La crescita impetuosa di ChatGPT: davvero raggiungerà Google tra quattro anni?

Marcus Tober di Semrush evidenzia come, di questo passo, ChatGPT colmerà il gap con Big G. Ma non tutti sono d’accordo…

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📌 TAKE AWAYS

  • ChatGPT sta crescendo a un ritmo del 13% al mese, secondo Marcus Tober di Semrush, e potrebbe raggiungere Google entro il 2027. Tuttavia, i numeri sono fuorvianti: ogni prompt è considerato una “ricerca”, anche quando non lo è nel senso tradizionale.
  • Modelli come ChatGPT replicano il 48% dei migliori risultati di Google, ma potrebbero sviluppare criteri di ranking differenti.
  • Google mantiene una quota dominante dell’83,54% nel mercato delle ricerche. Tuttavia, la condanna per monopolio del DOJ e le richieste di cedere Chrome e Android minacciano il gigante di Mountain View.
ChatGPT sta rapidamente crescendo nel settore delle ricerche, ma i dati suggeriscono che il confronto con Google è più complesso di quanto sembri. Per imprenditori e marketer, adattarsi ai nuovi strumenti come SearchGPT è essenziale per restare competitivi oggi più che mai.

Sta facendo molto scalpore la previsione di Marcus Tober di Semrush secondo cui ChatGPT nel 2027 eguaglierà Google.

Molti stanno già preparando il funerale per Big G, immaginando ChatGPT come il nuovo re delle ricerche online.

Ma fai attenzione, non cadere anche tu nella trappola dell’approssimazione: aspetterei a recitare l’eterno riposo per il colosso di Mountain View.

È vero, la crescita della creatura di Sam Altman – 13% di traffico in più ogni mese – è sicuramente eccezionale, ma i dati vanno saputi interpretare.

Perché, devo dirtelo, definire cosa sia una “ricerca” non è così semplice.

Ogni richiesta a un modello generativo come ChatGPT è davvero paragonabile a una ricerca su Google?

E i dati frammentati tra desktop, mobile e piattaforme escluse dalle analisi quanto sono affidabili?

La realtà, come sempre, è più complessa di un semplice grafico di crescita, e i numeri meritano di essere letti con attenzione. È quello che cercherò di fare in questo articolo, tentando di capire cosa tutto ciò significhi per il tuo business.

ChatGPT: piccolo e in crescita (ma i numeri potrebbero ingannarti)

Secondo Rand Fishkin, fondatore di SparkToro e noto esperto di marketing, ChatGPT oggi detiene una quota di mercato del 4,33% nel settore delle ricerche.

Per dare un’idea della distanza, Google è all’83,54%, seguito da YouTube (6,79%) e Bing (1,97%). Tutti gli altri, da Facebook a Reddit, messi insieme, raggiungono il 3,37%. Sembra un abisso, ma il punto non è dove siamo oggi, bensì dove potremmo essere tra qualche anno.

Fishkin su LinkedIn 20 novembre 2024
grafico spark toro ottobre 2024 su chatgpt

Marcus Tober di Semrush, il 20 novembre 2024, parlando al BrightonSEO, nota conferenza internazionale di search marketing, ha mostrato un dato interessante: ChatGPT sta crescendo del 13% ogni mese. Con questo ritmo, potrebbe raggiungere Google entro quattro anni. Suona impressionante, vero? Ma prima di farti saltare sulla sedia, ricorda che questa proiezione si basa su ipotesi che non tutti condividono.

Tober su linkedin 20 novembre 2024
tober al brighton SEO presenta una diapositiva sul successo Chatgpt novembre 2024, fonte seroundtable

Qui bisogna fare un passo indietro.

Cosa consideriamo una “ricerca”? Per ChatGPT, ogni prompt inviato è contato come una ricerca, anche se magari l’utente sta solo chiedendo una barzelletta o una ricetta di cucina.

Inoltre, i dati di traffico analizzati da SimilarWeb e Datos escludono l’attività in-app, che è invece rilevante per gli LLM (modelli di linguaggio di grandi dimensioni) come ChatGPT.

Insomma, stiamo confrontando mele con arance. E come se non bastasse, le API di ChatGPT, ampiamente utilizzate dalle aziende, non sono conteggiate in queste stime.

