La SEO programmatica e l’IA: il crollo e la rinascita di Tailride dopo la mannaia di Google

Anita Innocenti

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Dalla SEO programmatica all’E-E-A-T: come un’azienda ha trasformato il fallimento in un’opportunità, riscoprendo il valore della qualità e dell’autenticità dopo la “manica” di Google

Un'azienda ha generato 50.000 pagine IA per la SEO programmatica, ma è stata de-indicizzata da Google per bassa qualità. Questa mossa, dovuta al March 2024 Core Update, ha forzato una rinascita. La società, ora Tailride, ha abbandonato la produzione di massa, concentrandosi su E-E-A-T e contenuti di valore reale. La lezione: qualità e fiducia superano la quantità.

La mannaia di Google: pulizia o mossa strategica?

Ma perché Google ha deciso di colpire così duramente?

La versione ufficiale punta tutto sul March 2025 Core Update, l’aggiornamento con cui il colosso di Mountain View ha dichiarato guerra aperta ai contenuti di bassa qualità e allo spam generato dall’IA. In pratica, il messaggio è stato: “avete esagerato, questo non è contenuto utile, è solo rumore”.

Una posizione che, sulla carta, punta a proteggere l’utente finale da risultati inutili.

Eppure, la domanda sorge spontanea: è solo una questione di “pulizia” o c’è dell’altro?

In un momento in cui le IA generative minacciano il modello di business basato sulla ricerca, questa stretta non potrebbe essere anche una mossa per ribadire chi comanda e per scoraggiare chiunque provi a “industrializzare” la creazione di contenuti a un ritmo che nemmeno Google stesso riesce a gestire?

Diciamocelo, quando un’azienda può creare 50.000 pagine quasi a costo zero, l’intero equilibrio salta.

Il punto non è demonizzare la tecnologia, ma capire il gioco.

E la mossa di Google, come descritto da Search Engine Journal, è stata un segnale inequivocabile: la quantità, da sola, non basta più.

Anzi, è diventata un campanello d’allarme.

La rinascita: meno pagine, più anima

Eppure, questa storia non finisce con una sconfitta. Anzi, è proprio qui che inizia la parte più interessante.

Messo con le spalle al muro, il team ha fatto l’unica cosa sensata: ha premuto il tasto reset.

Hanno abbandonato il vecchio brand per rinascere come Tailride, come racconta il fondatore, ma non è stato solo un cambio di nome. È stato un cambio di filosofia. Via le migliaia di pagine clonate e senz’anima, dentro un approccio focalizzato su ciò che Google (e, soprattutto, le persone) vuole davvero: E-E-A-T (Esperienza, Competenza, Autorevolezza, Affidabilità).

Hanno smesso di pensare a come scalare all’infinito e hanno iniziato a chiedersi:

Cosa serve davvero ai nostri utenti?

Come possiamo creare valore reale?

Hanno ridotto drasticamente il numero di pagine, concentrandosi solo su quelle che potevano davvero fare la differenza, curandole con un’attenzione quasi artigianale. Hanno dimostrato che non stavano cercando scorciatoie, ma che volevano costruire qualcosa di solido.

E la cosa incredibile?

Ha funzionato.

Lentamente, Google ha ricominciato a dare loro fiducia, riportando il sito tra i risultati di ricerca.

La lezione che nessuno ti dice

E allora, cosa ci insegna davvero questa vicenda?

Che la SEO programmatica è morta?

No, sarebbe una lettura troppo semplicistica.

La vera lezione è un’altra, ed è molto più profonda. Ci dice che ogni volta che proviamo a trasformare il marketing in una catena di montaggio, perdiamo di vista il punto centrale: le persone. L’automazione e l’IA sono strumenti potentissimi, ma se usati per produrre “inquinamento digitale” invece che valore, prima o poi presentano il conto.

Questa storia dimostra che, anche nel 2024, la strategia più resistente non è quella basata sull’ultimo hack tecnologico, ma quella fondata sulla fiducia e sulla qualità. La vera sfida non è produrre più degli altri, ma essere più utili degli altri. E per fare questo, non c’è intelligenza artificiale che possa sostituire, almeno per ora, l’intelligenza umana e l’empatia.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

9 commenti su “La SEO programmatica e l’IA: il crollo e la rinascita di Tailride dopo la mannaia di Google”

  1. Veronica Valentini

    La qualità batte la quantità, sempre. Google ha solo ripulito il giardino, lasciando spazio a chi punta sul valore autentico. La vera crescita nasce da contenuti che nutrono, non che ingrassano lo spam. Ben venga questa rinascita.

    1. Greta Silvestri

      La SEO programmatica, una bomba a orologeria. Google ha fatto pulizia. Ora si punta su E-E-A-T, giusto. Qualità batte quantità. Punto.

      1. Veronica Valentini

        La verità è che l’intelligenza artificiale è un bulldozer: se non ci metti la cura, ti spiana tutto. Ora si pensa a cose serie, questo sì che è futuro.

  2. Federica Testa

    50.000 pagine IA? 😂 Google ha solo detto “basta, siamo in troppi”. Ora si torna ai contenuti veri. Chi l’avrebbe mai detto? 🤷‍♀️

    1. La corsa alle pagine IA? Un castello di carte. Google ha solo alzato il vento. La vera magia ora è il tocco umano.

        1. La ricerca spasmodica del volume a scapito della sostanza, un classico. Ora si riscopre l’ovvio: il cliente cerca qualcosa di utile, non un’eco digitale.

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