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ChatGPT sta usando il web in modo più approfondito di quanto si pensi, con ricerche più lunghe e mirate, aprendo nuove sfide per la visibilità online e il futuro della ricerca.
Come riporta lo studio di Nective, ChatGPT di OpenAI accede al web nel 31% delle domande, con query lunghe e precise, spesso a intento commerciale, sfidando Google. Con 700-800 milioni di utenti settimanali e un traffico che lo rende il quinto sito più visitato al mondo, l'AI sta ridefinendo il futuro della ricerca online, con un fatturato in forte crescita.
Come ChatGPT sta davvero usando il web (e perché non è come te lo aspetti)
Dimentica le ricerche striminzite da due o tre parole che facciamo tutti di fretta su Google. ChatGPT è molto più articolato. Le sue query sono lunghe in media 5,48 parole, circa il 60% in più rispetto a una ricerca umana standard. In pratica, quando cerca, non chiede “ristoranti Roma”, ma qualcosa di molto più simile a “trova i migliori ristoranti di cucina romana a Trastevere con recensioni positive”.
Capisci la differenza?
Questo comportamento non è casuale. Indica un’intenzione molto più precisa, spesso commerciale. Lo studio, infatti, mostra che le ricerche con un intento locale, cioè legate a un luogo specifico, schizzano al 59%, come riporta lo studio di Nective. Tradotto: quando gli utenti chiedono informazioni su attività o servizi vicini, ChatGPT va quasi sempre a controllare sul web. Questo significa che le informazioni che fornisce non sono solo frutto del suo addestramento passato, ma sono fresche, attuali e pescate in tempo reale da fonti esterne.
E questo ci porta dritti al cuore del problema.
Perché se da un lato questa è una dimostrazione di potenza, dall’altro apre una domanda enorme: cosa significa tutto questo per chi, come te, vive di visibilità online? E come sta reagendo il gigante Google di fronte a questo nuovo sfidante che, zitto zitto, si sta costruendo un suo modo di esplorare il web?
La vera partita: OpenAI contro Google e il futuro della ricerca
Diciamocelo chiaramente: questa mossa di OpenAI non è un semplice aggiornamento tecnico, è una dichiarazione di guerra a Google.
Certo, al momento i numeri sembrano ancora dare ragione a Big G, che detiene oltre il 90% del mercato della ricerca. Ma attenzione a dare la partita per chiusa. Mentre Google vede aumentare le sue ricerche, ChatGPT ha messo in piedi una macchina da guerra che sta crescendo a una velocità spaventosa.
La verità è che OpenAI non sta giocando per partecipare, sta giocando per vincere.
Abituando milioni di utenti a ricevere risposte dirette, complesse e contestualizzate senza mai lasciare la sua chat, sta di fatto erodendo le fondamenta su cui Google ha costruito il suo impero per vent’anni: il click.
Stiamo parlando di un cambiamento radicale nel modo in cui le persone accedono alle informazioni.
E anche se per ora sembra una minaccia lontana, alcuni analisti prevedono che il traffico proveniente dalle intelligenze artificiali potrebbe superare quello della ricerca organica tradizionale entro il 2028.
Ma per capire la reale portata di questa sfida, dobbiamo guardare ai numeri.
E, lasciamelo dire, sono cifre che raccontano una storia ben precisa.
I numeri dietro il fenomeno: una crescita che fa riflettere
Partiamo da un dato: a ottobre 2025, ChatGPT conta tra i 700 e gli 800 milioni di utenti attivi ogni settimana. Per darti un’idea, a fine 2022, appena dopo il lancio, erano “solo” un milione.
Questa non è crescita, è un’esplosione.
Questi utenti generano ogni giorno circa 2,5 miliardi di prompt a livello globale, come descritto da Master of Code.
Questo fiume di persone ha trasformato il sito di ChatGPT nel quinto più visitato al mondo, con un traffico mensile che ha raggiunto i 4,61 miliardi di visite.