Detto questo, non possiamo ignorare che ChatGPT abbia già fatto breccia nel mercato.

Dal suo lancio, ha attratto milioni di utenti curiosi e professionisti che cercano alternative al solito Google. Pensa che a ottobre 2024 ha totalizzato 3,7 miliardi di visite!

chatgpt fonte similarweb marzo 2024
Similarweb

Ma c’è un punto cruciale da considerare: ChatGPT (così come il suo SearchGPT) non è un motore di ricerca nel senso tradizionale del termine. È uno strumento conversazionale che risponde a domande. Questo cambia tutto.

SEO e LLMO (Large Language Model Optimization): una convivenza possibile?

Come sai bene, dal 31 ottobre anche in Italia è disponibile SearchGPT, il motore di risposta di OpenAI, integrato in ChatGPT.

E sai qual è il suo ostacolo principale? La mancanza di una perfetta integrazione con l’ecosistema digitale. Google, invece, vive nei nostri telefoni, nei nostri browser e persino nelle nostre auto. È così profondamente radicato che molti di noi non si accorgono nemmeno di usarlo. Tuttavia, OpenAI sta facendo passi avanti per colmare il gap.

Se gestisci un sito web, la domanda che ti stai facendo è probabilmente questa:

Devo preoccuparmi di SearchGPT? La risposta breve è: non ancora. Quella lunga è più interessante.

Seguimi: uno studio di Semrush ha confrontato i risultati delle ricerche su Google, Bing e ChatGPT, rivelando alcune sorprese.

ChatGPT, nella sua versione ottimizzata con Retrieval-Augmented Generation (RAG), ha una sovrapposizione del 69% con i risultati di Bing e del 48% con quelli di Google.

Ciò significa che, se il tuo sito è ottimizzato per Google, ha già buone possibilità di apparire nei risultati di ChatGPT. Per Perplexity, un altro LLM, il 72% dei migliori risultati di Google sono replicati, suggerendo una connessione ancora più forte.

In pratica, se hai lavorato bene sulla SEO, non devi rifare tutto da capo. Ma preparati a un cambiamento. Con il tempo, gli LLM potrebbero sviluppare criteri di ranking completamente diversi, costringendoti a ripensare la tua strategia.

similarweb ottobre 2024 grafico chatgpt target
Similarweb

ChatGPT arriva su Windows: la rivoluzione silenziosa dell’esperienza desktop

Ti do un’altra notizia, che forse non sai ancora: ChatGPT ora è disponibile come app desktop per Windows 10 e 11. Non è più solo un chatbot a cui accedere dal browser: è un assistente virtuale integrato direttamente nel sistema operativo, pronto a entrare nel cuore delle tue attività con un click.

Fino a ieri, solo gli abbonati ai piani Plus, Team, Enterprise ed Edu potevano accedere a queste funzionalità avanzate. Oggi, invece, basta un profilo base e un salto sul Microsoft Store per scaricarlo gratuitamente. Nessuna finestra di browser da cercare, nessun sito da caricare: ChatGPT diventa parte del tuo desktop, sempre lì, pronto a rispondere in tempo reale.

E non si tratta solo di comodità. Con la nuova modalità vocale, ChatGPT alza l’asticella dell’interazione: puoi parlare direttamente al modello, senza toccare la tastiera. Ti basta selezionare una voce, attivare il microfono e iniziare a dialogare. Risposte immediate, fluide e naturali, come se avessi un collaboratore esperto accanto.

Ma c’è di più: l’applicazione è stata progettata per chi ha bisogno di velocità e praticità. Premendo una semplice combinazione di tasti, “ALT + Barra spaziatrice”, puoi aprire la finestra del bot senza distogliere lo sguardo dal lavoro. Un dettaglio che fa la differenza, specialmente per chi si destreggia tra mille attività.

E non finisce qui. Con il supporto per l’invio di immagini scattate con la webcam, puoi rendere le tue richieste ancora più specifiche e ottenere risposte perfettamente contestualizzate. Non è esagerato dire che ChatGPT non è più solo un assistente generico: è il collega virtuale che non sapevi di desiderare, sempre pronto a collaborare.

