decisioni da soli.

    1. Mi sento un po’ a disagio. Questa IA che ti “conosce” mi spaventa. Delegare così le decisioni mi sembra un rischio per la nostra indipendenza.

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