E non si tratta di visite mordi e fuggi: la durata media di una sessione è di oltre 13 minuti, un tempo di permanenza che molti siti possono solo sognare.
Dietro a questi numeri c’è un modello di business che funziona. Con un fatturato che ha toccato i 200 milioni di dollari nel 2023, e una proiezione che punta a 4 miliardi entro la fine del 2025, OpenAI ha dimostrato di non essere solo un esperimento tecnologico, ma una potenza economica.
La domanda che resta aperta, quindi, non è più se questo cambierà le regole del gioco, ma a quale velocità e, soprattutto, a vantaggio di chi.
Una partita tutta da giocare, dove stare a guardare non è un’opzione.
Certo che l’AI cerca informazioni sul web, altrimenti sarebbe limitata. Per noi studenti, però, questa cosa è un po’ un dilemma: aiuta o rende tutto più pigro?
Solita storia: l’AI ci fa la guerra, o almeno ci ruba il lavoro. Googla di qua, googla di là, alla fine saremo tutti disoccupati a chiedere all’AI cosa fare. Mica era questo il progresso, no?
Questa capacità di ricerca così capillare di ChatGPT mi preoccupa parecchio. Se le macchine iniziano a capire il web meglio di noi, dove andiamo a finire?
Ma davvero pensavate che un’AI simile si limitasse a un database statico? Logico che debba consultare il web per dare risposte decenti. Google, preparati a sudare freddo.
Un’IA che naviga così a fondo sul web… mi lascia perplessa. Non è che ora ci spia pure mentre facciamo acquisti online?
Certo che ChatGPT cerca sul web, mica può inventarsi tutto. Ma poi, chi si fida di un’AI per farsi le ricerche? Io ancora preferisco cercare da solo.
Beh, non che ci sia molto altro da fare per noi studenti, no? Se l’AI fa tutto, tanto vale lasciar fare. Tanto, alla fine, l’esame ce lo facciamo sempre noi.
Quindi ora l’AI ci fa pure le ricerche lunghe e mirate, praticamente ci delega pure lo sforzo di pensare a cosa chiedere. Roba da matti.
Ma davvero pensavate che un’AI simile si limitasse a un database statico? Logico che debba consultare fonti fresche. Vedremo se il suo “pensiero” sarà davvero autonomo.
Ma figurati. Che ChatGPT vada a cercare sul web è il minimo che potesse fare. Il fatto che faccia domande più lunghe di noi dice tutto sulla nostra pigrizia mentale. Vedremo se questa roba ci renderà davvero più intelligenti o solo più incapaci.
Carlo, capisco l’esasperazione, ma “pigrizia mentale” mi pare un’accusa un po’ forte. La vera questione è se queste ricerche mirate di ChatGPT migliorino la qualità delle risposte o se ci spingano a delegare troppo il pensiero. Non vorrei ritrovarmici a non saper più fare una ricerca basilare.
Questa evoluzione del web è notevole, apre nuove prospettive per le informazioni a portata di mano.
Sì, certo che ChatGPT cerca sul web! La vera sfida non è se lo fa, ma come. Se le sue ricerche sono così precise, mi chiedo se non stia già bypassando i nostri filtri mentali nella comprensione delle informazioni.
Ma che bella scusa per farci cercare cose per conto suo. Speriamo che almeno non ci propini pubblicità mirata sui nostri pensieri più reconditi.
Ma che me ne frega se ChatGPT cerca sul web? L’importante è che non inizi a dirci cosa pensare, altrimenti siamo fritti.
Ma che novità. L’AI che cerca sul web, certo. Google non sapeva più che fare. Mi chiedo se si accorgeranno poi che si perde il contatto umano.
L’accesso autonomo al web da parte di un’intelligenza artificiale apre scenari entrambi affascinanti e preoccupanti. Ci porterà a una maggiore efficienza o a una nuova forma di isolamento?
Oddio, questa cosa mi spaventa un po’. Se l’AI cerca in modo così preciso, cosa succederà alla nostra capacità di trovare le cose da soli?