Ma attenzione, questa non è solo una mossa tecnologica. È una strategia precisa da parte di OpenAI per rendere ChatGPT indispensabile a professionisti e aziende e presentarsi come principale competitor di Big G.

Eppure, sorge una domanda fondamentale: quanto possiamo fidarci di ChatGPT per gestire processi critici, come analisi di dati sensibili o la scrittura di codice?

E soprattutto: che succede sul versante “diritto d’autore”?

La proprietà intellettuale nell’era dell’IA: un confine sempre più sfumato

Chi possiede davvero un’opera generata da un’intelligenza artificiale?

Questa domanda, apparentemente semplice, sta scuotendo le fondamenta del diritto d’autore e della proprietà intellettuale, temi centrali in una società basata sulla conoscenza, come emerge bene in questo approfondimento de Il Sole 24 Ore.

Con l’avvento di sistemi generativi come ChatGPT, creare articoli, romanzi, immagini o canzoni non richiede più solo talento umano, ma anche algoritmi sofisticati e dataset immensi. Qui nasce il dilemma: chi è il vero autore di queste opere? E, soprattutto, come possiamo proteggerle e regolamentarle?

Un caso recente, deciso da un tribunale distrettuale di New York, ha portato il problema sotto i riflettori. Alcune testate giornalistiche, tra cui Raw Story Media e Alternet Media, hanno citato in giudizio OpenAI, sostenendo che i loro articoli, protetti da diritto d’autore, fossero stati utilizzati per addestrare ChatGPT, in chiara violazione del Digital Millennium Copyright Act (DMCA).

Gli editori non hanno lasciato spazio a interpretazioni: hanno chiesto risarcimenti di almeno 2.500 dollari per ogni violazione, accusando OpenAI di aver utilizzato i loro contenuti protetti senza autorizzazione.

La risposta di OpenAI è stata altrettanto decisa: i querelanti, secondo l’azienda, non hanno fornito prove concrete che dimostrassero un uso diretto dei loro articoli né che questo avesse arrecato loro un danno tangibile.

Bene, devi sapere che il giudice Colleen McMahon, il 7 novembre 2024, ha accolto questa argomentazione, respingendo il caso per insufficienza di prove. Il verdetto, però, lascia spazio a dubbi: McMahon ha riconosciuto che i documenti erano stati utilizzati nell’addestramento, ma ha giudicato improbabile che il modello potesse riprodurre fedelmente i contenuti originali, data la mole enorme di dati processati.

Questa decisione mi pare chiarisca due punti fondamentali.

Primo: le opere create da intelligenze artificiali devono rispettare le regole del diritto d’autore come quelle umane, il che pone una significativa responsabilità sui fornitori di servizi IA.

Secondo: il rischio che i modelli generativi plagino direttamente opere umane è stato considerato basso, anche se questa conclusione – mi sembra comprensibile – non basta a rassicurare autori ed editori.

Come puoi facilmente intuire, la sentenza ha sollevato reazioni contrastanti.

James Grimmelmann, professore di diritto digitale alla Cornell University, l’ha definita potenzialmente rivoluzionaria visto che potrebbe limitare la possibilità per i tribunali di gestire cause di copyright contro i Learn Language Model.

D’altro canto, Ann G. Fort, avvocato esperto di proprietà intellettuale, ha sottolineato che gli editori dovranno presentare prove più concrete, come esempi specifici di risposte di ChatGPT che violino i diritti d’autore. Ma non è detto che le cose vadano sempre a finire come in questo caso…

OpenAI, invece ha ribadito che i suoi modelli sono addestrati con dati pubblicamente accessibili, nel rispetto del cosiddetto fair use, come puoi leggere qui.

In ogni caso, non pensare che questo verdetto abbia posto la parola fine sulla questione.

Se i querelanti riusciranno a fornire prove più solide, potrebbero tornare in tribunale. Per ora, la decisione segna un punto a favore di OpenAI, ma la battaglia legale è tutt’altro che conclusa.

È plausibile, secondo me, che i governi debbano intervenire con nuove normative per gestire la convivenza tra creatività umana e artificiale. La posta in gioco non è solo la protezione delle opere, ma il futuro stesso del processo creativo.

La sfida sarà distinguere tra ciò che è umano e ciò che è artificiale, soprattutto nelle opere ibride, create in collaborazione tra esseri umani e IA. Questo scenario, sempre più frequente, richiederà un approccio legale e culturale che guardi al futuro senza frenare però l’innovazione tecnologica.

fonte statista chatgpt settembre 2024
Statista
fonte statista chatgpt maggio-settembre 2024
Statista

La nuova SEO non può più prescindere dalla LLMO: fatti trovare già pronto

ChatGPT è il futuro delle ricerche o solo una moda passeggera?

Una cosa è certa: le IA stanno cambiando la ricerca e per chi fa impresa questa è una vera chiamata alle armi. Sei pronto a evolverti con il mercato, o resterai aggrappato al vecchio caro Google, sperando che tutto resti immutato?

Non dimentichiamo che Google non è uno spettatore passivo. Con il suo immenso patrimonio di dati e risorse finanziarie, ha la capacità di innovare e adattarsi più velocemente di chiunque altro. La vera domanda, quindi, non è se ChatGPT riuscirà a raggiungere Google, ma se ci riuscirà prima che il colosso di Mountain View riscriva le regole del gioco.

Per chi lavora nel digitale, queste dinamiche non sono solo un gioco di numeri astratti, ma stanno cambiando il modo in cui il traffico raggiunge i siti web, e questo si traduce in un impatto diretto su visibilità, lead e ricavi.

Se ChatGPT e gli altri modelli linguistici generativi continueranno a crescere, potremmo entrare in un’era dove le ricerche non saranno più monopolizzate da una sola piattaforma, ma distribuite tra strumenti diversi. Un panorama che promette nuove opportunità, ma che potrebbe rendere più complesse le strategie di marketing.

E Google, già sotto pressione, non può permettersi passi falsi.

Dopo la condanna per monopolio del 5 agosto 2024 e le richieste del DOJ che puntano alla cessione di Chrome e Android, il gigante di Mountain View si trova a dover gestire una delle sue crisi più profonde.

E, stando alle ultime novità pubblicate su Bloomberg, per Big G non sembra proprio tirare un’aria favorevole…

Devo essere sincero: mai come ora il mercato delle ricerche è apparso così vulnerabile e destabilizzato.

Il consiglio? È tempo di familiarizzare con questi nuovi strumenti e capire come integrarli nella tua strategia digitale. Io, nel mio lavoro quotidiano come consulente SEO, lo sto facendo da un bel pezzo, e posso dirti che ignorare il cambiamento sarebbe un errore. Non sappiamo se SearchGPT diventerà davvero il nuovo Google, ma non puoi permetterti di restare fermo mentre il mercato si trasforma.

Oggi, la SEO non può prescindere dall’ottimizzazione per gli LLM. Il successo del tuo sito – la sua visibilità online e il suo posizionamento – dipenderà sempre più dalla capacità di adattarti e da come userai le IA nella tua impresa.

Se vuoi farti trovare preparato, contattami qui.


ChatGPT davvero eguaglierà Google tra quattro anni? Domande & Risposte

ChatGPT raggiungerà Google entro il 2027?

Secondo Marcus Tober di Semrush, ChatGPT potrebbe raggiungere Google entro il 2027 grazie a una crescita mensile del 13%. Tuttavia, il confronto tra i due non è del tutto equo, poiché ogni richiesta a ChatGPT è considerata una ricerca, indipendentemente dal tipo di contenuto richiesto.

Cosa distingue ChatGPT dai motori di ricerca tradizionali?

ChatGPT non è un motore di ricerca tradizionale, ma uno strumento conversazionale che risponde a domande. Questo approccio modifica il modo in cui le informazioni sono fornite rispetto ai classici elenchi di link di Google.

Quali sono le implicazioni per la SEO con la crescita degli LLM?

Con la crescita di ChatGPT e altri modelli generativi, la SEO tradizionale deve adattarsi a nuovi criteri di ranking. Ottimizzare per Large Language Models (LLM) come ChatGPT potrebbe diventare cruciale per la visibilità online.

Roberto Serra

Mi chiamo Roberto Serra e sono un digital marketer con una forte passione per la SEO: Mi occupo di posizionamento sui motori di ricerca, strategia digitale e creazione di contenuti.

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